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occupata dal gigantesco edifizio della Signoria. Quivi un siniscalco e tre o quattro donzelli vestiti di ricche di vise si aggiravano a fare un'eletta de' più pellegrini fiori che si avesse la piazza: indi empiutone di molti panieri li ebbero portati ad un nobile palagio che era posto quasi nel centro di Firenze.

Là dentro stava una gentil fanciulla composta a quella soave malinconia che affascina anche il cuore de' più schivi; il volto avea sfiorato come di persona da

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cui il benefizio del sonno sia stato indarno invocato per tutta una notte qual notte era stata quella per lei!

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Molte fanciulle avrebbero anch'esse invocato l'al. leviamento del sonno, ma per giungere più rapide pellegrine dalla carne e dalla mente all' ora sospirata a quell' ora in cui uscirebbero di sotto alla noiosa soggezione, alla seccatura della madre, al burbero cipiglio del padre, e perchè finalmente potessero dirsi pa

drone di sè e beate nell' amore del compagno: ma i fiammanti desiderii avrebbono rotto il sonno, appunto come la fiamma coperta e compressa da gran mole di cenere erompe e vibra torbidissime lingue e di luce rossastra tinge la buia stanza. Allora in quella insonnia, punto non curando la notturna brezza, fattesi le cento volte al balcone della banda orientale, si sarebbero forte crucciate che lento fosse il nascere del giorno: che pigra l'aurora, invida quasi di lor ventura, sdegnasse rivestire del dolce suo lume il colle ed il piano. Ma ecco poi l'alba, la rubiconda e la rancia aurora; poi Febo co' folgoranti suoi raggi: ecco il cuor loro guizzare in un'onda di gioia non a tutte però neanche di quelle dal cuore più perdutamente innamorato d'Imene. Povero cuore umano! eppure sì, anche molte di esse avrebbero d'un tratto sentito cangiarsi il desiderio nel più amaro scoramento, e confuse, sbaldanzite avrebber provato una pena come se una palla di piombo gravitasse loro per entro al torace.

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Che lacrime, che sospiri saranno stati quelli della candida e virtuosa Nèlla? — Erano i sospiri e le lacrime della fanciulla che tesoreggia la bellissima delle virtù; quella virtù che agli angioli i plasmati di creta rende uguali - o quasi superiori perchè gli angioli non hanno la miseranda infermità della creta: virtù cui le lingue degli uomini non valgono a celebrare e nè gl'intelletti a comprendere; che le nubi trasvolando e l'etere e gli angeli e le stelle appresentossi un dì al Verbo di Dio, e in seno lo accolse! La donzella, come colei che in ciò

volentieri acquista

E giunge tempo che perder la face,

piange e sospira genuflessa ad un pietoso crocifisso; le mani ha giunte sul petto, la testa divotamente inchinata: ella prega.

Bella è la vergine quando ristretta in suo pudore intende ai femminili esercizii, ovvero quando per suo diporto passeggia la città o la villa, e tanto è bella che le sacre carte ne difendono il mirarla; più bella però. inenarrabilmente bella la vergine che prega! Sparisce allora lo spazio che il cielo separa dalla terra, e nɔi assistiamo alla preghiera che i cherubini diffondono intorno al trono d'Iddio.

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Poscia levò in alto gli occhi e fissatili nella sacra immagine proruppe dal cuore in queste voci: Fate di me, Signore, quel che v'aggrada; voi ben sapete quel che fa per me. Tale voi vi prendete cura dell'anima mia, che nes suna maggiore potrei tormene io stessa. Se tenermi vi piaccia nelle tenebre, e voi siate benedetto; se mi volete nella luce pur siate benedetto; siate benedetto se degnerete consolarmi nel novello tenore di vita, e siate altresì benedetto se mi ci vorrete tribolata. Sol che voi non mi rigettiate in eterno, nè mi cancelliate dal libro della vita, tribo

lazione non fie al mondo che trista mi faccia. Signore! io metto il cuore e l'anima nelle vostre mani.

