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zannato inutilmente le misere spoglie del morto con. captivo, e sopra ogn' altra cosa pieni di orribilità i due sembianti di Simone e di Corso: pure la fanciulla ne sperimentò sollievo.

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Ma Nèlla non si studiava punto a salvarla?

La povera Nèlla vi si adoprò con premura indici. chi oserebbe dubitarne ? ed anzi le lacrime sue e i suoi ingegni ebbero sollecito e felice successo. Perocchè la domane per sua procurazione all' ora di terza una nobile giovane, Gismonda della Tosa sorella di Rossel. lino, compariva a casa i Donati. Fu direttamente introdotta da Simone, al quale dimandò che le fosse cortese di permetterle una visita a Piccarda, cui correva voce per la città essere ammalata. Il ribaldo vecchione si sentì stretto fra le morse; come poteva negare sì onesta e d'altra parte a sè vantaggiosa dimanda? Dissi vantaggiosa, poichè quella visita poteva affezionare Piccarda alla casa della Tosa, poteva esser paraninfa del sì da darsi finalmente a Rossellino. Astutamente fece però sostare ivi alquanto la visitatrice; s'alzò, e trovato Farinata in una sala gli venne sussurrando all'orecchio un rapidissimo comando. Fatto sta che dopo pochi mi. nuti la povera figliuola fu rimessa nel suo letto; ivi Nella tutta serena la custodiva con quella tenerezza ineffabile a lei propria, e lì parimente fu in breve vi sitata dalla Gismonda.

Piccarda dopo due mesi tornò sana e florida come dianzi. Simone non ardiva provocare spiegazioni sulla volontà di lei, e correvano così i giorni e i mesi in una calma affannosa e foriera di nuove burrasche.

Venne il settembre e con esso il fatto di messer Buoso, come abbiamo veduto. Dopo conseguito l' infame intento e arranfiato l'avere del povero cugino, il vecchio volse altrove quind' innanzi le sue mire, e colla usata sua operosità si apprestò a dare una battaglia perento ria alla fanciulla.

Il 1294 è l'anno sacro alla memoria delle fabbri. che grandiose che s' impresero ad erigere nella nostra città: Santa Maria del Fiore, Santa Croce e Santo Spirito furon principiati o decretati in quell'anno, e il primo di questi templi fu fondato proprio in quel medesimo settembre: quanto a Santa Croce fino dal maggio n' era stata posta la prima pietra con grande solennità e convegno di clero, di magistrati e di popolo (1). Per non digredire di troppo dalla nostra narrazione ometto di descrivere quelle feste, che pure fornirebbero bellissimo argomento per dimostrare alla presente generazione la ricchezza e potenza, non meno che la verace pietà degli antichi fiorentini; è mestieri piuttosto tener dietro a Simone Donati.

Poco dopo la morte di Buoso egli prese una mattina i dugento fiorini notati nel legato del testamento a comodo, e andò dal padre guardiano di Santa Croce.

L'affare del cugino è riuscito a maraviglia, rifletteva Simone con certa ilarità rarissima nel suo volto; egli è stato un lavoro magnifico, ma ohe! quando due valenti uomini si danno di braccio a un' impresa, sia pure l'impresa di toccare le stelle, la riesce, si canta vittoria bravo il mio Gianni Schicchi! Ora a te, fraticello stravolgitore de' miei disegni: tu sentirai che padre son io, e a te con tutta la tua paternità spiri. tuale converrà trottar lontano dalla contrada. E se non hai senno t' incoglierà di peggio: abbi senno però e ga. loppa.

Frate Illuminato guardiano di Santa Croce ricevè Simone con buona creanza ed umiltà. Egli era uomo semplice in vista, ma di lui poteva dirsi ciò che allora accadeva, e lo scriveva Giovanni Villani, del cardinale

(1) Era quell'anno gonfaloniere Tingo Altoviti, potestà Pino de' Vernacci da Cremona, capitano del popolo Rinaldo di Manente da Spoleto, i quali con tutta la Signoria assisterono alla cerimonia.

Vedi in fine del volume, nota B.

Benedetto Gaetani il quale in que' giorni medesimi confortava il buon Papa Celestino al gran rifiuto: « uomo delle cose del mondo molto pratico e sagace, e molto savio di scrittura ». Il frate conosceva per fama il nostro vecchio e gli era manifesto di qual lezzo putisse; Simone dall' altro lato sapeva qual uomo avveduto si fosse colui, al quale andava a presentare i fiorini e a chiedere una grazia. Aveva già pensato di dottoreg. giare, al primo abbordo, di etica e di far mostra del pallio di filantropia, chiamata allora cortesia; la quale sia questa o quella dacchè in sostanza non diversano, era ed è una virtù eccellente in mano de' buoni, testimone Dante, che per lo scadere della cortesia preconizzava l'infiacchimento del patrio valore e tuonava a richiamare i cittadini sulle tracce delle repubbliche greche, e massime del sapiente legislare di Agesilao re di Sparta ; era ed è poi un orpello ed una sicumera in dosso al furfante. Lasciamo i primi convenevoli che il vecchio ed il religioso si scambiarono, ed entriamo in cella ad ascoltare i loro ragionamenti.

