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La verità è una come Dio: è indipendente dalla potenza e dalla debolezza.

Le parole di questa monaca dovrebbero meditarsi un poco dai contemporanei violatori delle cose sacre; un poco nel quieto della notte, quando non posson dormire, quando il rimorso tenta e ritenta di vellicare il lor cuore!

Che scomunica? La non v'è..

Un gagliardo e prolungato squillare del campanello rompe allora la parola in bocca al Donato; dopo lo squillare s'ode da fuori una voce: affrettatevi ad uscire, l'ortolano si è sciolto e va per la campagna gridando

accorruomo !

. Era uno de' tre scherani ch' eran rimasti là fuori a guardia della lettiga.

Ah, briachi, iniqui; chi l' ha legato? dice Corso.
Io, risponde Ghello, e ...

Corso gli mena un manrovescio sul viso, e il colpo accompagna con una bestemmia: il percosso prorompe alla sua volta in una imprecazione: le suore a queste inaudite orribilità si traggono indietro gemendo, raccapricciando e coprendosi la faccia. Il campanello di nuovo tintinna e tre voci tutte insieme ripetono: fuggite via, la contrada si desta !

Farinata allora non attende altri ordini, levasi nuo. vamente in spalla la fanciulla e corron tutti al cortile, per uscirsene di lì appunto dond' erano entrati. Veduta una scala a piuoli la rizzano al tetto, vi montano alcuni, poi Farinata con Piccarda, indi Corso e tutti gli altri in gran fretta.

Allora sì rinforzarono i pianti, i lamenti, le strida. Ahimè, figlia mia, gridava la badessa: oh, povera suor Costanza! dicevano le altre; oh, sorella dolcissima, ahi sventura! Oh, Dio salvatela!

Non vel dissi io, urla suor Elia, che il nome

di Costanza era malurioso? Rammentatevi di Costanza imperatrice (1).

Piccarda sola non piangeva, non diceva parola ; la trafittura del cuore le avea gelato la lingua, l' avea quasi tolta a se stessa. Più forse non sapeva che cosa ella si fosse e dove andasse, ma lasciavasi trascinare come corpo morto. La scala di legno fu tratta in alto e servì per la discesa, che sarebbe tornata più spaven. tosa che mai alla nostra donzella, se la pietà di Dio non vi avesse provveduto con quello sbalordimento

d'animo.

Ella fu posta nella lettiga, e il convoglio partì di corsa sospettoso - come ladri che fuggono a nascondere la roba rapita (2).

Dante e Petrarca così cantarono di questo rapi.

mento :.

Uomini poi a mal più che a bene usì

Fuor mi rapiron della dolce chiostra (3).

Alfin vidi una che si chiuse e strinse

Sopr' Arno per servarsi, e non le valse:

Chè forza altrui 'l suo bel pensier vinse (4).

(1) Costanza figlia di Ruggero re di Sicilia avendo professato in un monastero di Palermo ne fu anch' essa tratta per forza e data in moglie all' imperatore Enrico quinto, del quale generò Federigo secondo.

(2) « . . . captamque per vim sororem ad paternam domum secum adduxit Corsus, et sacris discissis vestibus, mundanis indutam ad nuptias coegit.» Rodolfo da Tossignano, loc. cit.

(3) Parad., III.

(4) Trionfo della Castità.

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racconto s'avvia al suo termine: e dal già detto pare che non possa argomentarsi lieto per la nostra desolata donzella, pare che più non le rimanga scampo dalle voglie inique degl' iniqui parenti. A questo si aggiunge che altre prove, e certamente a trionfarsi più malagevoli di quelle già sostenute, l'attendono ora di nuovo nel paterno palagio. Non si sconforti per questo il leggitore cortese, chè Piccarda è vigorosa da lunga mano di quella verace pietà che nobilita il cuore, insublima lo spirito e raddoppia il coraggio. Ella vinse se stessa colla magnanima elezione dello stato oh, chi ha potenza di vincere se stesso è nato a grandi cose! Non è dunque da uscire di speranza che la sua grande virtù non possa francarla da tanta pressura; forse qual. che pietoso porrà un riparo all' atroce persecuzione, e. se non altri, porravvelo colui che agli oppressi giammai non fallisce Iddio.

