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nica porporina che crispata al collo scende in cannoncelli fino allo spazzo ciscoscritta dalle due linee verticali de' battenti; ti sembra per avventura la testa d'un giu. stiziato che giù grondi una pioggia di sangue e il vecchio di certo sarebbe degno che mastro Impicca gli facesse quel giuoco.

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Alla scansia un uomo d'aria grave vestito di panni neri attende a scrivere sulla prima pagina di un qua. derno. Sette altri uomini seggono a destra o a sinistra della scrivania: i loro volti mostrano che alcuno è in. differente al pericolo in che versa l'infermo; che altri sente un po' di noia per essere stato convocato ad ora sì tarda; che altri prova un po' di cordoglio, ed altri finge provarlo: i loro abiti poi ti significano che uno o due sono cittadini grassi, e popolani tutti gli altri.

È manifesto che trattasi di fare un testamento, e già il notaro preso in mano il quaderno e fattosi presso al letto, con voce che si sforza di rendere solenne legge così:

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» In Dei nomine, amen. Anno salutiferae Incarnationis » millesimo ducentesimo nonagesimo quarto, Indict. VII., die » vero quarta septembris, Coelestino V. summo Pontifice et » Andrea Spigliati de Mozzis Episcopo civitatis, actum Flo» rentiae in domo magnifici domini Bosi de Donatis posita » in via dicta di Porta S. Piero in populo sanctae Marga» ritae et praecise in camera eiusdem domini Bosi, praesen» tibus infrascriptis testibus vocatis ab infrascripto testatore » atque rogatis, etc., mihi bene cognitis etc. etc. videlicet:

» Messer Monaldo de' Compiobbesi

» Cresci di Naldo Angiolieri

» Guccio vocato il Trinca
>> Iacopone di Nerozzo Giunti
» Betto di Cenni beccaio

» Cisti di Bardo fornaio
» Nuccio d' Andreasso tintore.

Messer Buoso! continua il notaro, datemi adunque la norma di questa vostra ultima volontà.

E Buoso con fievole voce interrotta dalla tosse ri. sponde: la grave infermità del corpo non vuole che io mi distenda in lungo discorso, eccovi perciò in due pa role la mia disposizione: l'anima a Dio; il corpo alle arche de' miei maggiori; dugento fiorini d'oro in oro per la chiesa nuova di Santa Croce; d'ogni altro mio avere istituisco e voglio erede universale messer Simone di Sinibaldo Donati mio amatissimo cugino, e dopo lui tutti i suoi figli messer Corso, Forese, Sinibaldo e lor discen. denti in perpetuo. Andate e scrivete.

Il notaio fatto un inchino, come dicesse ho inteso ritorna al banco e impugnata la penna ruotala vorticosa a mano volante sulla carta per disegnare un bel C; di molti rabeschi ai lati e in capo lo fregia, e delle stesse calligrafiche adornezze gli va effigiando alla base una lunga sequenza. Ser Arrigo scrive come appresso:

» Conciossiacosa avvegnaiddiochè nulla siavi al mon» do di più dubbioso et incerto che l'hora della morte » e nulla di più certo che quella, et però chonviene a >> chiunque vive haver del continuo nella mente il pen» siero della morte, spetialmente quando uno è infermo, » e stare apparecchiato, acciò in qualsivoglia tempo che » il Signore ci chiami a sè, truovi che siamo preparati » a quella ricevere et apparecchiati. Hinc est igitur che » tutto prudentemente considerato, il magnificho et no» bile messer Buoso Donati figlio del già magnificho et » nobile messer Calfuccio Donati di questo nostro fioren. >> tino comune amantissimo et virtudioso ciptadino, tro» vandosi oppresso ora et aggravato da malaurosa infir » mitade, ma sano, per grazia di Dio, della mente, in» telletto, vedere et udito, non volendo morire senza >> testamento, acciò dopo la sua morte non debbiano na>> sciere scandoli e piati, et volendo provvedere et di

» sporre de' suo' beni e sustantie, però fece e far fece et » ordinò questo suo ultimo testamento come si dice sine » scripto cioè:

» In primis perchè l' anima è più nobile del corpo, » quella raccomandò, e raccomanda all' Onnipotente Id» dio et alla sua gloriosissima Madre sempre Vergine >> Maria et a tutta la celestial Corte del Paradiso, e la » sepoltura del corpo suo elesse nella chiesa di S. Mar. » gherita nell' archa de' suo' maggiori con quella ono» ranza e magnificentia et spesa che allo herede infrascrî>> pto parrà :

» Item ratione legati et per l' amore di Dio et re» medio dell' anima sua, lasciò e lascia fiorini CC d'oro » in oro per la nuova Chiesa da edificarsi al luogo dei » frati di Santa Croce.

