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nari e la roba di Buoso erano a tutta disposizione dei bisogni della chiesa e del popolo. Che volete; tanto i nipoti, diceva, n' avranno abbastanza. E favellava veritiero, dacchè Iddio largo rimuneratore di chi soccorre con ilare volto il fratello, a lui dimolto ogni anno ac cresceva la sostanza. Così nel testimonio della buona coscienza riposando, giunse ai sessanta vegeto e fresco: a lui di vero poteva applicarsi il detto che la sanità in vecchiezza dimostra la continenza avuta in gioventù. Am. malò leggermente a principio, e si mise in letto imperturbato, e pronto a rispondere a Dio: eccomi. Quanto a disporre del suo avere, nemmeno un pensiero : l'anima a Dio, la roba a chi di ragione. Del resto non vuolsi predicare per inappuntabile, chè anch' egli avea le sue fantasticaggini talora, e il suo umore difficile: alcuna fiata si sarebbe veduto in lui rinato il bisbetico zio di Pomponio Attico, ma elle erano inezie che non guastavano il fondo.

I figliuoli di Donato fratello di Buoso erano di natura pacifica e dagli odj faziosi al postutto aborrenti, e se il volgo appellava malefami i Donati, alla casa di Simone solamente non ai Calfucci intendeva di apporre il brutto soprannome.

Lo zio gli amava assai, massime perchè anche eglino erano uomini di misericordia e senza albagia; i nipoti lo riamavano veracemente, e più da ottimo costume di animo benfatto che dall' interesse procedeva in loro que. sto affetto. Saputo del malore che lo aveva colto, furon presti e giorno e notte in servigio di lui. In calen di settembre la lieve infermità si cambiò repente in for. midabile: un colpo apoplettico, rarissimi allora, tolse di subito a Buoso la mente e la favella.

Simone non aveva giammai disperato affatto che delle sostanze del cugino a lui o a' figliuoli non dovesse alcunchè pervenire: confidava sempre d'indurlo a testare ed a ricordarsi anco di loro. Nei giorni precedenti

per riuscire nell' intento lo visitava continuo, più che a parente fosse dicevole si aggecchiva, si profferiva, e con seco i buoni ufficii di tutta la famiglia. La sera però del tristo accidente, e fu la sera del terzo giorno di settem. bre, l'uccellatore cominciò a perdersi d' animo. Venne a casa, per tutta cena domandò un bicchier d'acqua; tolse in mano una lucerna di copioso alimento, e nella sua stanza cupo si nascose.

Madre di casti e illuminati pensieri è la notte all'uomo virtuoso; io non ragiono della notte intronata dallo imperversare della bufera quando Iddio freme irritato dalle colpe degli uomini; di quella bensì che in placida quiete dispiega la dovizia di mille astri che raggiano innamorati alla famiglia umana i loro splendori.

La monaca torna a salmeggiare allo Sposo celeste, o a deliziarsi nella contemplazione di sue bellezze infi. nite; l'anacoreta a pensare gli anni della follia, a detestare e sperare.

L'uomo di studio, colui che ha sani cuore e giu. dizio, nell' universale silenzio raccoglie le sue idee, medita, ordina, dà corpo al volante pensiero, lavora in. somma a giovare i fratelli.

A tutti costoro sembra che l'angelo buono illustri l'intelletto e riscaldi il cuore a virtù ed a retto sentire. Ma per uomini tristi e malvagi come Simone Do. nati troppo è diversa la notte. Per loro si avvera quella etimologia che dice, la parola notte discendere dal verbo

посео.

In quella notte sembra veramente che invocasse le ispirazioni dell' angelo malo: sia che gli antichi abitatori della Persia tremando lo chiamassero Ahriman, sia che Principio malo dicesserlo i Manichei, ovvero Waka-sheeka lo appellino gli Americani moderni, fu ed è insomma sempre il medesimo, l'avversario d' ogni bene. Io sono in odio al cielo bestemmiava meditando;

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ogni cosa, ogni imprendimento mi fallisce o procede a riuscita contraria: chieggo virtù, trovo vizio; chieggo vizio trovo virtù. Ma... dovrebbonlo avere inteso una volta gl' infami che in casa nutrico: son io, io padrone di loro operazioni, della lingua, degli affetti, e non ci vonno intendere ancora! Devono pensare come voglio io: son io alla testa di tutto e mallevadore, io. E quella cocciuta di fanciulla vorrebbe fare, operare da signora di sè? Adagio. Se indole non si sente uguale alla mia, ed ella dee cangiarla, non simularla, cangiarla. Ell' è di mia stirpe, sangue mio, roba mia . . . . Badate se il cielo non mi perseguita! In pericolo è la speranza e poggio di casa Tosinga, ah Dio, questa l'è amara! . famiglia per avere e per consorti la più potente che in Firenze signoreggi: un Vescovo zio di colui che la mia figliuola ributta... briffalda! non la vincerai, no. Odonsi novità del Vescovo nostro: messer Andrea de' Mozzi chiede di andarsene al vescovado di Vicenza. Alle guagnele! messer Lottieri della Tosa Vescovo di Faenza non potrebbe egli fare un salto di là fino a Firenze? Eh, v' ha poco di scherzi da fare, dovea esser Vescovo l'altra volta nell' ottantasei! E allora Tosinghi, Visdo. mini eccetera, signori d'ogni cosa in città, tanto nel sacro che nel profano, in cielo e in terra . . . .

