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giornata e due soli pani saziarono dopo il vespero venticinque monaci. Venne la dimane, e la neve non che dileguarsi fioccava più che mai ed alzava. In sulla sera rifiniti e barcollanti trassero nell' Oratorio al segno della campanella. << Iddio ci sperimenta, figliuoli, disse il santo, per vedere se come si dee sappiamo cavare provento dalla tentazione: preghiamo, preghiamo al Nome santo di Dio, chiamiamo ad alta voce il nostro Signore che per la sua pietà ci provvegga in tanta estremità e necessità. Oh quante volte i monaci essendo in grande necessità chiamarono a Dio, e la divina provvidenza li provvide nei loro bisogni! Pognamoci in orazione: il nostro buon Padre che nutrica gli uccelli dell'aria non lascerà basire nel digiuno noi che, avvegnadio miserabili, pur siamo suoi servi e figliuoli. » La neve avea sormontato l'altezza d'un uomo per forma che a gran pena i monachelli si poterono dalle cellette traghettare all' Oratorio. Pregarono lunga pezza, poi dato il segno del ritiro rientra rono in cella. Allora, cosa mirabile a raccontare! quattro o cinque lepri furon viste saltellare e fare le passate sulla neve del chiostro; le quali appresso contro lor natura si accostarono tanto dimesticamente ai monaci, che di leggieri poteronle prendere e farne un po'di cucina. Ma che volete, signori? que' monaci d'allora non erano come me, erano tutti di grande santità; per lo che quando il cibo fu imbandito non v'ebbe alcuno che stendesse la mano alle abborrite carni. Che fecero? era il pien della notte tornaronsi in chiesa a cantare le divine laudi lieti e contenti per ciò, che se il corpo era digiuno, lo spirito era stato satollato e yigoreggiava per lo cibo dell' opera buona. E lì chiaro si parve la verità dello evangelico detto, come non è solo il pane che fa vivere l'uomo. Quando terminato il mattutino uscirono novellamente per coricarsi, affine di non cadere di sfinimento e di stanchezza, videro nuovo portento. Udivano il monaco che era posto all' ufficio della porta gridare ad alta voce:

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aspettate, buon giovane! aspettate, buon giovane! Il perchè mossosi alcuno per colà vide che il portinaio recavasi in collo un' ampia tovaglia piena di finissimo pane, e diceva come un maraviglioso garzone avesse portato sì gran tesoro di vitto in quella tovaglia, e che voltato un po' l'occhio eragli sparito pur prima che potesse dirgli : << Dio ve ne renda merito. » Ma sapete chi era? Iddio che è somma pietà avea riguardato la fede e il fervore di cotestoro, e aveva inviato un angiolo a satollarli. Nè qui ristette il miracolo della divina tenerezza, perciocchè nei giorni appresso durava salda la neve i guardiani degli armenti e delle greggi che erano qua e colà per le capanne volgendo gli sguardi a questo Eremo ispirati dal Signore dissero infra sè: forse che i poveri monaci della Vallombrosa per la neve tanto moltiplicata non hanno il bisogno loro e conseguentemente potrebbero morire di fame! E sospinti dallo spirito di Dio tolsero alquanti pani e vaselli di vino: e quinci e quindi messisi in via con grandissima difficoltà pervennero quassù, ed ebber trovato che vera era la immaginazione loro circa la stremità nuovamente sopraggiunta della vittuaglia. Allora il santo padre Giovanni, considerando la grande misericordia di Dio e carità di costoro, disse ai figliuoli: << figliuoli miei carissimi, insino ad ora noi abbiamo pregato Iddio che ci provvegga nella nostra necessità; siamo stati esauditi: però a Lui si conviene riferir grazie e gloria, ed altresì orare per costoro che ci hanno pasciuti delle loro limosine, e per tutto il popolo cristiano. » — E per sì grande fervore e divozione tanta grazia concedette Iddio ai monaci, che molti, ad esempio di loro, lasciarono questo cieco mondo e fecero grandissima penitenza.

A questa narrazione Piccarda era rimasta come assorta nella dolcezza della grazia divina piovutale in seno smisuratamente. Non avea lasciato libero il freno al respiro, non avea mosso palpebra; e poichè il monaco Piccarda Donati

Disp. 17.

ebbe posto fine al suo dire ella si asciugò una lacrima sospirando e dicendo fra sè: oh, quanto tarda anche a me l'abbandonare questo cieco mondo!

