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cerchiata e similissima proprio alle moderne crinoline; questa una guarnizione, una mostra di velluto, una di raso, una di tocca d'oro; altre cose le altre. La moglie di Corso prese quelle robe e con isdegno affastellatele insieme le balestrò sur una tavola, intimando a coteste le si togliessero dinanzi.

I valletti ignari del tristo caso, o se ad alcuni era noto nol credevano di tanta gravità, preparavano la mensa del salone con belle simmetrie e spartimenti di piattelli pieni di confetti, di crostate e di tutte le altre specie di paste dolci: volevano con esse figurare la tur. rita città del Battista, e le torri erano le bottiglie di greco, di vernaccia, di malvagia di Montegonzi, di claretto di Montepulciano, di rubino di Brolio, ed ogn' al. tra squisitezza vinaria. Simone andava e veniva con sembiante sconfortato, ed un pensiero traforello a lui diceva per chi questa mensa? Comprendeva che il pen. siero parlavagli di santa ragione ma l'animo ambi. zioso ed iroso aborriva dal decidersi peranche di dar ordine ai servi che cessassero l'apparecchiamento, e andassero invece a portare un controinvito.

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E Piccarda ? L'ammirabile nostra giovane in mezzo a quelle miserie di Gióbbe era del più lieto ani. mo che immaginare si possa. La poverina soffriva un cociore ed un prurito molestissimo, la febbre le fiaccava il poco vigore rimastole, l'anelito era fitto e difficile per forma che senza gran pena non poteva favellare. Taceva, e Dio dal cuore ringraziava dell'orrenda infermità. Il suo labbro alla meglio che potesse componevasi a sorriso, e quelli erano i momenti nei quali il castissimo spirito di lei, lo sfacelo dimenticando della creta, innal. zavasi diritto e ardente alla regione della gioia sempiterna udiva inni di sì dolce cantare, che le più magi. strali melodie di quaggiù sarebbon sembrate il rugghio desolante di mare in burrasca.

Mentre la camera di Piccarda era così ingombra di

quelle silenziose figure, si fece all' uscio un servo annun. ziando la venuta del prete. Il vecchio s' avviò frettoloso ed imbarazzato a riceverlo; Corso gli tenne dietro dopo fatta una bella prodezza, dico dopo aver lanciato al cielo un'occhiata blasfema. Quivi padre e figlio affettando il meglio che potessero indifferenza, rappresentarono a costui che per quel giorno almeno bisognava differire gli sponsali del matrimonio, perciocchè a Piccarda erasi manifestata una cotale indisposizione ed una copiosa eruzione a fior di pelle la quale, tuttochè lieve in sè, voleasi pur curare con riguardo acciocchè non trasna. turasse per avventura in alcun morbo più grave. Col prete la rimediarono così, e veduto che egli ci credeva ripresero animo e volgeano ad altro argomento di ragionare, quando Pino annunziò :

<< Messer Rossellino e messer Nepo della Tosa. »

La natura aveva dotato quel servo d'una laringe stupendamente sonora ; aggiungi come la vista del primo di quei due cavalieri sollevò nel suo animo un gradito commovimento che in lui contribuì ad innalzare la voce più dell'usato; laonde quello annunzio fu udito perfino nelle stanze prossime alla camera della giacente: lo udì Aspasia e si percosse crucciosa la fronte.

Rossellino elegantemente vestito, col sorriso nel cuore e sui labbri entrava nel salone: egli credeva di trovarvi una festa, un'esultazione vivissima ma dovè arrestarsi a mezzo la stanza, attonito di un'accoglienza freddamente studiata. Dopo la quale Simone esalò un mezzo sospiro dicendo: Rossellino, che volete ch'io vi dica? l'avversario d'ogni bene evvi entrato proprio colle corna; nemmen oggi può farsi nulla! Dina è sempre in letto e non istà molto meglio d'ieri. Il giovane ciò udendo rimase elingue ed un grande turbamento gli offuscò la faccia. Tornava a molestarlo il pensiero che i Donati in quella faccenda volessero pigliarsi giuoco di lui, e Simone pensava e temeva appunto che quello

stesso pensiero al Tosingo occupasse la mente: la situazione era pericolosa, per lo che il vecchio affine d'ovviare a tal sinistro e porre altresì in gran risalto la sua propria sincerità si mosse inconsideratamente a fare una prof ferta:

Io vi veggo titubare e stare come uomo che crede o no; volete voi che alle parole io aggiunga tal suggello che pienamente vi sganni? Volete voi vederla la fanciulla vostra ?

Rossellino accettò con visibile compiacimento, ma l'altro temendo d'aver corso troppo pregollo a sostenere alquanto, chè prima andrebbe a darnele avviso. Intanto il valletto annunziatore diceva: « Messer Dino Frescobaldi e sua moglie ». E dopo pochi istanti : « Messer Tommaso Spini e Annina sua moglie, messer Gherardo Tornaquinci e messer Pinuccio della Tosa ».