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Chi crede veramente nella Provvidenza, avvenga

pure che la speranza non abbia più nemmeno fiore di verde, da quello stesso abbandono di speranza prende occasione di rinsaldarsi nella fede, e pensa e dice a se stesso ove sempre nel mondo si vedesse trionfare la virtù non potrebbesi egli nella grave tentazione credere, che il dramma della vita come ha il suo principio qui in terra, così vi abbia anche il compimento?

Simone si accorse che ricondotta a casa la fanciulla le si era mutato l'abito monacale in quello secolaresco, ma nulla di più; bisognava perciò ingegnarsi di mutarle l'animo affine di farla discendere al maritaggio. E quantunque avesse veduti cadere a vuoto tutti gl'ingegni fin allora messi in opra, non iscorò il furfante, e pensò a farne giocare principalmente altri due, i quali davvero reputava infallibili. Ma innanzi tratto rivolse l'animo a Rossellino e scrissegli subito una lettera piena di gioia, facendogli sapere che con immensa consolazione del paterno suo animo la Dina era tornata a casa, e quel che più letiziavagli il cuore, non mostrava oggimai avversione al tanto da lui e da tutti idoleggiato matrimonio. Oltre a ciò studiossi in detta lettera di congiungere all' effetto del sentimento la maggior purgatezza e dolcezza e tutte le veneri della lingua, la quale allora, in sullo spuntare del trecento, saliva a quella nobiltà che i secoli dipoi fin ad oggi, salvo rare eccezioni, hanno ammirata. Nè altri che un suo figlio volle fosse apportatore di sì fausta novella, per lo che diede a Sinibaldo le sue imbeccate, e consegnatoli il foglio lo inviò subito a casa i Tosinghi. Rossellino era ito a diporto verso Fiesole. Dal giorno della visita al monastero di Monticelli una gran cupezza gli s'era raccolta nell' animo: gli sembrava che quel giorno medesimo, quasi fosse un corpo, gli si elevasse in mezzo al cammino della vita in similitudine d' una tomba, dove con tutte le sue lusinghe e le sue speranze avesse dovuto seppellire il cuore: si brigava con ogni sforzo di non rivolgere addietro lo sguardo, eppure lui

-

invano renitente, gli occhi si ostinavano a riguardare addietro e quella tomba a misura che più lontana posava, di maggior turbamento e tristezza gli si faceva cagione. Perciò amava di distrarsi alla campagna, e la sua predilezione era per le colline fiesolane, come quelle che all'ineffabile incanto della natura accoppiavano per lui un altro pregio; quello di esser lontane dal suburbio di S. Frediano, lontano dal monastero di Monticelli. Al lora Sinibaldo avvisato di ciò dai Tosinghi, tornossene a casa, montò in sella e spronò alla volta di Fiesole.

Salito alla piazza ebbe affidato il cavallo ad un uomo, e si die' a spaziare l'occhio in quel grande quadrato che con dolce salita si ferma a pie' del celebre tempietto di S. Maria Primerana, mentre di fronte a chi entra è fiancheggiato per buon tratto dall' antica e bruna cattedrale; ma per guardare e dimandare ch' ei facesse non trovava Rossellino. Entrò nella basilica, visitò le catacombe, là dove con esso lui una come cento fiate era disceso ad ammirare quelle massiccie volte e quelle colonnette di durissima grana; ma Rossellino non v' era. Sali a Santo Alessandro, indi sul vertice supremo del poggio al luogo de' frati Minori, sede un tempo della vetustissima rocca; nemmen lassù era capitato il suo amico. Ricordatosi allora come quegli si dilettasse grandemente di cavalcare alle coste petrose delle Cave, le quali partendosi dall' estremo cinghio della città antica si distendono fino a sovraccollo di Settignano, risalì a cavallo e inviossi a quella parte. Ed invero le cave di Fiesole sono una maraviglia a vedere : elle s'incavernano profonde e buie nei filoni sterminati di quella pietra che giustamente i paesani appellano serena, percioc chè sia proprio serena come il cielo che ivi sovrasta, o come il più bello zaffiro-femmina che in petto a gente doviziosa si ammiri. Chi s' inoltra là dentro e vede quelle immense camere, i grandi e irregolari pilieri sostenenti que' voltoni piantati primitivamente dalla natura, e con

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