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consisteva quel battagliare: in dosso breve tunica e strettamente succinta, in piè calzari leggerissimi.

Si dà il segnale; si scagliano le barche a viva forza di remi e di pertiche: sparita è l'onda di mezzo: s'incrociano, si frangono i remi nel primo scontro : s'urtano, si riurtano i legnetti e s'ode il sordo cigolare delle interne costolature. Diritti su gli estremi orli ghermisconsi a vicenda i lottatori, e qui colpi da sfondare le costole, urti, conati orribili e perigliosi affine di trascinarsi prigioni. Le sponde e il fiume risuonano frattanto di ev viva e di battimani ora a questi ora a quelli, secondo che meglio l'una parte o meglio l'altra provasse. Dopo lunga ora di questo accanimento i bianchi prevalevano : avean cacciato oltre la meta dello stile nove o dieci barchette gialle; ma o che quelli più avessero sofferto negli arnesi di remeggio, o che men destri fossero i loro remiganti, cominciarono per la più parte ad esser giù portati lor malgrado a seconda della corsia e a percuotere fieramente nella linea delle barche di soccorso. Queste a qualunque s'appressava bianco o giallo che fosse menavano di punta e di colpo le pertiche pareano i diavoli di Dante al lago della pece bollente : — di che i bianchi travagliati di fronte e di costa furon messi in iscompiglio. E non solo e' non potettero proseguire la caccia, ma per non restare essi medesimi i prigionieri doveronsi limitare alla difesa, e ingegnarsi intanto a ri salire la corrente per indi con maggior vantaggio ritor. nare alle prese.

Un plauso generale ora salutava i beccai.

I bianchi alla lor volta ne provarono tutta l'onta: il perchè rabbiosi cacciaronsi all' assalto anche prima che lor fosse riuscito di rimontare in luogo favorevole. Maggiore che non i primieri fu l'impeto di questo accozzamento, e questa volta sì gli uni che gli altri non poteron contenersi dal brandire anche qualche frammento di pertica, onde avvenne che qualche testa fu ammaccata

o pesto qualche naso. Mirabili prove fecero i gialli, esaurirono le risorse tutte di lor destrezza e gagliardia; ma il valore de bianchi alla perfine li soverchiò sti furon gridati assolutamente vincitori.

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que.

E qui musica a distesa, e le donne a spargere nembi di fiori sul capo sanguinoso e sulle spalle livide e con. tuse de' vittoriosi, i quali sbarcarono e saliron primi allo scalo che aprivasi sulla destra riva del fiume. Ma a dir vero invece di musica e di fiori que' giovani avrebbero più aggradito alcune fasce e da bere. Simili, quasi diremmo, ad un povero pittore che con lungo ed operoso amore coltivò il suo dolcissimo studio: egli espose al pubblico sguardo una tela eccellente: si verseranno fiori d'onoranze su di lui, sorgerà una sinfonia di lode! Ma costui ha povera e manchevole la veste, gravi e profonde sono le ferite che gli aperse la mala fortuna — che monta agli ammiratori? È necessario ch' egli si contenti de' fiori e del rumore, perciocchè mai o quasi mai non avverrà che una mano cortese gli getti in dosso uno straccio, gli risani una piaga e molto meno che gli dia un pane quotidiano.

La banda vittoriosa vagò per la città fino allo spengersi del giorno fra le acclamazioni e i concenti dell'ebbro popolo, il quale era ricambiato di sue gratulazioni dallo spettacolo che i più destri fra i tintori gli offrivano in armeggiamenti ed in giuochi, eseguiti principalmente collo stendardo riportatosi in guiderdone. Quando anche questa comparsa fu condotta a compimento le succedette la consueta affissione de' maî.

Ecco i giovani all' opera: il crepuscolo vespertino agonizza, dileguasi e muore nel buio della sera. Le donne per la più parte si sono ritirate alle case: la moltitudine che prima moveva in masse compatte e di lunghissimi tratti, disgregasi ora in piccoli drappelli che vanno e vengono, s'aggirano, s'incavalciano gaietti e frettolosi. Questo garzone gode appiccare il suo maggio alla impo

sta della nota porta; quegli apprestatasi una scala vuol porlo proprio al balcone della stanza, ove colei sopisce la grave cura di lui nel sonno. E poi mille fogge svariate e bizzarre si danno a quegli erotici pegni: quello è conformato a modo d'un cuore nel cui bel mezzo nereggia una ciocca di viole sanguigne, le quali devon significare la immedicabil ferita: questo è stato condotto a corona, e il giovane pensa che possa rappresentare un drago il quale si morda la coda, simbolo della eternità del suo affetto: l'altro maio è contesto e acconcio in fi. gura d'un sole, e vuol dire la sua fidanzata essere un sole di bellezza: altri in altri modi, e quasi tutti adorni di confetti e di ciambelle più o meno squisite secondo le forze pecuniarie degli innamorati. I quali però tutti come d' unanime consentimento dimostravano, senza volerlo, quanto sapiente fosse il consiglio dei poeti di Grecia e di Roma nel figurare bendato in fronte il figliuolo di Ciprigna, cieco degli occhi e della mente.

