Dante fosse vissuto ai nostri giorni, non avrebbe forse scritto quel paragrafo. Si potrebbe anche additare in Dante uno dei primi apostoli della pace, al cui mantenimento doveva vegliare il suo Monarca, alieno, per l'universalità e l'unità della sua giurisdizione, da ogni cupidigia e rivalità; e in tale sua Monarchia o Magistratura suprema, savia moderatrice delle Nazioni, vediamo la sola forma che potesse allora assumere l'idea di un arbitrato internazionale per la pace. Ma alla gloria di Dante, anche come filosofo civile, basta già a esuberanza l'avere si nettamente e con tanta energia tracciata la separazione dello spirituale e del temporale. Concetto, questo, che sta a fondamento e a giustificazione della nobile e temperatissima Rivoluzione italiana, e contribui si efficacemente a rendere inevitabile la restituzione di Roma alla legittima autorità nazionale e la distruzione intera ed irrevocabile del potere teocratico. Per il che è giusto di conchiudere, che come Dante fu il verace Profeta del nostro Risorgimento, a Lui spetta anche la gloria di averci preparata una difesa, religiosa insieme e filosofica, del diritto che formerà la grandezza della terza Roma: quella della libertà di pensiero. FINE R |
