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il vaiuolo gli aveva risparmiato la cuticagna : l' uncino fu proprio indiscreto e volle sciuparlo anche là.

Corso guardava e sbuffava rodendosi il petto dal furore per gl'inutili sforzi de' suoi bravi, ai quali ripeteva salite su, marrani: montate nell' istante sul tetto; impadronitevi subito del monistero ! tal quale un magno giornale di Francia che or la preghiera adoperando ed ora la parola imperiosa, gridava pur dianzi agli assalitori di Gaeta prendete subito Gaeta, non vi ha tempo da perdere, ma subito! Il Donato poi diceva fra sè come! io che vinsi la giornata di Campaldino non varrò a superare un nido di rondini? Dopo quei primi inutili tentativi egli ne condusse tre o quattro alla muraglia dell'orto, e Ghello fra questi, come colui che l'altro dì v' era entrato con Pino. Nell' orto entreremo, dicevagli Ghello, ma non passeremo più oltre le due postierle sono impenetrabili, le finestre altissime. Entrarono colà e la cosa andò precisamente come il fa miglio presagiva. Allora passarono di sotto, s'arrabattarono un quarto d' ora, ma sempre a vuoto; se non che mentre costoro erano laggiù, a Fazio e poi a Farinata riuscì dopo molto penarvi d' appiccare i lor ganci nella facciata della chiesa, là dove i fianchi di essa combacia. vano nel muro del convento. Da quel punto il tratto che dovean percorrere sui tetti per giungere al luogo divisato era più lungo, e correvan rischio di farsi sentire prima di porvi piede, ma ciò per loro ormai non ri. leva: ne salgon due, poi quattro, ed altri quattro final. mente anche l'eroe messer Corso sta in piedi sulle mura del vinto baluardo (1). Belle vittorie! degne di paragonarsi colle moderne, e le moderne con questa antica.

Le tenebre mettevano viepiù scure e il fiotto del

(1)« Corsus frater adversus sororem virginem ira percitus, assumpto secum Farinata sicario famoso, et aliis duodecim perditissimis sicophantis, admotisque parietibus schalis, ingressus est septa monasterii. » Rodolfo da Tossignano, Hist. Seraph. Relig., p. 1.

vento ingagliardiva, per lo che mal potevano inoltrarsi con sicurtà verso il cortile. Quattro o cinque s'ingegnarono d'accendere le lanterne che seco avevano, ma gli ebbri davansi più spesso dell' acciarino sull' ugna che non sulla pietra focaia: a quello era scivolata la pietra, l'altro aveva perduto l' esca, all' altro la scintilla non volevasi apprendere perchè l'esca medesima era inumi dita. Allora Corso chiamandoli poltroni ed inetti diede uno spintone al più prossimo, e questo impulso dinamico bastò perchè tutti si movessero alla ventura. Fazio era il più restio: egli temeva di precipitare nel pozzo, che come scaltramente aveva risaputo dalla rotaia, si apriva appunto in quel cortile che andavano cercando. L'idea di quell' onda mortifera gli s'era conservata anche attraverso all' onda inebriante del vino! Prudentemente però egli propose ai compagni di tenersi per mano ogni tre o quattro, affinchè fallando all' uno il piede potes.

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sero gli altri tenere il fermo ed aiutarsi a vicenda. Farinata finalmente pervenne alla sponda del tetto, ma

volle il caso che gli embrici estremi si staccassero dal posto, e giù con gran romore cadessero; egli però rattenuto dai compagni stette in piedi: i ribaldi è dif. ficile che rompano il collo.

A quel busso repentino le monache imbiancarono come i veli del loro capo e mutarono il salmeggiare in urli e grida miserande; alcuue vennero in deliquio, ad altre cadde il breviario di mano. La buona abbadessa confortava a fiducia, esortava a quiete, a confidenza nel Signore, ma tremava ella pure a verga a verga. Molte e molte ad alta voce gridavano a Dio misericordia, por. gevan preghi al santo pontefice Melchiade, ricorrente nell' uffizio di quel giorno, a S. Francesco, a S. Chiara, all'Angelo custode. Ma non sarà cosa di sinistro, replicava la badessa, calmatevi per amor di Gesù..

Madre badessa, siamo tutte morte! grida a gran voce una conversa che s'era affacciata nel cortile, voglion Piccarda, gridano dal tetto dove sei Piccarda? Bestemmiano, oh Dio. . . . sono un'intera masnada!

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Non sarà nulla, silenzio, siamo in casa di Dio. Ahi, ali, mamma nostra esclamò una delle più giovani che parimente non avea potuto resistere alla tentazione d'affacciarsi; oh egli hanno le funi per legarci! Ahimè, sono i dimonii che vogliono strascinarci all' inferno!

