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maestro che avea disegnato: sè pure esser vecchio ed esperto nel giuoco: il messere ai suoi giorni avere speso qualche ora ad apparare la ragione canonica, sè essere stato continuo tra l'armi. E non si moveva.

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Allora il Vescovo temendo non il pessimo esempio sgagliardisse i suoi gridò con voce ferma: non maravi. gliate, compagni, per lo niego del conte; ciò che segue, tutto segue per ordine mio.

Questo ripiego mise in opra a'suoi giorni Silla e innanzi a lui aveane usato lo strenuissimo Tullo Ostilio! a questi fece ottimo riuscimento, e que' romani alla buona vi prestaron tutta fede; per Guglielmino in parte fallì: i più prossimi avevano inteso troppo bene la faccenda. Il perchè veggendo le prime file titubare, pel timore non si propagasse l'avvilimento balzò innanzi con lieto volto e fidente gridando: seguitemi a raccorre la preda : Disse e colla spada fece un gran segno di croce sulle schiere.

A fianco di Guglielmino cavalcò il Capitano Buonconte: innanzi a tutti procedeva Guiderello da Orvieto alfiere dell' insegna imperiale; dietro si mossero gli ottomila pedoni rincorati anche per le esortazioni degli altri caporali. Il polverio sterminato che inalzarono concorse viemaggiormente ad accrescere la caligine, ond'era ingombro il cielo in quel giorno di lutto.

Corso Donati da lunga pezza ardeva di sferrarsi a rinfranco de' suoi consorti: or guardava fiero le genti d'arme che lo circondavano, or fremeva irresoluto, vol. teggiava col suo cavallo nero com' ala di corvo e di gran cuore, guardava da lungi quel furore attentissimo ai movi. menti, agli arresti, agli avanzamenti; vedeva scavalcati i cavalieri, scalmati i cavalli sotto cotanto peso di ferramenti, imbarazzati e imbarazzanti i pedonia lance lunghe in quella che volendo sostenere i cavalieri, traforavansi per le or dinanze, e n'erano malmenati ed infranti. E veramente quando un esercito è scompaginato, quando il fante leggiero trovasi a fila col catafratto, quando l'uno dee brandire il paloscio, l' altro la partigiana, questi la sci. mitarra, quello accanto la picca; quando il cavaliere dee rattenere i fendenti della lunga ronfea per tema di non uccidere l'amico che pedone gli combatte alla destra è una vera immagine dell'inferno, ove non è ordine di sorta, ma confusione e orrore interminabile. Il fiero Donato ripensava d'altra parte il comando severissimo: non si movesse senz' ordine, pena la testa.

Eh, che testa, alle guagnele? sclamò quando scôrse avanzarsi lo stendardo imperiale. « Compagni, se « noi perdiamo io voglio morire nella battaglia co' miei << cittadini; se noi vinciamo chi vuole venga a noi a << Pistoia per la condannagione »> (1).

Detto fatto. Si ficcan violentissimi pel piano descrivendo una linea diritta che andava a formare un ret

(1) Gio. Villani, Cron.

tangolo con quella che, marciando contro la schiera nemica, facevano i pedoni ghibellini. Ma questi li han prevenuti d'alquanto spazio e sì aggrupperebbero alle spalle dei cavalli amici ove mille quattrocento uomini freschi nol contendessero. I quattrocento pavesari che prima si erano a bello studio ritirati, quivi si distesero ratti per fila, una intrepida barriera opponendo: i cinquecento picchieri appostaronsi dietro, protendendo oltre quelli le lunghe lance e giuocandole di punta; altrettanti arcadori girarono a destra per saettare il fianco sinistro degli avversari, come la brigata di Corso al primo impeto scombuiava il diritto.

Fin d'ora la faccenda cominciava a volgere in peggio per i prodi aretini. La riunione che agevolmente poc' anzi avrebber potuto effettuare più non fu possibile per loro, e ciò li travolse a rovina. In niun luogo combatterono interi, scrive Lionardo Bruni, ma i cavalieri soli e di per sè senza sussidio dei pedoni, e i pedoni poi di per sè senza sussidio de' cavalieri. Nè meglio se la passavano di presente essi cavalieri; l'audacia aveali spinti ed immorsati di troppo tra le file de' guelfi. Guillaume prendeva a fulminarli per ogni lato gridando senza posa ai provenzali: par le flanc gauche! par le flanc droit! heurtez! Maghinardo da Susinana accortissimo guidatore di gente, il quale stavasi tuttavia co'suoi trecento bravi ro. magnuoli sul destro corno de'fanti, quando videsi in punto di serrarli davvero, mandò pregando il capitano de'pedestri, Malpiglio Ciccioni, desse opera di biforcare le sue genti; avrebbero stretto i cavalli nemici come in una gran forbice di ferro e tagliatili a pezzi: egli di colà, il Baschiera di rimpetto li piglierebbero a spalle, non n'uscirebbe alcuno. Il savio avviso fu accettato. Duravano tuttavia i cavalieri aretini a prevalere, ma orrendamente decimati anch'essi. Quelli di Barone si battevano pur gagliardi, o meglio diremmo disperati, dacchè sembrasse loro non potersi da piena dirotta liberare tra breve. Messer Guil