>> In tutti gli altri suoi beni, mobili, immobili, et >> semoventi, nomi, ragioni et attioni di qualsivoglia » sorta tanto presenti quanto futuri, suo herede univer>> sale istituì, fece et esser volle, e con propria boccha, » sano di mente come sopra, nominò il nobile messer » Simone di Sinibaldo Donati suo amatissimo cugino et » chonsorto, e dopo lui i figli suoi messer Corso, Forese >> et Sinibaldo e lor discendenti e successori in perpetuo. » Così come sopra dispose et volle, e non altrimenti » nè in altro modo; et hanc dixit esse suam ultimam vo» lunptatem, et quam et que etc. et si jure Testam etc. et si » jure Codicillorum ete. et si jure donationis causa mortis » etc. etc. valeat etc. etc. etc. omnes et quas vis alias cassans » et annullans, Rogs. etc.

» Ego ser Arrigus olim Benintendi civis ac notarius » publ. florent. rogs. in fide subscrp. etc. »

Impugnato il timbro notaiesco lo affumica, ed appiè del suo capo d'opera fortemente lo imprime.

Ser Arrigo ben sillabicando legge incontanente ad alta voce il testamento: ciò terminato sta bene; è questo il mio ultimo testamento, dice messer Buoso: a Disp. 23.

Piccarda Donati

voi rendo grazie infinite e ai testimoni; ma il male s'ag grava, gli oggetti mi s' aggirano davanti nebulosi . andatevi con Dio ch'io pensi in pace all' anima mia. Notaro e testimoni in un istante sono nella strada, ansiosi d'andarsene a trovare il letto.

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Che ridere è questo? Il muso dell'usciolo sghignazza, si apre la imposta e venuto costui al letto del giacente gli dice bravo Gianni! a maraviglia.

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Che si vede mai? L'infermo slancia a piè del letto le sarge, si getta via di testa la cuffia, e in piedi balzando snellissimo esce in una risata da carnevale. Il famiglio posa la tazza, ed anch' egli perfido ridendo segue Gianni e il vecchio nella stanzetta dell' usciolo. Oh qui davvero giace un morente: un morente, guardate, similissimo a quello che in sè Gianni pur ora falsificava.

Che vuo' tu, gli è vivo ancora! dice il vecchio stringendosi nelle spalle. E Gianni a lui: riponiamolo nel suo letto, poscia a me starà il terminare la faccenda. Ghello fammi lume, ch'io mi rivesta e mi lavi il viso da queste unzioni.

Gianni si lava, si riveste in un attimo, e recatosi in ispalla l'infermo lo va rimettendo sul letto della camera dov' egli prima giaceva.

Allora dentro l'ambito de' cortinaggi si ode di repente un gemito susseguito da un singulto rantoloso, poi silenzio. L'infermo è morto.

Buoso Donati discendeva dal sangue stesso di Si. mone; suo padre Calfuccio o Guelfuccio, fratello del padre di Simone, dava cominciamento al ramo de' DonatiCalfucci, i quali ancora, ai tempi di cui teniamo favella, s'eran partiti in due famiglie, e l'una, cioè Buoso, abitava nel palazzo (1) che avevano in via di porta S. Piero (oggi il Corso) di fronte alle antiche case de' Ricci e de' Porti.

(1) Questa casa dei Donati aveva due torri, una dirimpetto a via dello Studio ed un'altra accanto alla volta di S. Margherita.

nari. Due o tre nipoti nati dal fratello di Buoso forma. vano la seconda parte Calfuccia e stanziavano da San Biagio in altra casa pur dei Donati; giacchè molte per la città costoro ne possedevano. Questi nipoti erano pertanto i soli e legittimi eredi di Buoso che moriva senza figliuoli; a Simone e suoi niente doveva scadere, ma Simone non volle intendere la bisogna così.

Il truffatore trovò modo che tutto invece a lui di scendesse il pingue retaggio del cugino : quaranta poderi e case! Il modo fu esecrando come lui, ma

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Prima di raccontare del modo, un'altra parola di schiarimento sopra Buoso ed i suoi nipoti. Quegli buon cittadino e buon cristiano se ne stava solo nella casa già detta, teneva poca magnificenza di stato, e sopratutto pochissimi servi. Qualche maligno lo proverbiava perciò di taccagno; ingiusta imputazione, perocchè ove si fosse trattato di alcuna pubblica beneficenza messer Buoso andava fra' primi per generose largizioni e talfiata strabocchevoli dei poveri tenerissimo quanto altri mai, e senza lustre farisaiche erano le sue misericordie: un familiare d'incorrotta fede deputato alla distribuzione gior. naliera; un altro a indagare se povere famiglie vergo. gnassero distendere la mano; questi d'ordinario erano ghibellini o devoti a case ghibelline, i quali nell'abbassamento e cacciata della parte conducevano tapina l'esistenza. E caso mai a sera l'uno o l'altro limosiniere avesse notato al padrone che grande di soverchio fosse stato il numero dei chieditori oh tanto meglio! ri. spondeva tutto lieto; e badate bene, senza distinzione: a Ebrei ed a Samaritani, a guelfi ed a ghibellini; nel Vangelo non trovo distinzione. Il prete di Santa Margherita avesse pure accennato non dimandato, i de

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