Madre badessa, son già nella chiostra! che fate?... zitte sentite uno, due . . . i tonfi che dànno in terra nello scendere ?

E la badessa allora chiudiamo, fuggiamo di qua; spengete le candele . . . Ah, Domine, ne tradas bestiis animas confitentes tibi

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Corso Donati e la sua gente discesero in un attimo nel cortile. Trovata chiusa la porta del coro vi puntarono a leva un palo e schiavaronla dai cardini. Il coro era deserto e buio, chè vi scintillava soltanto una lampadetta, trascurata già nel rapido fuggire delle donne.

Mentre a quella gli sgherri allumavano le lanterne, il Donato urlava come un ossesso chiamando la sorella. Niuno risponde. Rovistano gli armadj e più là le stanze contigue per tutto dimora profondissimo silenzio. En. trano in un lungo corridoio, aprono gli uscioli delle celle son tutte vuote. In fondo a quel dormitorio era il Capitolo o sala d'adunanza; quivi la Ubaldina aveva raccolto le esterrefatte figliuole. I ciafferi allora credendo che le si fossero ritirate nella chiesa, dànno volta e laggiù frugano sotto gli altari, sotto le scranne, quasi anco vorrebbero guardare le sepolture, ma la chiesa era similmente deserta. Corso rinnova i gridi a Piccarda, e siccome tenevasi beffato, invade con gran furia gli altri lati del monastero, chiama, impreca, imperversa, minac cia fierissimamente la morte a quelle innocenti. Le voci furibonde arrivano fino al Capitolo, e mentre le mona. che stanno quivi senza consiglio e in preda ad un'ambascia mortale, Piccarda s' alza da un genuflessorio e gittatasi a' piedi di suor Chiara con animo franco le dice: Madre mia buona, la tempesta è per me, non soffremi il cuore che queste sante vergini debban cor. rere alcun rischio per mia cagione; però se voi me ne fate licenza son parata di presentarmi a costoro per vedere che vorranno da me: io mi abbandono nelle braccia di Dio. Tanto coraggio rinfrancò la badessa, la quale sentendo omai che i tristi eran tornati al corridoio e filavan diritto alla sala, dopo raccomandato che peranche nè suor Costanza nê le altre uscissero di là, aperse risolutamente la porta, e vedutili si fece innanzi di. cendo che fate, cattivelli cristiani? di chi cercate in nome di Dio?

Voglio la mia Piccarda e subito! - grida Corso.
State buono, fratello, non v' inoltrate; qui . .

non abbiamo .. Piccarda.

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Piccarda non era più oggimai Piccarda ma suor Costanza; la monachina giocava di restrizione mentale, Disp. 29.

Piccarda Donati

e avvegnachè alcuni moralisti vadan biasimando questo ripiego, credo che in quel caso anche i più rigidi non gliel' avrebbon recato a colpa.

Come non ci avete Piccarda ? ripiglia Corso digrignando e scagliandosi ad investire la badessa. In quel mentre una bellissima monaca esce di là, entra veloce fra suor Chiara e quell'empio, e dice:

Chi cercate? Son io . . .

Furon queste le parole medesime che il Redentore rivolse alla sbirraglia venuta nel Getsemani ad arrestarlo. Queste mansuete e semplici parole gettarono la costernazione nei satelliti di Giuda, forse anco in Giuda medesimo: in Corso Donati e ne' suoi compagni pro. dussero invece accrescimento di rabbia e d'empietà. Corso senz'altro straccia alla sorella i sacri veli della fronte, Farinata l'abbranca per la vita, e sconciamente recatasela in ispalla fugge via a trovare l'uscita. Le grida delle suore feriscono le stelle, corrono in frotta dietro ai sacrileghi ingegnandosi di ridurli a mutar consiglio, li pregano, li scongiurano per la salvezza del l'anime loro.

Giunti al portone maestro i rapitori trovarono che senza chiave nemmen dalla parte interna potevasi aprire, e la chiave non v' era. Quivi Corso intima alle suore che aprano nel momento: la badessa tergiversando insiste nelle più amorose preghiere, e dice come dacchè per loro sventura avean macchiato l'anima colla scomunica, non volessero farsi rei altresì di violenza.

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Questi sono atti di giustizia e non v'è scomunica, ripiglia Corso alzando il pugno; no, non v' è, non vi dev' essere, non voglio che vi sia!

E la badessa in tuono fermo: Voi, messere, siete di gagliarde fazioni e noi siamo deboli femmine; di vo stra forza brutale voi, sel vel permette Iddio, potrete abusare per istrazio dello imbelle: ma questa forza non potrà mutare per nulla la essenza delle cose spirituali.

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