:

Corso accoglieva i visitatori con sembiante impassibile, ma dentro nel petto un vulcano di rabbia gli ribolliva tremendamente le sue parole erano brevi, e dopo il primo saluto faceva palese a ciascheduno la trista avventura. I famigliari non venivan meno a' loro doveri, profondevano ogni più manierosa servitù ai signori e a gara profferivano vini e confetti: Sinibaldo ingegnavasi d'impegnarli in qualche piacevol discorso per distrarre le attenzioni, ma i ragionamenti non volevano in nessun modo attecchire; d'ilarità nemmen l'ombra.

Il salone era ripiombiato nel più cupo silenzio quando il vecchio rientrò e fe' cenno a Rossellino ed al prete che lo seguissero.

Pervenuti alla camera e fattili passare innanzi a sè, egli si mordeva le mani ripensando, ecco una bella occasione a vuoto! Vi è lo sposo, la sposa e il sere che potrebbe dire ego coniungo vos in matrimonium . . . ladetto destino ! Le finestre della stanza erano state chiuse premurosamente, e con premura eguale il vecchio avvegnachè non dimandato ne spiegò subito il perchè :

ma

per togliere agli occhi della fanciulla la molestia della luce che non poteva sopportare. In quella vece due can. dele ardevano sopra un tavoliere, dinanzi alle quali avevano collocato un drappo verde per ismorzarne la vivezza. Erano in camera Aspasia, Nèlla, Simoncino figliuolo di Corso ed alcune fantesche: tutti stavansi muti, sembrava quella essere la camera nella quale entri il prete a re citare il salmo sul cadavere del cristiano al momento che vien recato alla chiesa.

Il sacerdote s'avvicinò a Piccarda facendole carissime salutazioni e ingegnandosi di recare alleggiamento al suo male con ogni maniera di buoni ufficii e conforti, siccome a lui somma carità e pietà singolare dettavano. Piccarda poi ricambiava le cortesie del sere con parole non meno servigiali e graziose; ma il dialogo in breve fu interrotto dall'improvviso scintillare d' una candela. Messer Forese che allora allora aveva scritto l'ultimo verso del suo epitalamio, entrato colà astratto e pieno la testa delle poetiche immagini, poichè vide costoro quasi al buio prese come per istinto uno de' due candelieri, e allargate le cortine lo alzò in viso a Piccarda. Rossellino anch'egli come per istinto si era prestamente inoltrato e posto alle spalle di Forese e del prete. L'al zare della candela e il prorompere di quei tre in uno altissimo urlo fu un punto! Nuovamente si fece silenzio e fu sì profondo che ben potevasi udire la lena af fannata della inferma la quale batteva una febbre ognor più gagliarda. In mezzo a questo silenzio Rossellino si volse a Simone e favellò :

Voi mi avete ingannato; costei non è la vostra figliuola !

E si accingeva a partire: quando una voce soavemente dogliosa lo rattenne sul limitare; essa diceva: Io son Piccarda . . . non vi maravigliate, ma credete la piaga onde m'ha percosso il Signore è una delle sue infinite misericordie. . . . Ascoltate però, e vi

unirete allora con meco a ringraziarlo di cotanto squisita bontà, colla quale me ha voluto salvare, e voi sanare dalla piaga del vostro peccato. Io m' era giurata sposa dell' Agnello immacolato fin da quando indossai le bende del corrotto materno, e per serbare più intemerata la fede all'ineffabile Sposo, lui inspirante, volea chiudermi nel chiostro delle vergini di santa Chiara. Voi, padre caro, sempre vi opponeste fermamente alla mia diman. da lo Sposo dal cielo comandommi allora di fuggire questo tetto e ricovrarmi fra le suore di Monticelli. Il feci: voi mi ritoglieste di là, e saldi duraste a propormi il profano maritaggio. Che pensare allora ? Mi rivolsi novellamente a Dio, e con profusissime lagrime gli chiesi mi fosse cortese di tanto che la mente mia volesse illustrare del lume di sua chiarità, acciò io conoscessi che cosa doveami fare. Ed egli quivi m'inspirò una nuova preghiera che per me a lui si porgesse, e la preghiera fu in questa sentenza: « O buon Gesù, ottimo consolatore, casto Sposo dell' anima mia! deh, mandate sul mio corpo una infermità una lebbra che tutto il deturpi ed abbruttisca, affinchè lo sposo terreno che vorrebbe im. palmarmi, vedutami, fugga spaventato e mi lasci in pace ». Il Signore ha esaudito il mio prego

gendo.

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...

Questo è un tradimento! esclama Simone fug.

Questo è un prodigio di virtù, sclamarono ad un medesimo tempo il prete e Rossellino, il quale soggiunse: santa donzella, io v' addimando perdono per l'ultima volta !

Io, io, gridò la buona Nella debboti chieder mercè di questi pessimi conforti che nuovamente t'ho dato mi perdoni dimmi, carissima Dina?

:

Oh, non merito tanta degnazione ma se pure lo volete, il Signore vi perdoni che io di cuore v'ho perdonato.

Uscirono tutti della stanza, tranne il sacerdote. Ros.

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