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e loro consorti, e loro scherani avevano affilato le spade a scannare il prossimo innocente.

La donzella senza sinistro incontro uscì fuori della porta S. Frediano, e come sottrattasi da un pressoio, vaporò un gran sospiro, si sentì riavere. Io stimo che il bennato lettore qui si consolerà nel pensiero, che la fanciulla siasi così involata di malebranche; e forse gli occorrerà sul labbro un sogghigno, e dirà: dormi, vecchio tiranno! chè la figlia tua veglia, e vola desiosamente là dove le neghi il ricovrarsi. Tutto ciò va bene, ma il vecchio non dormiva, quantunque quella veglia si fosse innocua per Piccarda. Simone Donati dormiva poco, lo dicemmo, quando versasse in angustie e macchinazioni; pochissimo poi, allorchè un favorevole avvenimento gli addolciasse il cuore - e siccome per il tristo non v'è pace, così quei blandimenti di prospera fortuna arrivavano al suo cuore non già al tutto soavi, ma spinosi un poco, come il lambire della lingua spinosa del gatto; il perchè non poteva dormire. Stava al camminetto che si apriva nella stessa sua camera da riposo. Seduto di fronte al fuoco e colla faccia a quello. inchinata, aggravava i gomiti alle ginocchia, e con la molla i tizzi mezzo arsi sovrapponeva gli uni agli altri là dove più vivido era il divampare. La lucerna era spenta; se per mancanza inosservata d'alimento non sappiamo, e se per avarizia nemmeno; per lo, che, in mezzo a quel campo nero, all'abituale lividore del volto di lui si vedeva allora in assai sconcia apparenza mescolarsi la luce. rossastra dei tizzi: aggiungi il riso che tratto tratto gli crispava le guance: aggiungi i colpi di molla che a varie riprese, quasi un matto, menava sul fuoco e quelli erano gl' istanti in cui il cervello malefico trovava, o credevasi d' aver trovato, vittorie sopra vittorie.

Piccarda intanto si affrettava in una via silenziosa e deserta: non si avvisi però il lettore che la vergine

percorra il solingo sentiero con lena affannata, coll' animo trepidante e disfatto di chi per miracolo evase dalle mani de' ladroni; tutt' altro. Il passo di lei era franco come di persona, cui la buona compagnia di purissima coscienza francheggi: come di chi va a fare un' opera di vita eterna, a por mano ai divini consigli con santa intenzione e accesissimo cuore: poteva tre. mare il cuore a Piccarda, e volgersi indietro paurosa non la inseguissero gli adirati fratelli o i birri del padre ?

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Ella talora sostenendo il passo spaziava collo sguardo nella immensità de' cieli, dove senza lumi sublimi, senza squisite speculazioni l'uomo dal cuore diritto incontra la prova più lampante dell'esistenza di Dio. Chi disse a questo dolce pianeta (dimandava a se medesima l'anima poetica della pellegrina), sorgi dal niente e sii in cielo la fiaccola della notte? Chi diede mai esistenza e nome alla moltitudine di queste stelle? — O sirocchie stelle, o corpi smisurati di luce, come rotate maestosi e rego. lari sulle nostre teste! Questa bassa terra, dove cotanto si travagliano i figliuoli degli uomini, ell' è proprio un atomo verso di voi che siete altrettanti immensi soli, novelli mondi ciascuno irraggiando! O annunziatori della grandezza di Dio, voi poggiate costassù in maestoso silenzio ; ma cotesto silenzio è linguaggio intelligibile ad ogni generazione uomini, basta che il vogliano inten. dere la è una voce ben compresa dovunque la crosta terraquea nutrisca abitatori. Si percorrano le lande più deserte, si pervenga agli ultimi lidi della terra; non v'ha luogo nell' universo mondo che allo splendore di quella incomparabile potenza si possa involare. L'orgoglio umano, l'umana ragione si perde vinta, e, come virtù che a troppo si confonda, confondesi in voi rimirare, o astri, maraviglia delle maraviglie create: certo chi vi creò doveva essere ed è onnipotente. Chi altri per avventura potette mai crearvi se non il Creatore dell' universo?

O mio Dio! e alcuno de' vostri figliuoli verrà a tanto d'empiezza che creda gli astri partoriti dal caos, dal nul!a? Oh, l'empio stultizzerebbe davvero in sua dispe rata malizia, quando a ciò che non è voglia concedere possanza cotanta! e perfido la dinieghi a Voi che senza dubbio siete, e per cui le cose tutte vennero ad

essere.

Il monastero delle Clarisse di Monticelli sorgeva ad un miglio dalla città, o poco oltre, nel luogo stesso che chiamasi tuttavia con tal nome. Questo pio sodalizio fu adunato pur vivente il santo Patriarca de' Minori, e per le cure anzi di lui vi venne a reggerlo da Assisi la sorella di santa Chiara, cioè suora Agnese (1): la badessa degli Ubaldini, che ora lo governava, era subentrata immediatamente a costei, e seco ivi si teneva due care don zelle sue nipoti. Giovanna e Lucia, sorelle del celebre cardinale Ottaviano (2).

