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un fendente e un manrovoscio all'altro e un puntone alla gola d'un terzo. Poi traeva una massiccia ronfea, opera egre. gia dell'arte, e con disciplina cavalleresca piacevasi rotearla, e menar colpi. Sembrava il divino Achille quando, posta giù la funesta ira, riceve dalla madre le belle armi, in. clito lavoro del barcollante iddio: come il Pelìde godeva Rossellino trattarle, vagheggiarle, e come a lui quella vista gli addolciava il disperato dolore.

Manetto frattanto, un servo, tutto in festa si presentò a lui e gli dava contezza come già il padre gli avesse compro da messer Gianni degli Agolanti il nobile de striero bianco onde cotanta ressa aveagli fatto. Sperava il fante si allietasse a tal novella l'aspetto del giovine suo signore erano tanti giorni che lo vedeva sì brusco e ingrugnato! Prima era una gioia, andava questi dicendo con i compagni; dolce a comandare e con sempre il sorriso ne' labbri; ora dà gli ordini nella maniera più recisa e burbera: guai se tardi un batter di ciglio ad eseguire le comandamenta! Prima pieno di cortesia e indul. genza con tutti; ora duro, inesorabile: quello che dianzi gli era in grado or lo ha a schifo; le cose che dispettava e fuggiva ora avidamente cerca. Vi ha un mistero! vi ha da essere un mistero! E qui il fedele servitore distillavasi il cervello per indagare il mistero, ma n'era lontano le mille miglia.

Il mal giorno e il mal anno colga te e il cavallo bianco che mi vai cianciando, non vo' cavalli bianchi : fu questa la risposta e la consolazione che a Manetto diede Rossellino, e aggiungeva : anzi dirai tostamente al padre mio che son pago di quel sauro cupo che tegnamo nelle nostre stalle: codesto leardo ho scoperto aver de'vizii; bello sì di forme, ma di rea indole, e poi non vo'nulla di bianco. Il mio destriero dev' essere del colore di questo fiore e si trasse il giacinto di seno; or va a diglielo.

Manetto si moveva di corso.

Ma no, fermo: col padre ci parlerò da me. Tu invece vola da maestro Buffalmacco dipintore: porti incontanente la tavolozza, i pennelli, i colori; digli che dee dipingermi qui nel pavese un fiore; porti delle tinte scure . . . ma subito: lasci ogni altra cosa, io l'attendo senza manco veruno: più presto che subito!

Più presto che subito! Gli è questo un latino che io non avea mai udito e son vecchio; disse con man. sueto piglio messere Odaldo della Tosa entrando il sa lone; e dopo alcuna pausa continuò: or dunque il caval bianco sta per te: anche cinquanta fiorini d'oro! Ma tu lo hai desiderato, e come giusta e dicevole cosa era la tua brama, così ho voluto farti pago. Egli si è il corsiero su cui devi giostrare nel campo dell' onore; coadiuvato da esso tu mostrerai che possa il nobil sangue di que' della Tosa. Ed ora che hai? Veggo in te o parmi alcuna mutazione: invece di rallegrartene e sapermene grado stai cupo, melenso, come persona che oda la sua condannagione, come persona che una cosa fa e ad altra pensa. Rossellino! . . . che vuol dir questo? tremeresti forse al pensiero del fragore di guerra ? che saresti forse più valente in parole che non in fatti ? . . . E la patria?

per la patria, babbo

Il giovine tranquillo rispose: io darò la vita e basta: ma ora oh, più atroce cura mi strigne

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Che dici?... Bada! tu mi sei figlio unico, ma certo dalle mie case ti caccerei come concepito fossi d'adulterio, se tu in questi presentissimi pericoli della pa. tria, ad altra cosa rivolgessi l'animo che non fosse la patria!

