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rassicurare le sbigottite coscienze. Nondimeno i loro avversarii, i quali, perchè modesti, aveano ceduto alle grida selvagge, che alzarono que' furiosi quando per le piazze e pe' trivii scorrazzando urlavano all'impazzata, affin di spaventare i tiranni, come essi dicevano, e snidarli da' loro covi, non si arresero allo strepito, che poscia mossero i gracchioni colla stampa per convincere e persuadere l'universo che l'esule ghibellino era il loro duce, ma inorriditi impugnarono la matta pretensione.

Armeggiarono tuttavia quasi di cheto, e a tempo a tempo fecero loro intendere, che essi avvisavano che Dante non solo non era liberale, nè padre dei liberali, ma per contrario n' era il giudice più inesorabile e il nemico più fiero. Io, che nutriva grande riverenza ed amore per l'Alighieri e ne ammirava l'altezza dell'ingegno, la generosità del cuore l' interezza della religione, e n'esaltava le opere immortali, soprattutto la divina commedia, a quel romore che mi fremeva intorno dissi: possibile! Dante liberale e padre de' liberali? Se il fatto è di tal forma, io mi do vinto, io di presente mi ascrivo a questa scuola, io voglio diventar liberale fino a'capelli. Se il fatto è di tal forma, sono ignoranti, sono stolti, sono maligni quelli, che dànno mala voce a' liberali e van cianciando e strillando che essi sono la più rea genia che alberghi la terra, e li chiamano cupidi dissoluti, ipocriti, empii, spergiuri, sacrileghi. Se Dante ha seguito liberalismo, anzi se è stato il fondatore di questa setta, il liberalismo e que' che lo

professano non pur non si vogliono vituperare, ma commendare e celebrare senza fine. E non basta il nome di Dante a schermirli da ogni ingiuria, e a conciliar loro universale benevolenza e venerazione? Così ragionava io. Or veggo bene che questo mio discorso era non sol fiacco, ma sghembo, poichè supponeva che Dante fosse stato impeccabile; e pure ei non avea mica avuta natura di angelo, ma era stato impastato di creta come noi, e per giunta, avea dato in iscappucci solenni, ed era uscito in istranezze memorabili. Se non che l'affetto smisurato che gli portava mi facea velo alla mente. A tanto delirio mena la passione sia pur essa pe' sommi! Checchè sia di ciò, quel che monta è, che questo errore mi recò buon frutto. Mi si accese una voglia prepotente di liberarmi da tanta ansietà. Onde volsi tutto l'animo a distrigar questo groppo, per giungere al vero. Nè arduità di fatica, nè asprezza di difficoltà mi rattenne dall'intentato lavoro; ma messomi per l'avviluppato cammino lo corsi fino al termine. Non prima vi pervenni che il mio spirito posò, poichè avea raggiunta la bramata certezza. Avea ottenuta una immobile persuasione che Dante fu sì lontano dall'essere liberale, che, se v' è stato nemico implacabile di siffatta genìa ne'secoli passati, fu Dante. E mi venne abbominio delle turpi arti, che adoperano que' tristi per fare scudo dell'Alighieri alle loro vergogne, e a'loro misfatti.

Tuttavia deposta la prima dubbiezza nuova tenzone mi si levò nella mente. Un pensiero mi diceva:

Scrivi ciò che vedesti e dallo in luce, dacchè altri travagliato dallo stesso tuo dubbio potrà per ventura giovarsi di queste tue investigazioni, e quietarsi. Senza che quelli che la falsa opinione sostengono all' evidenza delle ragioni, e alla forza degli argo menti non potendo contrastare ammutiranno, mentre quelli che combattono per la vera prenderanno ardire, e raddoppieranno l' impeto contro gli avversarii. Ma un altro ripigliava: non ti venga mai vaghezza di trarre in pubblico questo tuo lavoro, perchè in cambio di sedare il tumulto, sì l'accrescerai. Quelli che ti converrà oppugnare, invece di cederti il campo, ti si scaglieranno addosso con furore, e poichè non potranno aiutarsi di prove, si armeranno d'insulti; ti chiameranno per lo meno sofista, visionario, vano cicalone, vuoto intelletto: ti getteranno in viso quel di Dante:

Or tu chi se' che vuoi sedere a scranna,
E giudicar da lungi mille miglia
Colla veduta corta d'una spanna?

Ti citeranno al tribunale della pubblica opinione, e sarai giudicato barbaro e selvaggio, e così invece di profitto e di vanto n'avrai danno e vitupero. Questo mi susurravano due contrarii pensieri. Ma io che de' perversi non curo, e la loro rabbia insensata disprezzo, ebbi così definita la contesa. Risposi al primo, che mi sarei attenuto al suo consiglio, e al secondo che, se non altro che amor del vero mi avea

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stimolato a quella operosa ricerca, questo stesso amore mi spronava a divulgarla per le stampe. Non mi pesano le ingiurie, soggiunsi, a cui sarò fatto segno, mi preme che le cose non si falsino, e che i sovrani ingegni non s'infamino impunemente. E conchiusi con Petrarca.

Vinca 'l ver dunque, e si rimanga in sella,
E vinta a terra caggia la bugia.

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