Piccarda in brev' ora pervenne in vista del mona-. stero, quando osservò poco dinanzi a sè una croce sull'angolo del bivio che era formato da una viuzza discendente dalle colline di Bellosguardo. A piè la croce sem. brolle veder persona che orasse: se non che quel corpo appariva sì immobile, che quantunque la luna pienamente. lo vestisse del suo candore, pur non potè a principio ben discernere se persona fosse proprio, od altro obbietto. Quando giunse a dieci passi, una donna s'alzò di colà, baciò la croce e corse bramosa ad incontrare Piccarda.

(1) Santa Chiara ritornò a S. Damiano, di che le suore veggendola ebbono grande allegrezza; perocch' elle temeano che san Francesco non l'avesse mandata a reggere qualche altro monisterio, siccome egli avea già mandata suora Agnesa santa sua sirocchia per badessa a reggere il monisteria di Monticelli di Firenze. » Fioretti di S. Francesco, cap. XV.

(2) Fu uomo di gran governo e d'animo invitto, ma di vita e di costumi piuttosto tirannici che sacerdotali, e tanto fovorevole ai ghibellini, che non curò di far contro l'autorità pontificale in aiuto di quelli. Landino in Dante.

Vedi in fine del volume, nota C.

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Era la pastorella Giovanna che veniva a darle l'ultimo addio su questa terra. Fu casuale, fu per umano procaccio, ovvero da superna illustrazione condotto questo incontro soave? Noi incliniamo nella sentenza che per esso Iddio si piacesse di porgere alla fuggitiva donzella dei Donati un argomento sensibile di suo beneplacito; perciocchè se Piccarda s' involava dalle pompose nequi. zie del secolo, Giovanna pure fuggiva per cansare il cre. scente rumore e le ammirazioni di sua vita ammiranda: fuggiva anch'essa nella solitudine d'una cella. Era per ambedue quelle innocenti un momento sacro e solenne il contegno loro, avvegnachè sempre composto come a vergini onestissime s'avviene, palesava la unanime comunione delle amiche di Dio,. le accoglienze, dico, non erano di maggiore a minore, nè di serva a padrona. Continuaronsi alquanto nei dolci amplessi, ma senza parola profferire; perocchè sì tosto com' elle si abbracciarono insieme la luce della divina sapienza rivelò e manifestò a Piccarda il cuore di Giovanna, e a lei il suo, e così per entro ad essi cuori ragguardandosi, ciò che l'una voleva dire all' altra troppo meglio conosce. vano, che se avesser parlato colla bocca, e con maggior consolazione che se avessero voluto esplicare con voce quello che sentivano nel cuore.

Si rinnovò l'incontro commovente di frate Egidio col santo re Lodovico di Francia, avvenuto a Perugia, come narrano le leggende francescane."

Queste sole parole risonarono per il cheto aere, allorchè le fanciulle giunte a Monticelli si dieder com. miato: Ricordati di me a Dio nel romitaggio di Signa disse Piccarda. E Giovanna a lei quasi profetando: Chi è pellegrino in sulla terra ha bisogno di preghiera, non chi giunse nel regno de' cieli: appena sa. rommi racchiusa nel romitaggio e tu sarai nel regno de' cieli. Allora Piccarda, come dicesse così sia, alzò gli occhi sfavillanti quegli occhi pieni di cherubico sor.

riso

baciò in fronte Giovanna, e ratta si fece alla porta del convento.

Le suore, terminate le divine lodi, s'erano raccolté nel parlatorio con trepida espettazione. Quando ebbero la fanciulla tra le braccia le gratulazioni, le carezze furono ineffabili ed infinite. Le più distanti alzavansi in punta di piedi, sollevavano le lucerne per vedere la perseguitata e coraggiosa giovanetta; le più vicine contendeano vivamente, facevan quasi tumulto per istrapparsela l'una a l'altra, per abbracciarla, per mirarla : e a mano a mano che le une all' altre sottentravano prorompeano in yoci di dolce sorpresa in veggendola sì fresca e sana in sua impareggiabile formosità, dove all'udire delle molte sofferenze da lei durate, e non le sapevano tutte, si pensavano dovesse apparire stenuata e cagionevole. Se di leggiadre fattezze sempre era stata insigne la nostra fanciulla, quella notte poi per il lieve affaticamento del cammino, e insieme per la brezza notturna, la sua grazia, la vivacità delle tinte, il fulgore delle pupille la sua oltremirabile bellezza era cresciuta d'assai: parve che l'eterno sposo nell'istante di maritarla a sè colle mistiche nozze, si piacesse d'aumentarle in immenso l'avvenenza, perchè per essa le monache potessero in qualche modo argomentare la bellezza dell'anima di lei. Intervenne così all'antica Giuditta, alla cui abituale vaghezza Iddio conferì nell' ora del ci- ̧ mento uno splendore sovrumano.

Piccarda era venuta coperta d'un manto bruno che le scendeva fin quasi al tallone; in capo e sulle spalle teneva una benda di velluto paonazzo: è chiaro che l' indumento della pia dinotava lo spirito penitente del cuore. Poco appresso quando le ammirazioni e il salutare delle monache fu alquanto quietato, e la badessa le tolse di dosso quel manto e il velame del capo. Piccarda fu vista tutta smagliante d'oro e di perle. Ella aveva sempre mirato con disprezzo queste vanità, ma nell'ora delle

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