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comune di Firenze. In tutti, mille seicento cavalieri e diecimila pedoni, secondo Giovanni Villani; secondo il Compagni i cavalieri sommavano a mille trecento sol

tanto.

In uno di quei giorni, piegava il sole all'occaso quattro messaggeri per gran corso trafelati, a brevi intervalli giungevano al portone del castello di Romena; parevano i nunzi delle sventure di Giobbe. E l'uno disse: messere Alessandro, argomentatevi della difesa, i nemici son qui, infiniti di numero, farnetici di rabbia! Crescevano belle le spighe nei vostri terreni... v' hanno spinto gli affamati cavalli ... ... un tramite non vi è rimaso in tatto. E si stracciava per dolore i capelli.

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Appena costui aveva finito di parlare, e il castellano forsennato correva a dar gli ordini, ecco il secondo grida affannato da lontano fermatevi ... mio signore: oh Dio, l'armento vostro tutto fino ad un capo... ucciso dai ladroni guelfi! Un vitello non v'è rimaso: appena son campato io...

Maestro Adamo! maestro Adamo, salva il morto! gridava a gran voce Alessandro.

Ed un altro nunzio o signore, che badate?... Su, la gente in arme: animo! ve ne prego per Dio, salite gli arcioni . . . o le porte spranghiamo . . . I guelfi hanno sfrondato tutte le vigne... hanno acceso i pali per rosolare le carni de' vostri bovi.

...

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Maestro Adamo! Brutti gaglioffi, mel chiamate il maestro? Maestro Adamo, salva il morto. Se grano e vino se n'è andato, se l'armento delle vacche tutto è stato rubato e morto, oh almeno il tuo morto salvacelo, Maestro Adamo! Fosse qui Guido da sè almeno... Adamo, salvaci quel santo- quel morto, il solo che possa farci rinascere a vita ... buona.

Il quarto ambasciatore a cavallo con gli sproni confitti nei lombi dell'animale saliva l'erta tempestando, sprazzando scintille. Signore, vi son duro messaggio!

i vostri bei puledri si lavavano alla riviera, e i nemici... oh ma non è nulla; ahi, quest' altra è dura! Messere Aghinolfo alla guazza del Casalino: ... egli e tutti i falconieri caduti prigioni.

Alessandro fratello di Guido e d'Aghinolfo rimase fulminato. Come l'ubriaco, o come chi sia preso dalla spasmodica contrazione del trisma egli moveva i labbri a favellare, ma la parola non usciva. Stavasi immoto sulla soglia quasichè ivi i piedi avesse inchiodati. Muggiva, smaniava ossesso dal demonio dello spavento e da quello dell' avarizia più d'avarizia frenetico che di paura. Dopo lungo sforzo potè dire con fievole voce: Adamo! chiamatelo... - Un uomo di gelate sembianze, curvo degli omeri, fuliginoso, lercio tutto impassibile al turbinio che facevano i berrovieri, alle smanie, a' lai intercalari d'Alessandro veniva alla costui presenza.

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Il conte gli si avvinghia al collo e racquistata d'un tratto la favella, con blanda voce dicevagli: O caro in

comparabile maestro, metti in salvo que' santi; que'santi col fiore, che Dio santifichi l'anima tua! — In meno che non si fa un giuramento falso tutto sarà sicuro, tutto in salvo, messere: salvassimo così l'anima noi! - Gran mercè; ripigliava il conte. Andiamo, chiudete le valve, calate i panconi e le bertesche; gente d'arme, su, ognuno al suo posto, su da bravi alla difesa, o siamo morti tutti. Oh chi sa Guido ... E insano corse ad una nicchietta che era in mezzo ad un pilastro del cortile. Prese un brano di carta, penna ed inchiostro e quivi sul desco de' famigli cominciò a scrivere. La più parte de' genti. luomini d'allora, mi pare d'averlo accennato, a pena con tutta la tranquillità dello spirito sapevano scrivere una lettera, e Alessandro non era certo de' più franchi; onde tra per lo tremolare del polso e per l'ondeggiare della mente, se cosa di buono potesse scrivere sarà leggieri il considerarlo era un furioso vergar di parole e un cancellarle al medesimo tempo. Per soprappiù gridava di tratto in tratto pur seguitando a scrivere, e diceva: sellate il più gagliardo stallone ... Guasparrino, armati ... porterai queste lettere... Ma che scrivo io? e qui un frego generale non hai tu visto piena di mala ventura che ci diluviò addosso? Va' da Guido, dal vescovo, ciò che vedesti racconta: vola, fa' volare il soccorso... tutto, tutto quanto lo sforzo conducano !

