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giovanetta, e ti amai: ti rividi all'avito castello, e più cocente mi prese amore!

Il filosofo dice che le creature destinate ad amarsi ricevono, prima di scendere quaggiù;

cevono della creatura che ameranno :

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la impronta ri

Gl'insipienti discredono aver lui penetrato questo mistero celeste, e gli dicono villania; ma il filosofo ha ragione.

Il cuore dei convitati diffondevasi nei trescamenti bacchevoli dello epitalamio e della beffa; il mio batteva furioso parea volesse frangere la sua chiostra e unirsi al tuo.

Poi trepido mi ascosi nel viale dell' odorifero boschetto; io vi stava per fruire degli occhi a bell' agio la divina tua beltade.

E tu bella d'eterei vezzi e onestamente lieta givi a diporto il riso del cielo e della terra sulle vergini tue guance brillava.

Gli augelletti infra' rami ti salutavano in lor favella; l'aura dolce con lene mutamento aleggiava intorno a te. Tu frattanto dinanzi a me fermasti i passi, e mi aspettava un raggio delle tue pupille: ma elle si chi. narono sovra un bruno fiore!

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E colla sinistra raccogliendo la fluttuante veste, graziosa in atto il fiore spiccavi dallo stelo.

Oh foss' io un fiore! dissi in mio segreto: lo dissi quando sul cinto dalla banda del cuore lo ti ponesti. A destra e a manca la rosa rideva in tuo cammino; e sull' ali degli zeffiri ti mandava la rosa il suo profumo.

Quando ritorna maggio le verginelle cittadine si adornano di rose: e di rose le incomposte chiome si ghir. landano le forosette.

Anche le Camene sui poggi ascrei cantò l'antico vate degli amori, anche le muse educano con istudio la rosa dalle belle foglie.

E tutto che di sue spine trafigga le tenere mani delle ninfe, le ninfe anelano di cogliere la rosa.

Il velo umido oscuro della notte tolgono le rosate dita della Aurora; essa viene sul balcone d'oriente cinta di rose bianche, di vermiglie rose e gialle.

Oh, perchè, bella Dina, scegliesti il bruno giacinto? Oh, le rose della vita perchè le posponesti al fiore della bara ?

Io t'amo e Platone parla il vero; lo dileggi a suo talento lo stolto: io t' amo, io nacqui a te; mi sei ingenita nell' alma!

Tu correvi gaietta dietro una bianca farfalla, simbolo della tua innocenza; e lunga ora corresti indarno. E lo aligero animaletto pur fuggendo volea rimanere tua preda; e innamorato di te volteggiavati in

torno.

Ma quando, levato snellissima un salto, lo facesti prigione il tuo prediletto fiore inosservato ti cadde dalla zona.

E tutta eri intesa ad ammirare il niveo pulvischio delle aline, e sorridevi ingenua il papilione mostrando alla compagna.

E amorosa lo accostavi alle fragole del labbro; e di tenerezza atteggiata lo baciavi.

Oh, perchè non era anch' io una bianca farfalla? una bianca farfalla simbolo della tua innocenza?

O giacinto, perchè non sei la rosa d'amore? o giacinto, qual mistero di duolo in te s'asconde?

Deh, perchè, bella Dina, scegliesti il bruno giacinto, Oh, le rose della vita perchè posponesti al fiore della bara?

E quivi Rossellino baciò e ribaciò mille volte l'appassito fiore; lo si calcò teneramente sulla bocca, poi con somma cura adagiosselo sotto la tunica dalla parte del cuore. E il viso piegando sulle palme, e il dosso delle palme appoggiando nel letto, sospirò meditando

lunga pezza; indi levossi risolutamente e veloce discese nella sala dell'armi.

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I moderni signori nei vasti recinti di lor dorati palagi hanno una sala con grandi finestre messe a tersissimi cristalli di Murano e di Parigi, ornate di superbe tende di tessuto pellegrino. Sul pavimento vi fanno sten. dere i più bei tappeti di Germania che siano in prezzo: ai quattro lati lungo le pareti vi addobbano morbidissimi seggi che chiamano divani e ottomane poltra imitazione dei poltri costumi degli orientali. A mezzo una parete è appeso un telaio di legno lucido, entro il quale con simmetria sono verticalmente disposti certi piccoli astili adorni di ebano e d'avorio al piede, e in cima difesi da un dischetto di cuoio ben congegnatovi. Nel muro che sta di fronte a coteste mazze vedesi altro ordegnetto, il quale porta orizzontali e paralleli due aghi di ferro brunito, ove sono inanellate due tratte di pallottole, l'una tratta bianca, l'altra nera; e a destra e a