Allora messer Corso aiutato dal suo diavolo tutelare, indovinò i pensieri che dovevano agitare la fanciulla, e paventandone i resultamenti : andiamcene, disse, qua fuori sotto i faggi a godere un po' di quest' auretta montagnuola, finchè non venga l'Abate. E detto e datone l'esempio, tutti in breve uscirono, tranne il siniscalco e i donzelli. Ma le donne veduto di costa al casolare un piccolo Oratorio del quale era chiuso l'usciale, v' entrarono e si posero ad orare con vivissima fede.

Non vorrei che questi monaci e le loro pie fin. zioni; non vorrei che questo Eremo col suo bello orrore diceva frattanto Corso a Rossellino passeggiando e squassando la testa non vorrei dovessero farmi mala. dire l'ora in che mi vi portai! Già glielo dissi al vecchio egli s'ostina a medicare il veleno col veleno; lo vedrà dove poi il fatto anderà a riuscire. Ci vorrebbon catene, ed egli adopera frangie di seta.

Rossellino taceva pensoso, e i suoi pensamenti erano lungi mille miglia dall' orbita che divisava il compagno. Rossellino era un giovane, direbbesi oggi, di buon fondo; sensibile, ardente, un po' scapestrato se vuoi : ma l'aspetto della verità e della virtù rendevalo mansueto e pio come un novizio cappuccino. In mezzo al turbinio delle imprecazioni e dei giuri di Corso il giovane cavaliero della Tosa con grandissima calma pensava : E pure sono io uno stolto! come potrassi altramente diffinire quell'uomo che agli eterni ordinamenti s'ardisce ricalcitrare? O verità, o errore: non vi ha ragione mediana . . . Questa è un'aura di Paradiso, è l'aura stessa che spira dal labbro virgineo nella mia Dimia? no, e non mia per ciò stesso che spira l'aura degli amici di Dio e me ricinge l'atmosfera fangosa del secolo ! . . . . Ti lascio in pace, bella vergine,

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ma il labbro mi trema, mi trema il cuore e dogliosamente mi sanguina! Iddio lo vuole . . . ma senza te bruma desolante, aridissima landa il mio cammino futuro. Senza te? oh, crudel senza, mi sei fiele alle labbra, al petto.. mi sei arsenico nell'anima !

E qui suo malgrado gli occorrevano in mente gli sdolcinati trasporti di Cornelio Gallo:

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Quae bene superas lac et lilium,
Albamque simul rosam rubidam
Aut expolitum ebur indicum ;
Pande, puella, pande capillulos

Flavos lucentes ut aurum nitidum:
Pande, puella, collum candidum
Productum bene candidis humeris!

Pande, puella, stellatos oculos,
Flexaque super nigra cilia:
Pande, puella, genas roseas
Perfusas rubro purpurae tyriae.
Porrige labra, labra corallina;
Da columbatim mitia basia;
Sugis amentis partem animi !
Cor mi penetrant haec tua basia!

Saeva, non cernis quod ego langueo?

Sic me destituis jam semimortuum? (1).

Ma un pensiero più santo sovvenivagli nell' istante e imperioso all' altro pensiero gridava: no! mille volte no . . . . O fango, o cielo: o vizio, o virtù imperi virtù

Messer Forese che si era da loro alquanto spartito, ritornò dopo breve intervallo annunziando la venuta dell' Abate.

A passo grave e lento procedeva il venerabile uomo, tratto tratto sorreggendosi ad un bastone che nella im

(1) Dai Frammenti lirici attribuiti a Corn. Gallo.

pugnatura aveva come una gruccia, la gruccia rituale degli Abati. Teneva raccolta al petto la manca mano,

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là dove in doppia lista scendeva la bianchissima barba, la quale da lontano in mezzo alla grigia tunica spiccava reverenda. Semplice e sincero il tratto; pallido e scarno aveva il volto, forte marcati i lineamenti come quelli dell' uomo nato con gagliarde passioni passioni da

lungo imbrigliate per imperio di virtù, e per l'amore vivissimo e vero di Dio e degli uomini. Pervenuto dinanzi agli ospiti ed augurata la grazia e la pace del Signore, gl'invitò ad entrare la chiesuola: farebbero un saluto alla Vergine santa, poi parlerebbero. S' introdusse egli pel primo e gittatosi d' un colpo in ginocchio, baciò il pavimento, e in atto di pregare giunse le mani.

Piccarda che si era posta pur genuflessa rasente alla destra parete del tempietto, rimirò sottocchi il santo romito, e le corse per le membra un brivido, quel brivido

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