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Alle guagnele, interruppe Corso aggrottando fieramente le ciglia e brandendo il pugno serrato, alle guagnele, n'avevan ben d'onde! Vendetta sì l'onore del cavaliero richiede; il tradimento, il sangue vuol sangue e tradimento.

Vendetta? Oh, di grazia, fratello !, riprese il ve. nerabile Abate, cui un sorriso come di caritativo compatimento aveva infiorato le smorte labbra sotto i mu. stacchi oh, di grazia, che diceste mai, vendetta! La vendetta a me, a me solo, dice il Signore, ed io farò giustizia quando fia tempo da ciò. Ecco vedete la filo. sofia mondana: vendetta! E su che mai si potrà egli confidare che Dio ne conceda il perdono delle nostre colpe se non se nel perdono, che da noi vuolsi dare a chi ci ha ingiuriato ? dimittite et dimittemini! ecco il gran segreto di soddisfare appo Dio tutti li debiti nostri ; questo segreto di maravigliosa virtù ce lo ebbe appreso Cristo medesimo. Comecchè infinita la sproporzione tra quanto l'uomo deve alla giustizia divina e quello che può esser dovuto all' uomo, Iddio si tiene per pagato con la remissione cordiale della offesa. Non vendetta, mainò, fratelmo perdono anzi verace all' offesa, qualunque volta ci prema che Dio perdoni a noi. Haccelo nettamente dichiarato per Matteo se per voi non si darà perdonan. za ai fratelli, e nè il Padre vostro daralla a voi delle vostre iniquitadi. Iddio favella così; ci sarà grave imper. tanto il fare le sue comandamenta? e cui grave sembrasse e faticoso starà bene il dolce nome di cristiano? I veri cristiani non cadono nella turpe contradizione di volere il perdono da Dio ad un tempo diniegandolo altrui. Il fatto che continuo a recitarvi proverà se io parli il vero.

A questa breve apologia del perdono cristiano fatta dall'umile monachello, Corso quel superbo guerriero che avrebbe tenuto fronte a mille aste spianategli incon. tro, abbassò confuso le ciglia, non aggiunse motto. Il vecchio proseguì :

- Solo chi ha veduto l'arrovellarsi d'un lupo o d'un verro selvaggio, che il cacciatore saettò nella coscia, solo egli può immaginare la rabbia che ardea nei costoro petti. Quante volte Giovanni col trafiere sotto le vesti spiò di notte i ridotti ove solea capitare il malarrivato mici. dial cugino! quante volte per coglierlo al valico serenò attendendo le intere notti! Seppe un dì come egli fosse ito alla campagna che sull' imbrunire d'una cotal sera dovea tornare: uscì soletto fuor di porta, inoltrossi all'ora che parveli da ciò pe' lunghi viali degli agrofogli e dei bossoli, e protetto viepiù dall' ombra che ampiamente spandevano lungo il fiume i nerissimi lecci, attendeva : di là infallibilmente dovea passare l'abborrito. Ecco fra breve egli ascolta un lontano scalpito di due palafreni che muovono di portante: un interno presentimento, un fremito di fibre- non già il fremito della tema, quello sibbene che risvegliasi all'aspetto di cosa per forte e lungo desio anelata gli annunziò esser vicino il momento di placare, credeva, l'ombra fraterna. Acquattato tra le spesse fronde tratteneva l'anelito, non batteva palpebra : meditava la evoluzione dello slanciarsi su di lui, pensava alla manovra che farebbe il braccio, segnava il punto da ferirsi. I cavalieri sono a venti passi, ed egli sguaina lentamente il pugnale colla destra; sull' indice della sinistra ne appoggia la punta quasi per accertarsi se ei sia bene aguzzo - ma il sottile guaito d' un levriere che correva dinanzi ai cavalli gli ferì improvviso le orecchie : i cavalieri immantinente sostarono avvicinossi il cane alla macchia fiutando prima nel suolo, indi alzò la testa, sospese una zampa anteriore pur fiutando in aria nella direzione del covo di Giovanni: ad un tratto dipoi levò un altro latrato e tornò veloce al suo signore. I due passeggieri non si contentarono allora di stare in sul l'avviso, ma, tratte le loro scimitarre, si avanzarono di passo fino alla metà dello intervallo che gli divideva da Giovanni; quindi rapidissimamente datala giù per

una viuzza che da quel viale traghettava ad un'ampia prateria, distesero la carriera e disparvero.

Urlò ferocemente il giovane alla scaltra evasione dello avversario, si morse per dolore le mani quando al bagliore della luna ravvisò la torba faccia dell' empio, e ne distinse perfino il fiocchetto di barba che amava farsi scendere giù dal fesso del mento: urlò, saramentò, maledisse alla mattezza di esser venuto colà senza cavallo . . non v'era più tempo.

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A passo incerto allora tornossi in città, si avviò alle case del padre, si raccolse nella sua camera a digerire la bile. I familiari avean dato contezza del suo ritorno al genitore, il quale immantinente lo volle a sè. La stanza dove il padre lo ricevette era un ottagono fuor di mano in un angolo del palagio: era il luogo ove si piaceva ridursi quasi in solitudine, allorchè fossegli d' uopo applicare l'animo a gravi pensamenti. Là prosteso in un seggiolone a bracciuoli, e facentesi puntello alla guancia col dosso della destra, stavasi cupo, pensoso, terribile in atto il gentiluomo. Davanti avea un tavolo di marmo, e sul tavolo era certo globo ravvolto in un drappo di velluto nero adorno di grosse perle: sul fardello poi era collocato orizzontalmente un pugnale macchiato di gocce nerastre.