Oh se anche la casa nostra ! . . . . certo il vesco. vado non uscirebbe allora di casa Tosinga o di casa nostra, o al più de' Visdomini, Aliotti, Cortigiani e simili; insomma di casa nostra, che con essi allora noi saremmo tutt' uno. Chi avrebbe fronte allora di farci alto là ? Ma io l'ho detto, la speranza è in pericolo, è lontana, la mercè dell' indocile animo d' una figlia che si ostinano a chiamar virtuosa.

Quella speranza mi fugge: questa di metter le mani sopra un po' di sostanze di Buoso, fuggita già e irrevocabilmente perduta. L'uomo non si desta più: russa e dorme un sonno che è la sfumatura della morte.

Ma pensiamo però !

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Alle volte il pensare mi ha

fatto vincer prove che pareano impossibili; che pareva follia lo sperarlo.

Per cinque ore il suo cervello mulinò false scritture, false donazioni, falsi testimonj, falsi testamenti : un testamento a comodo, sì! Ma come? per opera di chi? E qui stava il duro. Ahriman gli schierò allora dinanzi ad uno ad uno i più furbi barattieri e falsari della città e di fuori; tutte le celebrità contemporanee di quel genere. Quello no; di questo non mi fido; Lapo Saltarelli no, favorisce ora la parte selvaggia (1). Ciacco : sarebbe mestieri invero un homo de Curia; hanno più dovizia d'inventi, di tranelli e di giunterie, ma è un baggiano costui. Bonturo di Lucca: sì, ma sta a Lucca, ed io ne ho bisogno incontanente. Avversa fortuna! se Corso fosse stato qui almeno! oh, quello è l'unico fi gliuolo che mi somigli veramente. Se fosse stato qua, dico, avrebbemi fatto un gran comodo in questa distretta; esso gli conosce meglio di me questa sorta uomini: ma rimani pure costì a Bologna podestà, gli è meglio, tu sei in un bel posto e di speranze colossali; qua farò da me.

Un grave pugno sulla tavola rimbombò alfine nel silenzio notturno: indi una voce eccolo Gianni Schicchi!

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Gianni, soprannominato lo Schicchi, era la vergogna di casa Cavalcanti. Dica pure il volgo che ogni uomo è figliuolo delle proprie azioni; il proverbio è bello ma non consola, e se i cieli ti donarono viso e coscienza di galantuomo tu sentirai sempre che durissima cosa è l'avere consanguinei di fama non buona. E Guido il filosofo amico di Dante, nipote dello Schicchi, se ne ver. gognava e indegnava assai. Erano divisi di tetto e di averi, ma se ne vergognava tuttavia. Simone per abboc

(1) Cioè i Cerchi. V. Dante, Inf., VI.

carsi immantinente con Gianni avrebbe desiderato che le tre o quattro ore che rimanevano al raggiornare passassero in un attimo: invocò il sonno; invano. Venne finalmente l'alba, chiamò Farinata, s'imbacuccò e zoppicando uscì fuori.

Lo Schicchi di lietissimo animo accettò l'impresa e sull'istante medesimo divisava gli uffici. Inutile notò a Simone quello che nella notte aveva rugumato: non false donazioni, non falsi testimoni, non falsi testamenti : verissime dovevano essere quelle, verissimi questi; il giuoco della falsità doveva invece aggirarsi tutto sulla persona. Buoso vivo o morto a sera avanzata si torrebbe di letto con buono gruzzolo di fiorini corromperebbesi Ghello il famiglio favorito con arte si allontanerebbe di camera il prete, il medico, i nipoti e tutti gli altri servitori in questa fingendo che Buoso d'un tratto avesse ricuperato l'intelletto, si chiamerebbe prestamente il vicino notaio e sette testimonj: egli, lo Schicchi, camuffatosi da malato, impiastratosi il viso, falsificatosi in somma per Buoso, metterebbesi nel suo letto.

Il lettore ha veduto il restante. Due cose aggiungo: che premio alla bella impresa fu una famosa cavalla, la donna della torma, che lo Schicchi fece in favore di Simone anche più della promessa: collocato nuovamente al suo posto il povero Buoso, lo soffocò - e Simone presente approvava.

Pietro figlio di Dante, e Giovanni Boccaccio affer. mano vero l'immanissimo fatto.

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