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Guasparrino il più agile ed avveduto cavallaro della rôcca fino dal primo trambusto avea messo in acconcio il suo morello, non mancava che porgli la briglia. Saltò in groppa, si slanciò fuor del portone. Tuttochè grave di ferro egli ed il cavallo spronava disperatamente giù pel ripidissimo sentiero in un batter d'occhio fu al piano; allora volava davvero disparve. Alessandro tenne dietro al maestro, il quale per eseguire l'ordine si era messo dentro uno scurissimo andito che gli antichi chiamavano bocca di lupo: di lì passarono in certi covi scavati sotto il massiccio delle fondamenta, e ripieni tutti

di fornacelle, mantachi, crogiuoli, ancudini, martelli e strettoi.

Gli sgherigli intanto lavoravano alacremente sotto la direzione d'un capitano di castello. Diedero in prima una rovistata alla falsa braca ed al fosso: i denti di questo e le cunette rimondarono dagli sterramenti ond'erano imboccati ove alcun tratto di scarpa mancasse vi ripa. rarono con isbarri: traverso le bocche dei sentieri subal. terni gittarono tronconi e rami; furon bilicati gli ordigni alle macine dell'entrata maestra, i soccorsi di fianco messi in buon punto, sbarrato diligentemente il portone, unti di grascia i canali della grande cateratta. Passarono alla rivista de' merli, de' parapetti e di tutta la corona suprema del muro i ricetti dei difensori e le guardie di ritirata furono restaurate e sgombre da inutili attrazzi; ogni cosa raggiustata, rinsaldata, messa in assetto di difensione. Nella chiostra bulicava una gran turma di soldati, di sgherri e di donne di sgherri. Tutti intorno a grandi acervi di ciottoli d'Arno s'arrabbattavano ad empirne corbe e panieri, e su li portavano alle ventiere de' merli, a' piombatoi, alle bombardiere. In brev'ora dal fondo del fosso alla cima della gigantesca torre il ca stello fu tutto intorno provveduto e munito: ogni feri. toia avea l'uomo parato a sostenere l'assalto, gli arcadori erano agli spaldi, i frombolieri alle banchine.

La mattina appresso gli uomini che stavano in guar. dia sul battuto della torre, per gl' intervalli dei castagni dominanti videro spuntare le picche de' guelfi: volgono gli occhi a tramontana e mirano giù per i ripiani accampata la schiera grossa de' cavalli di grave armatura : più lungi una frotta di cavalleggieri correnti verso i bor. ghi di Pratovecchio e di Stia: la gente di Corso e di Maghinardo posava alle sponde del fiume: tutte le fanterie scaglionate a cavaliere de' dossi circostanti.

Alessandro veggendosi da sì smisurata forza costretto e cinto rinnovò la disperazione de' guaiti. Interrompe

valo il ribaldo d'Adamo, e continuando un discorso da lunga ora incominciato diceva: messere, voi v'avrete la vergogna e il danno; così potessi io improntarvi due o tremila uomini da guerra, come in poche ore a suo tempo ristorerovvi del dannaggio che ora n'avete. Che è poi dar loro trecento o quattrocento pezzetti di quella lega coniata? Sono io per avventura Phul o Haagenti, i de. moni che hanno potenza di trasmutare il rame in oro? Oh per demonio se' desso!

Che sì, e'sono una bella roba que' fiorini!! voi ne sapete la componitura; tre carati di mondiglia, il resto oro perfetto. E volgevasi da un' altra banda ghignando il risolino del furfante. Dopo lungo duellare fu dato lo scatto all'equilibrio; l'avarizia del nuovo asino di Buridan fu vinta dalla paura, ma la vergogna e il dolore ricadde tutto sopra il capo del barattiere.

Sì mandiamo a riscattarci, deliberò finalmente Alessandro; anzi n'anderai tu medesimo. Togli trecento fiorini della meglio imitata impressione: appresentati a que' feroci e ingegnati d'ammansarli.

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Se persona al mondo s' ebbe mai a pentire di aver dato un consiglio, certo si fu questo malarrivato bresciano quel consiglio era il sasso lanciato in aria dal pazzo. Rifiutavasi bellamente, allegava scuse, ragioni, chè sebbene di poco senno era di molta lingua minacciava anco a mezz' aria di svelare l'arcano, ma ricacciavasi ben presto la parola in gola, quasi la gola medesima ei si sentisse stringere dal capestro.

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Finiamola! disse per ultimo il tristo, cui era balenata un'idea da far pentire il padrone della insistenza di quel mandato; finiamola, dacchè mi fate la onoranza di confessare non aver voi persona, la quale meglio di me sia destra a menarvi questo trattato. E accostatosi all'orecchio susurrò: purchè sieno trecento di que'buoni. Purchè per ogni buon rispetto tu vada guardato

da due barbute!

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