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Mi sanguina il cuore a scrivere il seguito dello snaturato colloquio: andiamo però a ritrovare Piccarda e Nèlla.

Piccarda, non vi prenda sgomento, è quieta e tranquilla, e adora il severo ma sempre divino ordinamento; calma come l'angelo custode d'un infante di latte! Il dipintore cristiano si piace disegnare l'angel guardiano con lunghe penne e quiete dietro gli omeri, con occhio vigile e soavemente inchinato sopra colui, che Dio gli comandò di custodire il labbro in sull' aprirsi a favel lare, la fronte serena del sereno dell' empireo, e le chiome sopravi discriminate alla nazzarena e ondeggianti sul collo, e sui dossi superni dell' ali: disegna stretta al collo, insegnamento di medestia, la veste rosata, succinta ai fianchi, fluttuante e protesa all'estremo del piede: e Piccarda così, ove n'eccettui, che il labbro di lei è aperto non a porgere ma ad implorare soccorso e guida. In quella fronte serena l'uomo saggio dei misteri dell'anima avrebbe detto leggervi i pensamenti di chi tutta sua fidanza ripose in Dio: i pensamenti di una di quelle anime dell'Alighieri che dicono a Dio d'altro non

calmi ! Non t'importi se altri ti aiuti o ti persegua; questo t'importi che Dio sia sempre con te in ogni cosa che t'intervenga. Abbi buona la coscienza, e Dio ti sarà usbergo qual vuoi perversità non potrà nuocere a tale che nell' aita di Lui si francheggi. Taci e sopporta, e incontanente tu ne vedrai il soccorso: il tempo e il modo di liberarti lo sa l' Onnisciente: gettati di gran cuore nelle braccia di Lui. A Dio l'affrancare l'umile, a Dio il liberarlo da ogni confusione! Vuo' tu placare cotanta vampa d'ira? scendi volente nella polvere della umiliazione, e Dio cuopre del suo manto l'umile, lo careggia, lo rallegra e, se patì la sua depressione, di grazia e di gloria più fulgida lo abbella dipoi. L'umile sta in pace dopo la confusione; la confusione non potette attristarlo, fu il giacchio lanciato in vano: quegli era in Dio, cioè

fuori del tiro di questo mondo. Abbi buona coscienza e sarai sempre lieta e tranquilla. Gloriati sì, anima mia, nella tribolazione, non è peccato; tu ti glorii nella croce del Signore. Non saresti più buona se dagli uomini fossi blandita, commendata: non sei più vile dinanzi a Dio perchè gli uomini ti vonno invilire.

Di tal forma ragionava secostessa l'ammirabile giovane riparata nella sua cella: colà erano la buona cognata e Forese. Lo sbigottimento, il crepacuore che investì la misera Nèlla all'udire le feroci parole del suocero fu tale da ucciderla di colpo. Bella antitesi era a vedere! Piccarda tranquilla e serena, la cognata in uno spasimo mortale.

Se due cognate si amasserc come Nèlla e Piccarda si amavano, attrarrebbero nelle case gran parte di beatitudine del cielo.

Il consueto pallore di Nèlla si era mutato in vermiglio, e quel vermiglio ai pomelli delle gote più forte appariva. Esse gote si emunsero d'un tratto e inaridirono insieme con gli occhi, chè sangue e lacrime ed ogni umore si raccolse al lago del cuore per fermentarsi in nuova febbre. Stette seduta lunga pezza: gli omeri sul dossiere, le mani conserte sul petto, gli occhi dolcemente intenti se immagine d' umana creatura è da porsi a paraggio colla immagine della Vergine tutta santa, tu l'avresti assimilata alla Madonna del Sassoferrato. Scossasi d'un tratto esclama:

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Me sventurata! andar secolei non mi è dato ; il vincolo del maritaggio mel divieta: lasciarla andare così m'è morte...

Non vi pigli sgomento, mogliema, ho trovato il rimedio anderemo ambidue con lei. Oh no, neanche io vo' vedere la mia cara sorella per fante ad un vil. lanzone, e se lo vuole il padre che invecchia ed invizia, se lo vuole quello strano di Corso nol voglio nè lo tol lero io in lei questo vilipendio.

La gentildonna tutta assorta ne' suoi pensieri non poneva mente al favellare del marito, laonde ripetè : Lasciarla andare così mi è morte!

Anderemo ambidue, vi dico: gridò più risoluto Forese. Allora essa girò attorno lo sguardo trasecolata come chi insperatamente ritrova il tesoro: mandò libero un gran respiro e soggiunse:

lare.

Dite davvero, marito?

Così ci aiuti Iddio, com' egli è vero il mio par

Ma potrete voi acconciarvi ad una ragione di vita tanto diversa? Lasciare gli agi di casa dico per amor di voi, non di me.

