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fa pena tien dietro al misfatto, e quantunque essa vada a piè zoppicante è caso raro che non lo raggiunga, dice il poeta di Venosa. Tibullo assevera nettamente che presto o tardi le riesce d' arranfiare lo scellerato; alcuna volta poi la si è vista avventarsi su di lui con mirabil velocità (1); così appunto intervenne a Farinata e a Lippo suo figliuolo.

Questo, poco tempo dopo la partenza di fra Mas. seo, lasciata la tonaca con grande consolazione sua e dei religiosi di Santa Croce, si ebbe subito dai Donati il prezzo della iniquità: un podere e cento agostari giunta. Spendeva e spandeva gagliardamente, il perchè gli agostari disparvero in poche settimane. A principio era entrato nel divisamento di non volere saper più nulla di servitù o soggezioni per dolci le si fossero;

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Raro antecedentem scelestum deseruit pede poena claudo. » Od < Sera tamen tacitis poena venit pedibus. I, 9,

4.

n' avea davanzo, diceva, di quella patita nel chiostro, e per conseguente non si volea accostare più nemmeno a casa i Donati: egli li avea serviti nella bisogna del frate, n'avea ritratto il promesso guiderdone, dunque erano pari. Per altro lato il proposito si dileguò col dileguarsi delle belle monete di Federigo. Amava gran. demente la caccia, e la amava Corso altresì, perciocchè all' uomo di guerra tenea vece delle battaglie, e sopra tutte piaceva a Corso la caccia grossa dei cignali e de' lupi. Onde un giorno allegando d' aver bisogno di svago per la perdita della sorella, la cui dolce memo. ria giurava essergli sempre in testa, ordinò a Farinata, a Lippo e ad altri consimili cagnozzi che preparassero gli arredi venatorii, poichè dovean secolui recarsi a cacciare in Maremma. Per la qual cosa in breve furon messi in pronto i balestri, i coltellacci, gli spiedi, le zagaglie, furon forniti di quadrella i turcassi, riforbite le fibbie degli zaini e de' carnieri, preparati i cavalli e i cani. Il giorno posto partirono coll' alba dirigendo i passi in Val di Cecina. Costà tolto in affitto uno dei migliori ripari, ossia capannoni, cominciarono le cacciate, e l'effetto rispose pienamente al desiderio : quattro cervi, sette cavrioli e cinque cignali di gran corpo furon la preda della prima settimana.

Una mattina fu ucciso per il primo un cignaletto di pochi mesi, e il padrone comandò a Farinata che di subito lo recasse all' albergo e per la sera ne preparasse gli arnioncelli in tocchetto gli voleva per sè, guar. dasse di cucinarli bene. Farinata a scusarsi del nuovo mestiere, Corso a volere che obbedisse senz'altro: il servo parti ed essi sbandaronsi nuovamente pe' boschi. Quella fu la giornata della strage de' sannuti animali ; ne furon trafitti undici, due de' quali smisurati avean la setola nel dorso bianca per vecchiaia. In sull'ora di vespro il Donati s' avvide che tutti gli altri s'erano di lungati per modo che più non se ne udivano i gridi, Piccarda Donati.

Disp. 32.

non più suono di corni, nè guattire di veltri: solo a breve distanza era Lippo. Diede un acuto fischio, e Lippo s' appressava. Vienne in qua, disse Corso; guardiamo

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se ci riesca di fare la serqua di questi setolosi. Ve. diamolo, messere, rispose il malarrivato. E ciò detto entraron giù in un forrone che piombava diritto alla Cecína a breve distanza dalla foce del mare. Mentre l' uno e l'altro qua e là traguardava per entro a que' labi. rinti intricatissimi oh, Lippo, esclama il perfido, vien qui, guarda laggiù in quel macchione di marruche l'ho visto di fermo; sì o cignale o lupo è certo: n' ho visti gli occhiacci balenare . è il cinghiale, n' ho sentito molto bene il grugnire. E Lippo guizza ed entra car. pone per uno sfondo nel prunaio: Corso lo segue alla spalle coll'arco teso, e in atto di colui che sta alla posta per trarre alla fiera. Non veggo nulla, messere. Va' oltre, bestia, guarda la dentro a mancina. E Lippo guarda e rovista e nulla vede. Alfine puntati a terra i ginocchi e le mani introdusse il capo in un più stretto cunicolo praticato dalle fiere nel denso della macchia; e Corso soggiunge: guarda bene, mascagno Così dicendo piglia di mira alle reni dell' infelice e scocca. Il dardo gli trapassò velocissimo il cuore e lo spense di colpo

Abbrividì forse o scolorò il feroce Donato dopo commesso immanità sì selvaggia ?