Non si avvisi però che questa affissione de'maî fino al suo termine andasse imperturbata e giuliva di cantici e di suoni; perciocchè quando pure non avvenisse nessuno sdruscio di farsetti, di frequente compievasi almeno con altro spettacolo: col pugilato; onde a Cupido age. volmente subentrava Polluce. E questo interveniva ognora che due colombi si contendessero una fava; dico ognor che due maggi l'un dell' altro inconsapevoli pretendessero di stare ad un medesimo uscio e per una persona medesima: l'uscio allora il più delle volte rimaneva senza decorazione.

La serata per ultimo si consumava in nuovi e più numerosi balli che, come dice il Compagni, per le vicinanze facevansi: indi cene romorosissime, le quali i popolani imbandivano a vista pubblica fuor della soglia di casa, ei gentiluomini sotto le lor logge; e tanto esse cene si traevano in lungo che spesso il sole, o almeno l'aurora li trovava a mensa. Ma noi certo saremmo di Piccarda Donati Disp. 3.

troppo tedio a chi abbia la pazienza di leggere, se tutti volessimo proseguire i folleggiamenti ai quali questo popolo, baldo di rinascente gioventù, sbrigliavasi in calen di maggio compendieremo piuttosto quanto potrebbesi narrare nelle parole di Giovanni Villani, il quale coll'usata sua schiettezza ci dice che in quel giorno << non << si intendea se non in giuochi e in sollazzi, e in balli << di donne e di cavalieri e d'altri popolani, andando << per la terra con trombe e diversi stromenti in gioia e allegrezza, e standosi in conviti insieme, in desi << nari e in cene. »

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Il giorno vegnente la città fu onorata d'una visita reale. Era Carlo secondo d'Angiò il quale pur allora aveva superato due grandi burrasche: il pericolo ai morte e la prigionia. Nel giugno del 1284, poichè fu sconfitto e preso nell' acque di Napoli dal bravo ammiraglio Ruggero di Loria, era stato rinchiuso nel carcere di Mattagrifone in Messina, e i Siciliani sempre devoti alle memorie di casa Sveva non volean altro che mozzarli la testa, per ripagarlo così di quella moneta onde re Carlo suo padre aveva pagato (1267) l'innocente e prode Corradino. Già i suoi baroni che con esso erano stati presi nella capitana, avean subìto l'orribil supplizio di essere arsi vivi in prigione, onde pel figliuolo del vincitor di Manfredi pareva non vi fosse pur ombra di scampo; e fu cosa invero generosa e ammiranda che questo scampo gli si aprisse appunto da Costanza figliuola di esso Manfredi. Ella che a caso trovavasi colà balzando in mezzo ai sollevati intimò ai capi risolutamente: cessassero di pronunziar sentenza di sorta sul conto di costui: la cosa incombere di pieno diritto a Piero re d'Aragona suo consorte e loro signore : il principe captivo sotto buona scorta si mandasse a lui in Catalogna, ed egli come padrone ne farebbe suo piacere. E così fu fatto, e la morte gli venne commutata in prigionia, dalla quale liberavasi ora finalmente con un trattato. Povero di gente, povero

di moneta passava intanto a fare un saluto tra l'umile e il borioso alla ricca e cortesissima Firenze: poi seguiterebbe suo viaggio a Rieti dal Pontefice per ricevere la corona di Sicilia e di Puglia.

Nei secoli che si son venuti succedendo qualche volta i dinasti di Francia ebber grata memoria dei benefizii ricevuti dai Papi quando i Papi disponevano di reami in pro' di costoro, come si dispone d'un impiego in pro' d' un bisognoso; qualche volta al contrario gli hanno ricambiati collo spogliamento e le catene ; ovvero pur fingendo proteggerli, hanno fatto scudo ad altri perchè a man salva gli spogliassero e straziassero.

I Fiorentini, cioè i guelfi, vedendo in Carlo o credendo di vedere un sostegno a parte guelfa, oscillanti sempre fra l'occidente e il norte, lo ebbero accolto a grande onore. Dal comune ricevè inoltre ricchi presenti di gioielli e di moneta, le quali cose ebbesi più d'ogn'altra carissime. Il terzo giorno volle partire, ma aveva un altro bisogno cui voleva indovinassero con quei due o trecento uomini soli temeva forte a traversare il contado di Siena; non forse vi calassero gli Aretini e gli acconciassero la corona in capo pel dì delle feste. E non avea tutti i torti, perchè un po' di romore v'era, anzi per fermo la cosa sarebbe ita per lui in sinistro. Il comune allora lì su due piedi, facendo come chi presta volentieri il cavallo ad un ospite gravoso perchè se ne vada, mandò ottocento cavalieri e tremila pedoni con ordine lo accompagnassero fin presso ad Orvieto. Di là Carlo, giacchè nelle terre del Papa era sicurissimo, congedò con mille ringraziamenti que' cavalieri e que' fanti, i quali si onoratamente, come diceva, lo avean servito. Quivi alla sua volta volle far da generoso, e inviò con loro un centinaio de' suoi come in dono, e a servigio del comune; al quale, sempre per meglio dimostrare il suo appoggio, confermò anco l'onore di portare nelle osti la sua reale insegna. Di quella compagnia fece ca

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