Queste sono venticinque once di oro coniato che depongo dinanzi a voi, perchè ad onore di Dio e della sua santa Croce ne usiate nella fabbrica nuova: è un granello d'arena, il veggio, padre mio venerabile; ma multa pauca faciunt unum satis.

Oh, gran mercè, messere. Ed io in nome del Signore accetto la vostra caritativa profferta, la generosa vostra cortesia.

Mainò, padre, la non è cortesia che vi si faccia per me; non son uso a vender fumo: quei dugento fiorini li ha lasciati per ragion di legato alla edificata di questa nuova chiesa la buon' anima di messer Buoso Donati mio cugino, che passò a miglior vita all'entrante di questesso mese. Oh, padre guardiano! se voi aveste usanza con meco sariavi aperto che Simone Donati non si fa onore col sol di luglio. Molti sono nella città nostra,

i quali più presto falsadori di cortesia e di religione si ponno appellare, che cortesi, limosinieri e religiosi. Questo presente d'oro io lo reco nelle mani vostre, dacchè voi pure corre voce accogliate simiglianti oblazioni; lo vi reco a nome dell' amatissimo congiunto che per sua bontà istituimmi erede della sua sostanza: altrettanto ve ne recherò poscia io del mio, e poi novellamente altrettanto, e a mano a mano altrettanto, di modo che questi granelli d'arena moltiplicheranno come ben potete comprendere. La carità ai frati e alle chiese è costumanza avita in casa nostra: i cercatori sien testimoni. E guai, veh! se i castaldi o i villani nel fare la lemosina chiudessero il pugno...

Il guardiano ascoltò paziente la lunga cicalata, di cui le sopraddette parole non furono che l'esordio, e la quale noi volentieri per iscanso di noia passiamo in silenzio. Fatta dunque l'istoria delle sue larghezze, delle sue cortesie veraci, e delle sua verace pietà, protestato sè non avere secondi fini in quelle opere buone, egli venne all'ergo e continuò.

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Ora che il ragionare fa ragionare, e ciò che più rileva, fa conoscere le persone colle quali è discorso, ditemi, frate, in confidenza potrò io pregarvi ad essermi cortese di tanto, che vogliate ascoltare, per la maggior gloria di Dio e vantaggio de' prossimi, la manifestazione d'un mio segreto?... e poi di chiedervi una grazia? Il segreto è utile a voi, la grazia ad entrambi.

Fra Illuminato aggrinzò e insieme spianò la fronte rispondendo sollecito: Dite pure, messere; grandissimo anzi sarà il grado che saprovvi, se la gloria di Dio voi promoviate e la salute de' prossimi.

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Io parlo franco ed aperto, soggiunse Simone : quel vostro frate Masseo parmi abbia perduto, quasi direi, il senno, e. . . il senso dell'Evangelio, e d'ogni diritta virtù. . . . Io ho una figlia, fiore, perla delle fanciulle di alto stato, amor mio e vita della mia

Piccarda Donati

Disp. 24.

vita! In lei riverenza a' genitori, a' maggiori; in lei mo. destia da angiolo, cuore dolcissimo, giovialità e letizia senza scurrilità; acutezza d' intendimento, desterità nel motteggiar compagnevole, ma senza villania; beltà di maniere; beltà poi cotale di forme, che poche zittelle la pareggiano in Fiorenza altri vogliono che niuna se non che queste cose della formosità son ciance e bazzecole, ove in ispecie si riguardino secondo il mondo; riguardate secondo Iddio, e' son fregi e doni pur essi da dovernelo ringraziare: ma sovratutto era in lei riverenza filiale verso di me vecchio suo genitore, riverenza e rispetto da non aver pareggio che valesse. Eppure, padre mio! ben dissi, era — eppure questa riverenza e do. cilità comandataci da Dio nel decalogo, ahi non trovo più oggimai nella mia Dina, e venne meno fino dal. l'istante che dessa incominciò a dire sua colpa in sacramento a frate Masseo!

Il padre aperse il labbro alla risposta, ma lo scaltro Donato alzò una mano in atto d' impetrare continuazione di silenzio, e rapido seguitava: In ogni campo al buon grano si mesce il triste loglio; in ogni giardino alcuna erbaccia si vede germinare; il convento de' santi frati che voi dirigete nella via della perfezione, si è un vero giardino olezzante santità squisitissima, è un campo evangelico che porta frutti di vita eterna; ma sunt mala mixta bonis, un solo veh! ma voi ce lo avete un car. done, un rovo degno del fuoco . . . ed io giurerei, continuiamo a favellare da amici, giurerei che d'aspre sgraf fiate e garrimenti avete dovuto più volte castigare questo vostro suggetto; è vero?

No! mio buon cavaliero, non ne ho avuto giammai donde; di grave dolore e maraviglia mi è però ca. gione quello adducete di frate Masseo: egli si è dimostrato sempre un ottimo religioso. . .

E traforello ed intrigante per eccellenza. Ma andiamo, via, qui non ragionate con persona che vada

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