Entrò il giovane coll'animo disfatto, ondeggiante in una tempesta di mille pensieri, di mille affetti. Nel volto di esso voi avreste veduto dipinta la vorgogna, il cruccio, la tema, il dolore, la disperazione. Entrò, e muto e col guardo ficcato al suolo appresentossi al padre. E il padre a lui, torvo squadrandolo :

Dunque che è?.

plicò d'un tuono più alto.

Dunque che è? re.

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Giovanni non mosse accento. Quindi l'altro anche elevando la voce:

Giovanni!!... Giovanni ... o figlio, sei quel prode garzone come ti chiama la patria, o un vile monello?...

Dopo breve pausa il barone, che fino allora non erasi mosso da quella postura agiata, si aderse avvicinandosi alla lastra marmorea: rimosse il pugnale, svolse lentamente quel nero drappo e - scoprì alla vista un bianco teschio umano. Poscia di nuovo sdraiatosi nel dossiere e stendendo il dito al cranio: Giovanni !

replicò tonando guardalo, e' t'accusa ! . . guardalo; par ch'ei dica: ancora io sono inulto!

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Ah!scoppiò in un rugghio Giovanni — ah padre mio, voi siete ingiusto a dilaniarmi così! . . . ah, non lo merito, padre mio; non son vile.. è il fato che francheggia sotto un'egida impenetrabile l'assassino di mio fratello.

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E qui narrogli l'accaduto di quella medesima sera. Fornitone il racconto egli congedossi dicendo con risoluta Padre, il fato combatte contra di me; io son fermo di cozzare contra 'l fato, ne vada pur rotta la testa: padre! . . . voi non mi rivedrete se non con questo ferro lavato nel sangue di quello infame.

Prese dal tavolo il trafiere, lo collocò sul teschio e distesovi su ambe le palme gridò: lo giuro sul tuo capo, o fratello, e sul ferro che ti spense la vita!

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O giovinetto che sarebbe addivenuto del fatto tuo se mentre ti davi in balia al nemico infernale, come l'orso si avventa a trafiggersi nello spiedo del caccatore, non si fosse levata a tuo soccorso la Iddio grazia? Vanne pure, che quanto più tu perfidii a dannarti, tanto Iddio ti veglia a salute e la misericordia sua. Anche Saulo bolliva in gran disdegno contro gl' innocenti seguaci del Crocifisso come tu dal padre, egli dagli anziani prendea gaggio e commissione di sangue; e baldo cavalcava sulla strada di Damasco, e gioiva nel truce pensiero e pregustava la satanica voluttà delle agonie dei miseri: ma ecco d'un colpo di luce Iddio lo prostra, Iddio che percuote per sanare.

La mattina vegnente uscì Giovanni all'alba ed ac

contatosi con alcuni suoi fidi maturò seco loro i consigli fu stabilito partisse di città dando voce di stranio e lungo viaggio. Era uno stratagemma, un laccio che si appostava al valico del nimico, perciocchè il figliuol di Gualberto erasi ridotto al castello avito di Petroio sulla Val di Pesa.

L'uccisore, scorsi alquanti mesi, ripigliava lo smar. rito animo e credevasi omai sicuro. Usciva a diporto fuor della terra, e a mano a mano osava girsene anco sen. z' armi e senza scorta. Un cavallaro inviato dagli amici di Giovanni giunse un dì al castello dove egli di morava. Giovanni rompe gl' indugi e si mette in cammino, fermo di cercare ovecchè fosse la esecrata vittima; di accopparla, trucidarla anco in pubblica piazza, nulla del resto curando.

Era il venerdì santo (1); e l'aria cupa e procellosa armonizzava colla sacra malinconia di quel giorno ai cristiani memorando. Era giorno di penitenza

ma Gio. vanni ruminava in mente pensieri di odio e di strage. Tutto chiuso in isplendide armi si era partito la mattina sopra un ardente destriero in compagnia d'un servo, e varcate le campagne di Valdipesa, varcato il fiumicello dell' Ema giungeva circa nona al vaghissimo colle della Badia di S. Miniato che sta, come vi è noto, a sovraccollo di Fiorenza. Pallido per lo lungo dolore e le avvenenti forme disfiorato, scendeva a lento passo il cavaliero: in atto di persona che profondo pensa, il capo ha chino, partecipante il moto graduale del cavallo: invano lo lusin. gava l'ameno aspetto della collina e della convalle! A quel suo nebuloso cipiglio avreste veduto sottentrare ta lora una subita vampa d' ira, che balenavagli in viso quando il palafreno del piè smucciava nei vivi ciottoli, ond' era selciato il cammino; il giovane allora d'una buona strappata di morso ripagava il fallo. Poche centi

(1) In quell'anno (1003) cadde addì 26 di marzo, e Giovanni era nel suo diciottesimo anno.

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