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ramerà forse l'amico lettore di aver contezza della nostra donzella lasciata sì indegnamente in un carcere; e noi che prevedemmo il giu. sto desiderio ci siamo però brigati di stringere in poche parole la trista avventura di Buoso. Quel covo scavato nei fondamenti della torre aveva il pavimento alquanto più basso della stanzuola precedente, per lo che la povera Piccarda scaraventata laggiù affranta dal colpo violentissimo, perdè tosto il sentire e, e giacque come morta. Chi in mezzo al tenebrore avesse potuto mirarla in quel suo deliquio, avrebbe maledetto ad un padre e ad un fratello più spie tati di quanti manigoldi mai straziarono uomini e donne, dacchè fu commesso il primo uccidimento nel mondo.

Esistono però nella terra creature di sì incorruttibile bellezza, sulle quali la traccia della sventura non si manifesta come un oltraggio ma come un bacio; Piccarda era una di cosiffatte creazioni, e per martirii e

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strazii non compariva meno avvenente un'avvenenza diversamente modificata, ma sempre avvenenza, e di sorriso, di fascino eguale. Il suo volto rassembrava biacca finissima, su cui il dipintore vada mesticando la mille. sima particella d' incarnatino; le nere curve de' sopraccigli e delle chiuse palpepre più ben delineate, più vez. zose che mai; le labbra erano tuttavia due filze di coralli pallidetti, poi rosso brune e a mano a mano, quando risensò, fiammeggianti dell' usato schiettissimo vermiglio. Pensate il tremito che ricercolle tutte le fibre al primo vedersi o meglio sentirsi in quella sepoltura!

Quanto più alla vergine si sgombrava dall'intelletto la tenebra di morte, tanto in gran tempesta di pensieri ondeggiava.

Tentò di muoversi, ma le membra peste e dirotte si ostinarono nella inerzia: alzò lentamente una mano alla fronte e la si trovò ghiaccia e bagnata di fredde stille le sembrò stendere la palma sopra una fronda di lauro cospersa di brina. La mano recasi allora al capo da fiere trafitture dilaniato; con isforzo maggiore si tasta poi l'occipite e sentesi la benda e i capelli rappresi di sangue. Scempio maggiore io merito! - pensa la umilissima, e l'occipite adagia nuovamente in certo duro globo (pareva un sasso rotondo) che le scusava il capezzale, e dove duramente offese in cadendo. Gli spiriti bennati non iscorano mai, e se lo scoramento gli tenti, hanno tosto alla mano un conforto che ogni terrena tribolazione addolcia mirabilmente l'immagine dell' Uomo de' dolori. Corse perciò immantinente colla mano al petto a cercare il crocifisso . . non ve lo trova. Sospettò un istante che glielo avessero tolto di lì, ma tosto caccia via il sospetto, e la mano tremebonda ricercane nello spazzo del carcere. Sordida cotenna di muffa brancolando ella trova nell' umido suolo, e involontaria s' insozza le mani: sente a lato alcuni obbietti, che alla curvatura e alla forma cilindrica le sembravano come

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labbri di vasi d'argilla infranti, qualche sasso, qua e là presso le gambe, qualche randello . . l'immagine del Redendore non rinviene. Allora l'ingegno gareggia colla pietà di lei, e si briga di foggiarsi comecchessia una croce. Prende uno di quei randelli, ne prende un altro più breve, si fruga in dosso cercando un nastro per legarli insieme; la croce è formata: il suo cuore batte più dolcemente, chè un'onda di gioia l'ha salutato, come onda che torni a blandire e rinfrescare la ripa. Indi le sorge in petto un celeste entusiasmo, e dimenticando l'orribile sventura scioglie l'inno di saluto alla croce Salve, o unica e diletta speranza dei nati al piangere! Salve, o albero imporporato di sangue regale! tu sei la santa lance dove fu appeso il gran prezzo del nostro riscatto. Salute, mille volte salute a te, o legno trionfale, onor nostro, nostra salute e balsamo nelle tribolazioni!

