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stral famiglia, ella prese il partito di affidare suor Costanza ai buoni uffici delle sue nipoti che addietro lodammo. Per lo che nelle ore che le monache davan opera al lavoro suor Lucia e suor Giovanna la conducevano in una stanza a ciò per essa destinata, e colà se nel viso di lei si manifestassero i segni della tristezza con opportuni discorsi la distraevauo, la racconsolavano dolcemente. Veduto altresì che la fanciulla, di cuore bennato com' era e di fervida immaginativa, oltremodo pigliava diletto di quelle letture che la più pura pietà non dispaiano dai sentimenti passionati e quasi diremmo poetici; la badessa gliene fece copia e ravvisò subito a grande sua consolazione non lieve miglioramento nell'animo di lei.

Una di quelle mattine la rotaia portò alla superiora un elegante libretto di forse cento pagine, e le annun. ziò com'era comparso un vecchio fante dei Donati con esso in mano, dicendo che Nèlla in pegno di tenerissimo affetto inviava il divoto libricciuolo alla sua cara COgnata, e pregava la suora le fosse cortese di consegnarlo a lei incontanente. La regola dell' Ordine alle novizie fa divieto d'ogni comunicazione con estranei, ancora se per istretto vincolo di sangue congiunti, onde suor Chiara s'afflisse in segreto di non poter fare il piacere della buona signora ma poichè dato una rapida scorsa alle prime pagine del libro, vide che non altro conteneva se non un tesoro di pii e belli affetti a Dio, alla Vergine santa e ai santi più illustri del cristianesimo, ella arbitrò di poter fare francamente un po' d' epicheia alla legge. Non è poi una lettera, diceva, fra sè, non un messaggio di frivolezze; elleno son carte di edificazione e di santità, ed oltre a ciò il libro dalla coperta apparisce non nuovo, ma adoperato, sicchè di leggieri non può dentro covarvi fraudolenza.

La semplice monachella s'ingannava di grosso: fortuna che Piccarda era armata di quella virtù che siamo

venuti descrivendo! Il fante era dei Donati, ma il li bricciuolo non era inviato da Nèlla, lo inviava Simone.

Il perfido ed istancabile vecchio la sera stessa della visita al monastero ebbe a sè un trovatore di Puglia, il quale dimorava a Firenze codiando i cortei e le brigate de' signori villeggianti, guadagnando così la vita col mandolino e co'ghiribizzi poetici del suo cervello. Simone dimandatogli se gli basterebbe l'ingegno di fare un componimento erotico, un laio d'amore d'un cavaliero che spasima per una donzella ritrosetta, e avutone che sì, gli consegnò un grazioso libretto di Piccarda, e fattogli vedere le ultime pagine del medesimo, le quali mancata allo amanuense la materia erano rimaste in bianco (rammentiamo che allora non v'era stampa), gli ordinò che ivi trascrivesse le sue strofe ingegnandosi a tutt' uomo d'imitare il carattere precedente, l'inchiostro, i fregi ed ogn' altra oc correnza. A ciò aggiunse schiarimenti e nomi di persone e di luoghi, affinchè la poesia toccasse più al vivo e più al bisogno fosse accomodata. Il trovatore promise tutto, chè valente era nell'arte sua, e figliuolo d' uno de' più prestanti verseggiatori d'arte maggiore alla corte di Federigo: dopo ventiquattr' ore portò il suo lavoro al Donato che lodonnelo grandemente.

Piccarda come dapprima ricevè il libro non si ad. diede che variazione o aggiunta vi si fosse fatta, quan. tunque non poche pagine ne percorresse in quel giorno medesimo; se non che la notte essendosi destata per uno di qne' sogni paurosi che abbiamo menzionato, alzossi dal lettuccio, accese la lucerna e aperse il libro: volle il caso che le si aprisse là dove era scritta la canzone del trovatore.

Egli aveva poetato in questa sentenza: - O bella di grazie ineffabili, o gioavanetta che dolce sorridi e dolce favelli, deh perchè avrai tutt' ora il core di granito? Egli ti chiama, t'aspetta, pensa continuamente di te, si muore per desiderio di te il gentil cavaliero! tu lo

feristi d'un dardo delle tue pupille, perchè non verrai a sanarlo? Qual bellezza creata, dopo te che la vaghis. sima sei delle creature, quale gli si potria mettere a paraggio? La sua guancia è candida come il latte che ti nutriva infante, è vermiglia come la rosa del paterno giardino; egli è nobile, è ricco, e prode di guerra, destro ne' tornei, infaticabile nelle cacce, nessuno più ag graziato di lui sa portarsi in groppa ai superbi palafreni, egli è il tuo destinato, egli . . . . ! Rossellino . Rossellino ....! Le gentili damigelle di Firenze non quelle nate della gente nuova, ma le inclite figlie della romana semenza