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Lasciare gli agi di casa Simone Donati, e pigliarsi quelli di casa Forese Donati e di Nèlla sua ricca mogliera. Pensereste avesse io fatto proposito di mangiare il pan di fave de' contadini (1)? Voi andate di troppo lungi dal mio avviso. Noi sloggeremo da queste mura di sevizie e di turpitudine e condurremo via Piccarda; ma di subito faremci ad un tempo consegnare le vostre castalderie e le vostre ragioni di credito dotale : i gioielli e tutte le robe le abbiamo negli armari e ne' for. zieri: andremo in campagna alla migliore delle ville che pur ora avete redato dalla buon' anima di vostro padre, e lì terremo gran vita. Oh, che delizia la campagna! la campagna, ancorchè altri non abbia vena poetica, la mette indosso per guisa che un Pindaro rimane indietro mille miglia con tutto il suo immensusque ruit ore profundo!

La donna balza in piedi e di grandissima foga si slancia ad avvinghiare il collo alla fanciulla, di baci e di lacrime le ricopre il volto: era una tenerezza a ve.

(1) « Domina Nella uxor fuit huius (di Forese) honestissima et sobriissima: vixit cum marito ita guloso, quod est maxima laus, et etiam post mortem eius satis juvenis retinuit viduitatem faciendo multa bona pro anima mariti. » Così un antico postillatore di Dante.

dere. Forese nella orgogliosa compiacenza di aver trovato un ottimo partito richiamava Nèlla all' attenzione; voleva quest' attenzione tutta per sè e gridava porgete ascolto io dunque manderò immantinente un cavallaro a dar contezza al castaldo delle masserie di Valdipesa e un altro a Gioseppo castaldo di Mugello, affinchè tengano bene in assetto i palagi nostri; noi appresso sceglieremo il soggiorno che più saracci in grado. Stasera all'ora prima di notte andremo da messer Simone e gli apriremo netto il nostro divisamento. Si maraviglierà, infurierà secondo il suo solito, e noi saldi: ferme veh, donne! Ma dite, Nèlla; che abbiamo noi bisogno di messer Simone? Il vostro avere è tale e tanto che di leggieri uguaglia l'avere di casa Donati.

Quello che tornerà gradito al cuor nostro, riprese Nèlla, si è che alla campagna potremo condurre la vita più immune dai pericoli delle grandi città: gli esempi di mollezza corrompono il cuore.

In città l'aria è malsana, infrollisce le membra e corrompe il sangue nelle vene alla villa avvi un' aria di balsamo, un'aria da camparvi la vita di Matusala.

ין

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Qui gli animi enfiati d'intollerabile superbia od occupati d'insaziabile avarizia o d'invidia: le parole, opere, i modi e le spiacevolezze dei cittadini quante e quali elle siano, e come stomachevoli noi lo veggiamo di frequente.

In campagna è un vivere da angioli, tutti in pace: i contadini docili, obbedienti ed amorosi ti recano le prime delizie a primavera le covate delle merle e delle avelie, poi vengono i capretti di latte..... indi eccoti i tordi.

Di Dio, dell'anima, della vita avvenire giammai non si favella dentro queste sale di marmo : qui sempre tra splendide mense; il precetto del digiuno cristiano, tenuto per nulla e le misere foresi se oggi ricorra il digiuno nol romperebbono per cosa del mondo, quantun.

que jeri sera non abbiano avuto nulla da cenare; e tu vedi spesso una povera madre o una figliuola priva di pane corporale, andare a ricevere il pane degli angioli per attingere forza e pazienza a sostenere la fame del corpo. I villani massime se montagnuoli corrono volenterosi al pascolo della divina parola, e la sera della festa i vecchi ti ritornano sul sermone udito dal sacerdote ed ai fanciulli fanno le amorevoli sposizioni.

I fanciulli all' estate vanno a scovare i leprotti ed usano tal destrezza che li acchiappano di netto; indi vispi e allegri li portano al padrone. Poi le starne, poi le beccacce . . .

...

Tra lo splendore dell' oro e dell' argento i grandi scordano il tremendo chiarore dell' ultima candela. Più tardi al freddo i beccaccini . . .

- Lungi dalla superbia della vita cittadinesca si sente meglio dentro dall'anima ciò che più le approda per l'asseguimento della vita eternale: nella quiete del bosco e del campo meglio si disaminano i desidèri del cuore e meglio si temprano. Spesse fiate i desidèri impel. lono a immoderati movimenti e lordano il cuore ; la vista del viver semplice degli agricoltori stingono ivi e purgano questa contaminazione.

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L'aere fresco e sottile de' monti purga ancora le immondezze della lingua, e le papille del gusto così rinettate sentono più intensamente la squisitezza del vino. Meglio il campagnuolo può usar fermezza nel resistere al malvagio talento de' sensi: meglio ingegnarsi che l'appetito si sommetta alla ragione.

Poi l'esercizio del corpo, che ivi più di frequente facciamo, sgombera e schiuma le soverchie e cattive ma terie: di qui un appetito sublime. L'esercizio, oh l'esercizio, ed io ne ho mestieri, conserva mirabilmente la vita, accende il vigor naturale, fortifica ogni virtù del corpo ... Non di corpo, mio buon Forese, favelliamo del

l'anima!

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