Ingegnavasi intanto di meglio aggiustare la croce e pensava che, quantunque rozza a quel modo, era il simbolo santissimo che fa dolce il patire; per lo che la carezzava con molto affetto, col grembiale ne asciugava l'umidore e il tanfo, e tratto tratto la si stringeva sospirando al seno. Ma nel pulirne l'estremità dove i ran. delli presentavano certe prominenze, quasi piccole uova oh Dio, la vergine impallidisce, trema, un più fiero ribrezzo di sepolcro torna ad invaderla. Non v' ha più dubbio; Piccarda s' accorge d'avere incrociate due ossa di morto!

A misura che s'ingegna di calmare il commovi. mento, le si raddoppia il tremito; e come da pensiero nasce più forte pensiero, nuovo e più grave spavento la prende, e via balza dalla positura con rapido sussulto, perciocchè seguitando a palpare s'accorge altresì di giacere sopra un scheletro umano Il globo che aveva sotto il capo n'era il teschio, i curvi frantumi erano le costole, i randelli le ossa delle braccia e delle gambe. Lo spirito a sorgere era stato pronto, ma le membra

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della martoriata mostrarono tutta la loro infermità; di che in distanza di poche spanne ricadde ginocchioni nel suolo. E poco appresso non potendosi reggere in sulla vita, declinò il viso nelle palme e all' immondo pavi. mento si dovè abbandonare.

Allora il cuore della fanciulla corse alla madre. Tu sei in Paradiso, diceva, mia dolce mamma; a te come a beata si prega io dirigo la mia orazione. Guarda dove io mi sono ... ma di più agra pena sentomi degna. Ch' io la soffra in pace! Pregala oh alla Consolatrice degli afflitti, mamma, rivolgi accesissimo prego: ch' io la soffra in pazienza questa morte: espia. zione sia de' miei falli propiziazione a Dio per le opere, ah chi sa quali! del padre mio e del fratello. Del padre mio ah, mamma, prega la Madonna san. tissima delle grazie che a mio padre miti e diritti in fonda nel cuore i sentimenti e se morta mi vuole, muoia io ed egli si salvi . . . . Questa morte ch' io la soffra devota ai divini voleri, questa morte

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Un brivido celerissimo a fior di pelle la riprese al pensiero d' una morte cotale. Oh! l'ora della morte è un' angoscia ineffabile. Alcuni uomini fatti secondo il cuore di Dio hanno sorriso in quel punto; altri non meno santi hanno tremato all' aspetto di morte. Piccarda, a cui in tutta la sua pienezza era tornata la memoria delle passate angherie, teneva per certo l'aves sero condannata a soffrire la morte del conte Ugolino. Se temerario fosse il sospetto di lei, ovvero ragionevole e fondato, noi possiamo ben giudicarne dal già discorso. Le ore angosciose scorrevano lente, pure scorrevano, e dal silenzio che più profondo regnava all'intorno argomentò la fanciulla lo inoltrarsi della notte; non poteva dedurlo da un più cupo buiore, chè per questo tra giorno e notte non avea divario in quella tana. Col crescere della quiete universale cresceva altresì nel suo animo la calma: l'orrore di avere uno scheletro accanto diminuiva pur quello, si dileguava per forma che sembrolle alfine di trovare in esso come un caro com. pagno nella solitudine. E ne riedificava, immaginando, il corpo, ne compassionava i patimenti durati e la morte forse spietatissima forse, diceva, il misero fu spento quivi d' inedia o di laccio: e il laccio, dandovi ella del viso, lo aveva sentito appeso alla volta, dirompersi nell' istante imporrato com' era, e caderle sulle spalle. Orò lungamente a Dio, che se pur non fossevi ancora, chiamasse lo spirito del defunto al luogo di refrigerio, di luce e di pace.

Chi sa che la preghiera della martire non schiudesse al misero le porte del cielo?

Dopo sfogatasi e vieppiù nell' orare rinfrancatasi, un'ombra di sonno, come a Dio piacque la involò di nuovo a quelle orribili circostanze. All' egritudine del corpo ed anco a quella dello spirito poco sollievo veramente poteva recare un riposo pieno di sogni sangui nosi; e capestri, e pugnali, e morir di fame dopo az

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