manca hannovi due piccoli emicicli con lancetta indicatoria e spartimenti e numeri. Ma in mezzo al salone imbasata sovra sei grandi piedi tu ammiri una vasta tavola, il cui piano ai quattro estremi orli è cinto e soverchiato da un bastone imbottito e coperto, in un con esso piano, di finissimo panno verde. I fianchi e i piedi sono di noce a intaglio di bel disegno con listellini d'avorio o d'acero, e trafori e fregi di bronzo dorato. Ricche poi d'orerie e di cristalli pendono sovra il banco alcune lampade, le quali di notte, quando più è frequentata la sala, v'imitano il fulgore del giorno. Qua ricreasi lun. ghissime ore giuocando con palle d'avorio ai birilli, cui s'ingegnano d'abbattere urtandoli della palla avversaria, e in altre maniere assai giuocando: bello e sollazzevole giuoco se non fosse stato e tuttavia non fosse esiziale ai patrimoni.

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Oh! ma il bigliardo è innocentissimo trastullo, massime pe' signori.

Quand' anche si volesse dire innocuo pe' signori il giuoco del bigliardo, almeno, ove sia loro unico o principale intertenimento, è fatuo e vigliacco: e tra quello e i tornei od altri esercizii strategici, e ginnici onde si esercitavano gli antichi cavalieri, corre tanta diffe. renza giusta il brillante pensiero di Giuseppe Parini quanta ne passa tra la fumea del cannone guerresco e la nebbia della polvere cipria del settecento.

Non credasi per questo che noi reputiamo fatui e vigliacchi in un fascio i moderni signori; tolga il cielo: asseveriamo anzi come Italia n'abbia buon numero che non tralignano davvero da' loro valorosi antenati, che ve n'ha molti d'animo prodi e di braccio : diremo solo che l'educazione cavalleresca degli antichi era più generale assai, e più spartana.

Il salone di compiacenza, della passion dominante dei signori antichi era una vastissima stanza, e talor più d' una, tutta intorniata da rastrelliere ripiene di lance

e lancioni e alabarde e picche e partigiane, mazze d'arme e simili. Le une avevano il ferro aguzzo in cima, da una parte oncinato, dall'altra conformato a bipenne o a mar. tello: altre la lama larghissima a taglio bisacuto, altre a foglia di canna o a punta di baionetta: alcune di queste armi erano semplici scuri, alcune mazze armate di chiodi a capo quadrangolare, e diversi gli astili più lunghi o più brevi secondo le diverse specie di esse lance. Sopra le armi in asta stavano appesi gli usberghi, le corazze, i giachi, i corsaletti, i ghiazzerini: e qua e là per le pareti o su cotali appositi trespoli si ammiravano elmi, barbute, morioni, cervelliere ed altrettali di cento sva. riate figure. E più oltre spade e spadoni a due mani e a due tagli, e stocchi e daghe e palosci e pugnali e trafieri, costolieri, verduchi e coltellacci e poi panciere, gambiere, cosciali, bracciali e manopole: e rotelle, pal. vesi, parme ed ogni maniera scudi. Ai quattro lati si vedevano i trofei degli stendardi e de' pennoni. Nel mezzo erano le armature che difendevano i cavalli; e tu vedevi ferree pettiere a maglia o a piastroni con leggiadri fermagli, dossali e imbrache con borchie e pendenti di fino lavoro; testiere a buffa e senza; collaroni condotti a squamma, come la squamma del serpente boa: breve, ogn'altro argomento là si adunava che la indu. stre immaginazione di que' marziali avesse potuto escogitare a difensione di loro, e del fido animale delle battaglie.

Rossellino entrato nella camera dell'arme si pose ad esaminare con somma attenzione i belli arnesi, e di belli sovrammodo ne aveva la sala de' Tosinghi : per un momento nel suo intelletto la prospettiva delle belliche glorie a quella succedendo dell'amore, componeva il labbro a sorriso. Ed ora intestava uno de'più vaghi, e forbidi elmetti, ora indossava una lorica e tutto vi si brandiva, or toglieva un' azza poderosa e palleggiandola fingeva difendersi da un cerchio di cavalieri, e a quello disegna

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