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rozzo magistero curvati dall' arte, si sente inalzare lo spirito all'ammirazione che tanto possa un uomo con sì deboli braccia ma l'uomo, se ben si riguardi, non è quivi molto da più della formica. E certo a chi prospetta da lungi quella serie di cave, cioè le bocche di esse, ingombre e circuite come sono dagli scarichi vomitati, non altrimenti appariscono al guardo che nidi di for. miche.

Sinibaldo dopo averlo anche qui ricercato invano, si ridusse di nuovo alla piazza, e nell' atto che si dirigeva alla china per tornare a Firenze trovò allo svolto, presso il giardino del Seminario, l' uomo medesimo cui prima aveva dato in custodia il cavallo, e con sua gran letizia lo vide tenere per le briglie il cavallo di Rossellino. Inteso eziandio com' egli era arrivato colà da breve ora e avviatosi a visitare i ruderi dell' anfiteatro, non vi volle altro, e smontato nuovamente di sella andò subito a quel luogo.

Rossellino era curvo a rimirare una di quelle gole degli antri, dove dagli antichi Fiesolani si custodivano le fiere che dovevan giocare co' gladiatori e che più tardi si sguinzagliarono pur troppo anche contro gl'innocenti seguaci del Cristo. Ripensava ai tremendi bramiti che sotto da quelle volte scagliose avranno un dì reboato; fingevasi in mente i salti snelli del leopardo, le sferzate caudine del leone, i divincolamenti terrifici del tigre e della pantera, il volteggiare minaccioso della jena, il rapido raspare dell' orso elvetico e di quello più feroce che a gran prezzo facevano trascinarsi fin dalle parti glaciali dell' Europa. Egli rispose al saluto di Sinibaldo non già coll'usato brio ma pieno di pesante, malinconia, nell' atteggiamento medesimo di chi stando a fidanza coll'amico esagera alquanto la gravità della sventura che gli incolse, e vuole che lo compassioni e compianga. Sinibaldo volle studiarsi che il colpo della lieta novella nol ferisse d' un tratto, per lo che lo abbordava così:

Che nuvoloni, amico, ti seggono oggi per la fronte! Se i nuvoli fossero stromenti d'arte musicale vorrei dirti che il tuo sembiante tien bordone ai nuvoli che stamane passeggiano il cielo. Io ben lo vedo, per una monaca tu mi vai a riuscire in un frate, od anco a morire di malinconia. Sarebbe bello e nobile, argo. mento per fratello Forese, e dovrialo intitolare: Amore padre di malinconia ed avo di morte.

verità.

Baldo, tu hai favellato, scherzando, una gran

:

Lasciamo la filosofia delle verità e vegnamò alla vita minuta la filosofia parmi una cotal salamistrona di muso arcigno e severo come le pietre de' nostri palagi; sarà una bella cosa, nol nego, ma come i palagi in se stessi senza il denaro minuto non darebbonci il bisogno nostro per la vita cotidiana, così il contemplare sempre e solamente le verità della filosofia e non curare punto nulla la vita minuta da spendersi ogni dì, parmi sia matto consiglio.

.....

E però veggoti oggi allegro come un matto tal invero (soggiunse ridendo mestamente) al tuo ragio. nare mi sembri.

E così sia. Io sono allegro e matto perchè ho tal nuova e lieta cotanto per me e per te, che non t'apporresti alle mille.

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Piccarda è stata sempre fanciulla di senno e di nobil sentire.... e il savio, se bene intendi ciò ch' io ti ragiono, sa cambiare a tempo i falsi proponimenti, e ritrarre magnanimo il piè dalla voragine prima che lo assorba ed inghiotti, sa insomma non vergognare della parola ho errato. Ricorderàti anco di quello che ti af fermai quando mia sorella fece quella scappata giovanile: Piccarda può un momento smucciare d'un piede, ma coll' altro tiensi gagliarda e diritta in sulla persona, e seguita la sua via di virtù accoppiata alle giuste conve nienze del suo stato.

:

Dammi più nettamente questa allegra novella, così di molto non ti comprendo.

Bel bambino! Mi diverresti sì soro da non comprendere com'ella non vuol saper più niente di mona chismo? Rossellino: Piccarda è a casa nostra ed è tutta per te...

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Sinibaldo! paioti io fanciullozzo da pigliarsi in beffe? o parti codesto un argomento da volgersi in

riso?

Tu sei il più gentile e costumato cavaliero di Firenze, non un fantoccio da sbertarsi; ciò è vero verissimo, ma egli è vero ugualmente che la nostra Dina si è tolta la cuffia monachile, ed ha fatto ritorno alla casa paterna. Sembrati ella chiara e lampante questa formola? E poi breve discorso: leggi questa lettera che mio padre t'invia.