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ambiscono uno sguardo de' suoi fulgidi rai, si brigano d'incontrarlo alla festa del poggio fiesolano, al diporto delle vie cittadine e su per li fioriti margini dell'Arno: elle sospirano un sorriso, vanno altere, si tengono glo. riose d'un cenno sol di saluto! Se ad una di loro di cesse io t' amo, eccoti la destra mia . . . . la gentile donzella fiorentina per fermo ne morrebbe di gioia. No, a cotanto non levansi le brame di quelle elleno son contente ad uno sguardo pietoso di sì nobil garzone, e come a vista di miracolo esclamano: in qual parte del cielo, in quale idea era l' esempio, onde natura tolse quel bel viso leggiadro? Chi spiegò mai all'aura chiome d'oro sì fino? Quando mai un core accoglieva in sè tante virtudi ? Perchè dunque a lui sì rigido tieni il tuo core, o superbetta Dina? Deh! ti si spetri alfine e intenerisca; deh non voler essere micidiale di chi mille vite spenderebbe per te! A te, a te sola offre la mano: all' altre pur soavi donzelle non vuole, più omai non può volgere il core, più non lo ha nel suo petto ei se lo tolse già è lunga stagione, e a te consegnollo

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Qui il poeta mutato metro e ingagliardito lo stile, si gettava di botto nella mischia feroce di Campaldino, e sbozzato prima un po' di fondo al quadro, vi poneva in mezzo Corso Donati precipitato come vedemmo, sotto il proprio cavallo. Piccarda la creatura dotata di celeste Piccarda Donati Disp. 28.

intelligenza, sebben lontana scorge il fratello in cotanto pericolo e grida: spronate, oh Dio! sboccate là den. tro, salvate il fratel mio, o guelfi guerrieri: egli di cacciati vi fe' vittoriosi, accorrete, od io stessa nella cerchia delle lance spignerommi a salvarlo. Non so brandire un ferro, ma morire per lui io so, del mio corpicciuolo ai colpi facendogli schermo.... Oh, un fante ghibellino ... ahi! È salvo, è salvo il fratel tuo, lo ha salvato Rossellino egli non ti dimanda la vita in ricambio di quella ridonata al fratello ti chiede amore e la destra e il fratel tuo nel momento solenne che per lui avresti versato il proprio sangue, nel momento che il valore del giovinetto lo salvava, consacrò te medesima a tanto salvatore. Vorrai, o Dina, a cospetto dell' immenso beneficio, vorrai opporre un ingratissimo niego?

Poscia veniva una ballatetta acrostica, le cui iniziali suonavano se gli nieghi la tua destra, colla sua s'ucciderà!

Io volentieri avrei voluto riferire i versi del can. tore pugliese, ma i ricordi di questa istoria non ce n'han. no conservato se non il senso quei versi nacquero e morirono, perciocchè la badessa diede il libretto alle fiamme appenachè Piccarda tutta costernata glielo venne la mattina a restituire.

E qui nuovi e più fieri conturbamenti nella fanciulla, nuovi dubbi sopra di sè, sopra Nèlla buona cognata!.

possibile che la oh, il dubbio è proprio arido e desolante come la sabbia del deserto affricano: è il deserto dell' anima. La badessa poi rimase dolentissima, anzi inconsolabile, per quella sua soverchia correntezza che dai rigidi sarebbesi potuta eziandio qualificare una non lieve imprudenza: per ammenda ella raddoppiò il vigilare, diede ordini, suggerì accorgimenti alla portinaia, alle altre suore, all' ortolano principalmente. Il nono giorno di decembre la rotaia e l'ortolano ebbero davvero onde esercitare i loro uffici di vigilanza. Perocchè nella mattinata vennero al monastero, a vari in

tervalli, certi non più visti paltonieri con facce torbe e rubeste, i quali non sembravano punto usi al limosinare. La povera monaca faceva loro la carità con tutta speditezza, ma essi cercavano di tenerla a bada, meno del tozzo mostrando eglino curarsi che di appiccare un po'di conversazione. L'uno dimandava se fossero molte le suore di quel monastero, e se ve n'avesse alcuna di Siena o di Pistoia donde egli asseriva di esser nativo; un altro andava lodandole di lor carità e santimonia, ed affettando una compassione che faceva ai cozzi con i truci linea. menti del suo viso, uscì in queste curiose dimande: ma povere madonne, non avete paura a star sole costà den. tro la notte? ma li sprangate ben gli usci? Non vi fi. date ad una sola serratura, badate bene: voi non lo sapete, chè dimorate costà fuori del mondo, ma son troppi oggimai coloro che vivono ed ingrassano di ruberie : — e gli usciali dentro al cortile, quelli giuoco che non li chiuderete nemmeno a paletto, è vero? Badate bene se la sera andate ad attingere acqua ci avete il pozzo nel cortile ? La monachella si brigava di tagliar corto, almeno per quanto a donna è possibile; e rispondeva : si chiude tutto non dubitate, si chiude tutto e non c'incolse mai sinistro di sorta veruna, e poi v'è il Signore che ci guarda. Ma il pitocco insiste: guardate di abbar. rare bene la porta maestra, ed anco tutte le altre che mettono al di fuori: quelle di dentro importa meno .... chiudete bene spezialmente la porta esterna di chiesa allorquando ve ne andate a letto. . . a che ora vi co. ricate? Si chiude tutto, non temete; dal pozzo del cortile si attinge il bisogno nostro prima dell' imbrunire, poi non vi torniamo più: si serra a dovere la mastra porta di chiesa; andate con Dio: Dio v' accompagni.

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L'ortolano poi che quel giorno attendeva a marreggiare l'orto, fermatosi al suono dell'Ave maria di mezzogiorno per recitare le preci d'uso, sentì raspare d'im. provviso al ciglio del muro, onde alzato gli occhi vide

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