L'animo suo stette qual prima; impassibile ed immoto come il cannone da guerra dopo lanciata la palla: stette anzi più contento di prima, almeno in quell'atto: provò il piacere del cacciatore quando ha atterrato l'ani male. A passi retrivi si ridusse alla bocca dell' antro spinoso, con una grande forcata di roghi ne chiuse l'apertura, e sollecito s'incamminò in un poggetto di là lontano mezzo miglio, dove dato fiato al corno ra. dunò gli sparsi servitori.

E qui chi fosse vago d'ascoltare avventure di cac

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cia si sarebbe assai divertito agl'incredibili casi che i cacciatori con tumultuante eloquenza narravano. Eh, se a quello in quel dì la non diceva cattivo avrebbe egli solo ammazzato tre daini; poichè ad uno portò via l'orecchio diritto, all' altro aveva mirato proprio al cuore ma nel momento che scoccava, l' animale incespicando s' abbassò e la freccia del brav' uomo sfiorogli il pelo del dorso testimone il pelo stesso che mostrava ai compagni; il terzo daino doveva averlo passato fuor fuori, ma disgrazia! non potette aver nemmen questo, percioc chè nell'atto che gli traeva a dieci passi, quella versiera della Licisca balzò velocissima al collo della fiera, ed ivi il verrettone la inchiodò, talchè il daino si fuggì colla cagna penzigliante alla spalla. Gli altri narravano altri casi.

Corso recise d'un tratto i racconti, e disse: andiam. cene a mangiare e riposarci, non è già poca la preda che facemmo; manca nessuno degli uomini? Nessuno, messere .. ah, manca Lippo, avvertì uno, ma sarà

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prossimo e ci raggiugnerà tosto. — Ovvero già il ghiotto sarà precorso ad assaggiare gl'intingoli di Farinata, aggiunse il tristo padrone. Caricarono sui giumenti il selvaggiume, e furono a lor cammino verso il casolare che indi era distante tre buone miglia. Se non che pervenuti là presso, con una sua maniera da distratto mes ser Corso si voltò dimandando: è egli comparso il malanno di Lippo ? Non peranche; gli fu risposto. Allora simulato di sdegnarsi della mancanza di lui, comandò che rallentassero il passo e cammin facendo speculassero tutti qua e là, caso mai fosse ancora per la foresta, vociassero, fischiassero; egli intanto s'avvierebbe a riposarsi. Spronò il cavallo ed in breve fu all'albergo.

Farinata infocato in volto dal vino e dal fuoco era sull' uscio in aspetto: prese il cavallo del padrone e lo condusse sotto una tettoia addossata alle spalle della capanna. Ma Corso entrò in cucina e lestissimo tagliata una fetta di pane la intinse nel guazzetto dell' arnione: nel tempo medesimo trattasi di tasca una cartuccia di veleno potentissimo lo versò nel vaso dove avea intinto la fetta, e tutto ben bene trameschiò. Quando Farinata fu di ritorno nella stanza Corso si mise a squadrarlo con piglio ferocissimo e nel tempo medesimo assaggiava la fetta.

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Che m' ha' tu fatto, boia, di questa carne che era una delizia? Sciuparmela così? ah cane . . .

Ma, padron mio, soggiungeva l' altro senza tanto scomporsi anzi ridendo il solito riso da jaguar; ma non parmi poi di averlavi cucinata male: sentite che odore di spezieria?

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Piglia un orliccio e assaggiane l'intigolo, sfac. ciato; dimmi poi se l'è roba da' miei labbri.

L'infelice prese con vivo piacere una gran bietta di pane, la intinse bene e se la trionfò pur dicendo che a lui sembrava un lacchezzo, una cucina da signori. Allora Corso datogli del briaco pel capo finse di montare

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