La faccia del giovane Tosingo si sforzò allora di comporsi ad un sorriso di gradimento, ma l' atto ebbe ad un tempo dall' animo tumultuante sì visibile contrasto, che andò a riuscire in uno smorto risolino, simile a quella contrazione convulsa che apparisce talvolta sul sembiante del moribondo, e che scambiasi per avventura col vero sorriso. Prese con mano mal ferma la lettera, e a passi incerti e senz'altra parola profferire si ridusse. ad una delle scalee dei vomitori: quivi seduto lesse lun. gamente e meditò il foglio di Simone. Quando rialzò il viso guardava Sinibaldo con uno sguardo quasi indefi. nibile, ma che sossopra avrebbe potuto appellarsi il guardare di chi fa grandi maraviglie in presenza di cosa incredibile e desiderata. All'atto del collo e delle lab. bra, che tremule erano e sbiancate, parea volesse dirgli moltissime cose, ma delle mille una non seppe articolarne la lingua. Continuava a rimirarlo con occhio vieppiù vivace, se non che quanto meglio la vivezza di que sto cresceva tanto il sembiante impallidiva. Bellissimo però anche allora quel sembiante a vedersi, perciocchè

il pallore fosse in molto graziosa maniera interrotto dalle bionde linee della giovanile sua barba, e quelle linee non erano già taglienti e ricise, ma sì tirate con dolce sfu matura sul volto elegante: un volto che non avea peranche sentito il rasoio.

E nemmeno Sinibaldo poteva dire una delle tante parole che gli venivano sul labbro. Perchè?

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Perchè Rossellino e Sinibaldo erano due giovani d'animo retto. Sinibaldo con tutta la sua affettata ilarità si sentì in quel punto sorgere nel petto il rimorso di dare ad intendere all'amico una fandonia, qual era quella del volontario smonacamento e volontario ritorno della sorella a casa; i sensi di cristiana morale che nel suo cuore tenerello aveva infuso la buona Bianca non erano iti ad estinguersi totalmente per frenesie di gioventù che gli avessero frullato e gli frullassero nel cervello; e però non trovava parole: Rossellino per modo somigliante non le trovava, perchè a lui pareva, e sarebbe stato, un ingannare Sinibaldo sul fatto dell' intimo sentire del cuor suo circa a quel mutamento inaspettato di Piccarda. Egli aveva dato il suo cuore a Piccarda finchè gli sembrò possibile ed agevole l'ottenerne la mano quando l'amata fanciulla si chiuse assoluta. mente nel monastero, quasi in una tomba, Rossellino volle a lei nonostante, sebbene in modo diverso, consa. crato il suo cuore, volle tenerlo con lei seppellito nella tomba la tomba sortagli nel cammino di sua vita

contento a quella soave benedizione che la pia gli aveva pregato nel salmo, come udimmo la sera della visita al monastero. Il sacrifizio per lui si consumò con pena incredibile, ma a quell'ora esso a quell'ora esso era pur consumato, e questa pena sperava che in breve dovesse andare alleggiandosi per il testimonio della buona coscienza. Pertanto ammessa pur anche la spontaneità della mutazione di Piccarda (sul che a lui giovane sa. gace e dei simoniani tranelli esperto non lievi dubbi

salivano in mente) non sentivasi in quel primo istante molto voglioso di ripigliarsi l'omai ceduto carissimo obbietto; gli sembrava come di contaminarsi in un gran sacrilegio, di fare ad un tempo un nuovo sacrifizio, cioè nuova ed increscevole perdita, qual si era quella del piacere che il virtuoso all' esercizio di ardua virtù spe. rimenta. Come dunque poteva egli uscire in parole eb. bre di gioia per il fatto che venivagli annunziato? II caso dell' un giovane era alquanto diverso da quello dell'altro, e quel di Rossellino di miglior lega certo che non il caso di Sinibaldo; pure possono entrambi sotto l'aspetto medesimo contemplarsi, perciocchè la sostanza riducevasi a questo, che l'uno e l'altro non sapevano scendere di buon grado alla viltà del mentire.. Poche furono anche per la strada le parole, e quelle somma. mente guardinghe e rifuggenti dal provocare reciproche spiegazioni. Tanta molestia poi da quella sterilità di colloquio sentirono entrambi, che discesi a S. Domenico là dove il sentiero alquanto rispiana, mutaron discorso; ed entrati in ragionar di cavalli e altamente lodato ciascuno il suo, li misero al galoppo come per provarne col fatto la destrezza e leggiadria. Così in brev' ora e senza bisogno di favellare giunsero alla città: l'uno s'incamminò in porta S. Piero a casa i Donati, l'altro verso S. Salvadore al suo palagio.

Rossellino smontato appena corse a chiudersi nella sua camera. Il commovimento era in lui cresciuto e cresceva fuormisura; il sì e il no gl'ingaggiavano in capo ferocissima tenzone. Benedetta questa umana fra. gilità della incostanza! Che giova tacerlo? a Rossellino per ideale associazione cominciava ad avvolgersi ostinato per la mente quell'emistichio virgiliano che, pochi anni dopo, Dante tradusse nel divino poema dicendo: « Conosco i segni dell'antica fiamma ».

Egli fra sè andava ruminando : Simone Donati è la estrinsicazione della malizia di Satana; Corso Do

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