Diè un bacio all'immagine, e avviossi col viso più lieto che potette in altra stanza, dove in bella mostra erano disposti i nuziali arredi. Da una parte della sala intagliati a mezzo rilievo erano i banchi di noce con entrovi le biancherie. Due modeste matrone colà attendevano la fanciulla per vestirla.

Cospicua di nobiltà e di avere era la prosapia di Nèlla; essa era figlia unica, erede perciò di tutta la paterna sostanza. Ma le robe e gli abbigliamenti ch'eranle preparati, sebbene vi si ammirassero belle ghirlande d'oro e d'argento, e trecciere di perle, e berrette di velo alessandrino rabescate di fil d'argento, e altri adornamenti della testa; inoltre cinture con vaghi fibbiali di pietre preziose legate in oro, e vestiti di drappi ricamati in seta con fregi di bottoni d' argento dorato; sebbene, vi avesse belle giornee di dommaschino, e giubbe di zendado, e sandalini di velluto e di seta di cento colori, e cotte gamurre e- chi le sa tutte le foggie d'allora? quel corredo, dico, sarebbe oggi da qualche moderna signora guardato col ghigno dello sprezzo, e si griderebbe alla mancanza di buon gusto, alla meschinità. Eppure alle gentildonne d'allora, massime a quelle più anziane, le cui madri erano state educate alla severa virtù dei tempi di Bellincion Berti, pareva anche troppo sfoggiato e sospiravano la prisca modestia e sobrietà che di giorno in giorno piegava a corruzione. Ed invero i costumi per ogni lato andarono dipoi stemprandosi rapidamente, intantochè, soli quarant' anni appresso, fu d' uopo che si facessero ordini per infrenare molte disorbitanze di questo genere, e sovrattutto il lusso degli ornamenti, nei quali tanto erano trascorse le donne fiorentine.

Quando l'acconciamento della sposa fu vicino al suo termine s'inviò uno dei donzelli in porta S. Pietro a casa i Donati: un altro donzello si mosse ad un tempo e recò l'avviso al priore di S. Piero Scheraggio.

Una parola su questa chiesa, che a quei tempi fu insigne per bellezza e vastità di mole. Essa correva da cima a fondo in tre navate, le colonne erano di maci gno durissimo, e le pareti esterne come le interne edificate di pietre quadre e ben pulite. Strette e lunghe aveva le finestre; in mezzo alla nave maestra spiccavasi in alto l'ambone di marmo ivi trasportato da Fiesole colle altre spoglie di conquista: nel centro poi del abside sorgeva un maestoso altare, e non vi avea che quello nel tempio, secondo il costume delle chiese primitive. San Piero Scheraggio era inoltre riguardevole per or dine di dignità poichè fu capo d'un sestiere, e quando gli si fabbricò di costa, da settentrione, il palazzo dei priori divenne parrocchia della Signoria. Quel pergamo fu onorato dai più insigni oratori sacri del periodo repubblicano, fra'quali a cagione d'onore citeremo solo il santo arcivescovo Antonino che vi arringò di frequente. Anco vi salirono spertissimi dicitori cittadini, chè talvolta nei più solenni momenti della patria i magistrati si prendevano quella basilica per curia di gravi consigli e deliberazioni.

Il valletto entrò dal priore e significogli che tosto la cavalcata nuziale sarebbe venuta colà. Allora quegli diede con sollecitudine i consueti recapiti ai sagrestani, i quali si posero a compiere l'apparato dell'altare e del genuflessorio che doveva accogliere la nobile coppia. I più bei candelieri d'oricalco e d'argento che fossero negli armari, erano stati disposti sull'altare con sopravi enormi ceri; la mensa aveva finissime tovagliuole di tela orlate di graziosi merletti e di trine di gran prezzo; il davan. zale era parato con paliotto di sciamito color sangue, e fermato in una cornice di lamina d'argento che per l'arte d'allora poteva dirsi ben cesellata: in mezzo ad esso paliotto spiccava l'insegna del principe degli Apostoli, l'una chiave era d'oro, l'altra d'argento. Copriva poi il genuflessorio, un ricchissimo ed ampio zendado verde

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