Il giovane fulminato da queste parole che gli parvero una maledizione mandò un sospiro a Piccarda, e chiudendosi nel più riposto seno del cuore il suo af fanno, rispose raumiliato: tanto mi aggrada il vostro comandamento che l'obbedirvi mi tarda solo vi prego mi

diate venia di procedere all'oste col pavese insignito della figura d'un fiore che è caro alla donna del cuor mio: il dipintore dee farmivi un bruno giacinto. . .

Rossellino, ho detto! Di simili ciance non pensavano gli incliti avi tuoi ne' supremi momenti della repubblica. Vedi quello stendale tarlato nello astile e sbrandellato nello sciamito? Se Bonagiunta avolo tuo avesse rivolto la mente a coteste fanciullaggini ei non lo avrebbe tolto dalle antiporte di Siena nel dugentotrenta, quando le nostre schiere assediavano la terra e gloriosamente a Firenze più di mille dugento prigioni condussero. E l'usbergo d'acciaio che tu vedi qui, non lo avrebbe riportato sì malconcio e solcato dai fendenti lo strenuissimo messer Baldo tuo proavo alla battaglia di Montalto nel dugento sette. E messer Talano tuo zio, il quale bandito co' guelfi cavalcò sotto la condotta del conte Guido Guerra per lo re Carlo contra Manfredi, dimmi avria forse provato sì bellamente a Benevento? Tocco da cento punte glorioso vi morì; ma prima di spirare, vide in piena dirotta le schiere dell' inimico di santa Chiesa; e quella vittoria ne liberò dalla tirannia di Guido novello vicario per quel maladetto, e in grande letizia tornaronsi i guelfi in Firenze. E il membruto messer Fazio palleggiando quell'antica ed enorme lancia che Omero, come sai, avrebbe chiamata dalla lunga ombra, se avesse pensato alle quisquilie dello amore, non avrebbe scavalcato quattro cavalieri aretini nel cento settanta. E tu ora ti perderai per li fiori? . . . Rossellino! amerei meglio, non mi fossi tu nato, o il sepolcro di nostra gente ti avesse accolto infante, che dovessi tu macchiare di fatti disonesti la gloria onde rifulge il sangue nostro. La nobiltà di esso sangue è un manto, cui il Tempo va dintorno colla force, il perchè ognidì alcun brano conviene apporvi. Figliuolo, abbi senno: non mi sforzare colle tue inezie ad abborrirti della misura che ti amo. Così messer Odaldo: e uscì alle sue stanze. Cogita. Piccarda Donati

Disp. 8.

bondo si rimase il garzone finchè non fu tornato Ma. netto col dipintore.

Aveva tentato di ricacciare nell' intimo penetrale del cuore il cocentissimo affetto: pretendeva chiudere la bocca d'un vulcano acceso, e il vulcano eruttò con piena foga all'arrivo del maestro.

Fece dipingere nello scudo il giacinto cancellandovi il leone nero e le cesoie, suo stemma; di color giacinto

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volle fosser tinte le gualdrappe del corsiero di color giacinto ricamati i dentelli dell'armatura: una nappa di seta color giacinto volle gli pendesse all'elsa della sci. mitarra; ogni cosa, a dir breve, colorata a modo del carissimo fiore.

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ll'estrema punta boreale della montagna che divide la provincia valdarnese dal Casentino, e là segnatamente dove scoscesa dechina sul Valdisieve, aprivasi un sentiero molto arduo e ronchioso in antico: l'arte moderna lo ha fatto agevole per quanto lo tollera la natura del sito. Muove da Firenze, rade fino al Pontassieve la destra lama dell'Arno, di lì spiccasi in alto e fila diritto quasi al vertice: indi scende volgendo a levante e dopo dieci miglia di viaggio ti mette nel cuore del Ca. sentino. Là dove posa la foga di quel suo discendere si offre all'occhio del viandante una distesa di piano segato quasi per lo mezzo dalle acque pur dell'Arno; ma quivi è l'Arno piccoletto, perocchè sole cinque o sei miglia abbia corso dalla sua fonte. La figura della valle e pressochè sferoidale, e a sinistra le si levano stagliati e nudi

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