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i monti di Camaldoli e della Vernia, di fronte le belle colline di Poppi; a destra poi giganteggiale la catena del Pratomagno. Tale si giace il Campo-Aldino, campo infame di fraterna strage, le cui glebe accolsero in un sol giorno tremila cadaveri.

Quando imbrunisce l'aria, il villano, che per giun. gere al suo abituro è costretto di traversare la valle malaugurata, si fa il segno della santa croce, e affrettando il passo mormora la preghiera dei defunti: se di giorno vi debba passare la vecchia che va al mercato, guarda inorridita il terreno rossastro e al nipote che le viene a lato lo mostra e dice: quelle zolle all'antica furono inzuppate di sangue umano, e vi s'è rappreso tanto che dura tuttavia. Lo sciocco ride la mellonaggine del villano e della vecchia; ma non è egli vero che le contrade dove giacquero un dì Sodoma, Gomorra e le altre peccatrici città erano di leggiadra natura, rallegrate di cielo sereno e di gran tesoro d'acque limpide e d'alberi e di mèssi e d'augelli? Se non che il lezzo di loro fornicazioni era salito al cospetto di Dio, laonde scesero gli angioli colle spade affocate e tutto arsero il miserando paese: accennarono agli abissi, e quelli si squarciarono eruttando putride onde d'asfalto. Quel pudridame dura e durerà fino all' estremo dei giorni, monimento ai venturi delle abominazioni di quei popoli.

Chi sa non abbia voluto nelle zolle di Campaldino mostrare Iddio quanto siagli in odio lo scempio fraterno?

O sapienti del secolo, andate piano a dannare di stoltezza la mente del villanzone: appunto tracotanza di stolti è spesso la vostra sapienza, per lei non sono agevoli a congetturare le cose della terra, no anco le cose che ha tra' piedi e dinanzi agli occhi discerne a gran fatica (1)!

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(1) « Et difficile aestimamus quae in terra sunt, et quae in prospectu sunt invenimus cum labore. SAP., IX, 16.

Molte generazioni passarono in mezzo a quel piano e niuna ebbe ardimento di maritarvi al pioppo la vite, non romperne coll' aratro la superficie: la credevano una terra maledetta -o sacra per tanta carne battezzata ivi distrutta: ora l'industria che non cura superstizioni vinse l'incanto; spinsero colà i bovi e il vomero: crocca elmo irrugginito, si frange un' asta o si sgretolano gli scheletri; che importa? Il grano e la vite, dice il bifolco, verdeggiano più rigogliosi dove fu sepolto il carcame.

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Scende la notte: e il poeta s' inoltra a passi lenti col liuto sul braccio. La luna disvela l'argentea sua faccia è l'ora della poesia. Tempra i tendini, medita le note del cantico della gloria: tocca, e le flebili corde rispondono pianto. Prende allora un pugno di quella terra e al cuore se l'accosta: è lo stesso che appressarla ad una roccia di granito... Cessa addentato da inestimabile cordoglio, indi all'estro invano stimolato succe dendo un subitaneo furore, alza lo stromento per infrangerlo al ginocchio. Ma un buffo di vento ha scosso le fronde dei salci che lunghesso il fiume bruni crescono e malinconici: colà dirige i passi e mutato divisamento appende ai rami la dolce lira, e avvalla la fronte pensoso, e nel cespite siede addolorato.

Perchè taci, o doloroso? gli vanno dicendo alcuni. Oh, perchè sulle argute fila non canterai la gloria e i trionfi della patria?

E il poeta perchè, fratelli, mi getterete sul volto il fiele della ironia ? e le cocenti parole usurperete del vincitore babilonese? I figli d' Israele erravano muti o sedevano piangendo lungo le sponde dell'Eufrate, ai salci appendendo i salterii: gl'insultavano i superbi e diceano ai vati: perchè non cantate la canzone di Sion? Ed essi a loro, essi che altero e santo serbavano il petto nelle mi. serie: per la terra straniera noi non abbiamo cantici (1):

(1) Psalm. CXXXIV.

ed io a voi per la gloria non vera io non ho inno di esultazione, ma pianto!

E piange il poeta, e al suono incomposto delle corde agitate dal vento s'ode favellare così: Oh se la virtù mi avessi e lo spirito d' Ezechiello profeta! io pure sono nel campo ripieno delle ossa degli uccisi; io pure alto griderei aride ossa, ascoltate la parola del Signore, del Signore, che vuole infondere in voi lo spirito, e vivrete!

E sopra di voi farà nascere i nervi e crescere le carni; e sopra di voi stenderà la pelle (1).

Al candido lume di questo pianeta vedrei allora il grande trameschiamento dell'ossame e ne udirei il sordo cigolio; l'osso accosterebbesi all'osso, ciascuno alla propria giuntura.

E volto novellamente lo sguardo su per lo campo, nascer vedrei i nervi e le polpe, e morbida e bella vedrei distendersi la pelle.