laume allora accontatosi per brevi accenti col Mangia. dore, staccava dugento cavalli per afforzare le linee de' pavesari e de' picchieri che all'urto poderoso degli ottomila Aretini appena potrebbon reggersi un'ora che non piegassero sopraffatti e sbaragliati. Dante e Rossellino seguivano Guillaume il quale tutto grondante alla guancia si era fasciato alla meglio con uno straccio di gualdrappa e parea non curasse il dolore; messer Barone ritiravasi -da un lato co' malconci cavalieri a piglia. re un respiro.

La mossa additata da Maghinardo, eseguita con sommo accorgimento dai caporali pedestri, riuscì a meraviglia. Aperta la gran forbice, assicuratane la base con spessissimi ordini, e col parapetto delle salmerie rincal zata, de' fianchi interni fecer testa infrangibile e salda. S'avventano come pantere ai lati de' cavalieri, giù li trabalzano e tale si è la furia onde le due teste convergono unanimi alla rivinta, che dopo un'ora d'accanita battaglia furono spenti e stritolati quegli Aretini; pochi dai brevi intervalli de' fianchi poterono ripararsi a salvamento. Bido del Baschiera Tosinghi, bel giovane che in un col padre opponevasi allo scampo dei fuggenti, fu il primo di sua brigata che cadesse trafitto: non moriva sul campo, ma giunse appena a toccare il domestico suo letto. Meno sventurato! potette avere gli ultimi ufficii del sacerdote e della inconsolabile sposa.

Lo spazio che fu teatro a questa prima parte del combattimento era seminato di cadaveri e d'armi. Rifugge invero l'animo a dover narrare la svariatamente orrenda immagine di morte, che spaziava in quel cerchio di piano. Cavalieri estinti e lacerati giacevano confusamente sopra, sotto o appresso gli esangui cavalli: braccia e gambe scer. pate, mani monche con esso le ferree manopole, occhi squarciati, penziglianti dalle nude occhiaie, mascelle sghangherate, capi fessi con le cervella impiastrate alle chiome: quale ha tuttor nella gola la cuspide della partigiana

che per morte cascava di mano all' uccisore nell'atto che a quello recava la morte; quale per due conversi e simultanei colpi toccati al bacino dell' elmo avvi il cranio compresso e contrito: a costui un manrovescio di mazza ferrata ha sfigurato, annullato in volto l'immagine di Dio: ventri malmenati dall' ugne de' cavalli, sdrusciti, perdenti le minugia, e sangue e putridame : e poi le diverse e orribili giaciture de'morti, chi col viso appuntato nella melma sanguigna, chi inarcati nel dorso, stringenti pugni di terra nella lotta estrema tra la vita e la morte!

Di maggiore spavento e di pietà era la vista dei feriti. Povere madri aretine, valdarnesi, e fiorentine: povere madri italiane! Dimembrati e nuotanti nel proprio sangue, all'orribile aspetto i loro figli aggiugnevano la compassione di vederli per anche fra strazi crudeli, ardenti di sete, morenti di sfinimento per non avere chi loro fasciasse quelle trafitture per le quali versavano irreparabilmente la vita: non v'era chi il sangue sopra grommato ne sciogliesse con acconci argomenti e ne le. nisse lo spasimo, chi ne tergesse il sudore: disagio di posture, deliqui, gemiti, strida, mugghi profondi che ai tonfi delle mazze calanti su i cimieri e sulle ferree armature, facean bordone funereo, il cielo intronando di uragano infernale.

O angeliche Figlie della Carità, onore del nostro secolo, quanti di que' giovani avreste voi sottratti a presentissima morte! Quante piaghe bendate, quanti cuori di dragone resi miti come agnelli con la parola che piange e che consola, con quella piacevolezza che incanta; rimondati nella contrizione, rialzati nella speranza, par. toriti all'empireo! Suona tuttor fresca la fama dello zelo eroico eroismo di quel vero: - testimone la Tauride, testimoni gli spedali d'Europa, i campi e i baluardi d'Italia tuttor fumanti di sangue. E il mondo anche a voi per le bugiarde effemeridi oserebbe gettare in volto il fango della ignominia ?

Piccarda Donati

Disp. 10.

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