E all' imperio della profetale parola in quei corpi entrerebbe lo spirito; riavrebbero vita e sui piè surgerebbero, esercito infinito.

Io non sono Ezechiello, non tenterò l'Eterno chiedendo il miracolo; non leverò la voce per isvegliare i dormienti da' loro sepolcri: l'eco mi rimauderebbe la voce per derisione.

Ma venite al campo di morte, dirò alla generazioni, piangete con me e guardate, o figliuoli degli uomini: queste ossa sono i forti di due tribù d' Israele, essi perirono tutti in un giorno di rabbia.

Essi morirono della morte de' prodi e le loro spade fur poste sotto i loro capi, argomento d'onore; ma l'onore perì non nato, perì col sonito che dieron l'armi, cadendo, sul petto.

Perchè penetrava fin dentro l'ossa la loro iniquità;

(1) V. Ezechiel, XXXVII e altrove.

la iniquità di straziarsi l'un fratello con l'altro fratello, come i catulini della jena nella spelonca natia l'un l'altro si cavano il sangue.

E non alzarono gli stocchi per ributtare Assur o Faraone dai violati confini : figliuoli di Giacobbe alzarono i ferri per tingerli nella jugulare dei figliuoli di Giacobbe.

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Ah! perchè li brandirono, e in petto accolsero la rabbia dei figliuoli della jena? . Il favellare del giumento, che non ha intelletto, saria stata la loro risposta nell'ora di quella ebbrezza.

Nell'ora di quella ebbrezza l'anime aveano bollenti siccome la lava di Napoli; siccome la lava che folgorante riversasi dal vulcano.

Ma posciachè per volger di giorni congelossi nell'arse campagne la lava, ecco che vasi e fregi l'industre artefice ne forma e simulacri.

Oh, se la virtù mi avessi e lo spirito d' Ezechiello profeta!mirate, ai risorti sclamerei, mirate ora che lunga ala volse sopra di voi il secolo!

Ed i calmati spiriti con voci lagrimose direbbero lor colpa: sì, congiurando negli odj forestieri, le strade appianammo alla rovina d'Israele!

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Come l'Eterno maledisse a Caino; così ebbe maledetto ai novelli fratricidi.

E come Ei pose un segno di spavento in fronte al maledetto; così nella vampa del suo furore pose un segno di spavento sopra queste ossa.

Questa terra fu maledetta e tinta di sanguigno a spavento dei venturi; questa terra che aperse la bocca a bevere il sangue dei caduti di spada fraterna.

Maledetto chi ne fu la cagione! Maledetto chi frange il diritto colla forza!

Benedizione a chi soffre per la giustizia; gloria e benedizione a chi muore, e non patteggia coll' ingiusto. Piangete e guardate con me, o generazioni che siete

e che sarete; lamentate un carme lugubre, perchè i fratelli hanno ucciso i fratelli !

Questi pensieri a me s' alternano in mente, se alcuna volta m'avvenga di passeggiare su quel piano funesto, sulla polvere stessa di coloro che baldi di gioventù, luccicanti di argento e d'acciaio scendevano allora dalle alture, e piegando a manca entravano a disertare le cam. pagne di Guido signor di Romena, allora potestà in Arezzo.

A'di due di giugno sonate le campane a martello, l'oste de' Fiorentini s'era mossa, e tralasciata l'agevole strada del Valdarno per dove avea dato mostra d'incamminarsi, fecero passare il fiume alle bandiere che, come fu detto, erano a Ripoli, dirigendosi al Pontassieve. Sul monte al Pruno sostarono due o tre giorni per ragunare tutte le legioni e le diverse amistà. L'insegna reale l'avean data a messer Gherardo Ventraia de' Tornaquinci: Amerigo il barone di Carlo d'Angiò era stato preposto al comando supremo dell'esercito e pure i Fiorentini in quelle poche settimane che con lui avevano usato potettero bastantemente accertarsi come quegli fosse d'animo fiacco e ignaro di guerra: uno chevalier brillant e nulla più. Ma la mattezza del forestierume è antica, ed egli, invano opponentisi i buoni, dovette essere capitano generale. Il comando dei cavalli fu dato a messer Barone de' Mangiadori franco ed esperto cavaliere che era venuto da San Miniato con validissima gente a piè e a cavallo. Ed oltre ogni credere prestanti di valore e belli di leggiadre armature erano i seicento cavalieri fiorentini, e molto agguerriti i dugento uomini d'arme pistoiesi condotti da Corso, che in que' giorni era stato fatto potestà di Pistoja. Venivan poscia i dugento cavalieri lucchesi e i dugento bolognesi: e buoni erano quelli con. dotti da Malpiglio Ciccioni, que' di Siena, di Volterra e di Prato gagliardissimi i trecento fanti del romagnuolo Maghinardo da Susinana; impetuosi e svelti quelli del

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