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Notiamo, in fine, alcune altre parole e frasi dantesche che sembrano tolte di peso da Alberico: IIII. deveni è il divenimmo dantesco:

Io mi raggiunsi con la scorta mia;
Poscia con pochi passi divenimmo
Là dove un scoglio della ripa uscia.
(Inf. XVIII, 67-69)

XII. Deliquit. Dante:

Nel quale un cinquecento, diece e cinque,
Messo di Dio, anciderà la fuia

Con quel gigante che con lei delinque.

(Purg. XXXIII, 43-45)

XIII. Demersa. Dante:

Cerbero, fiera crudele e diversa,

Con tre gole caninamente latra
Sovra la gente che quivi è sommersa.

XV. respiciens... video Dante:

Ed io che riguardai vidi un'insegna ecc.

(Inf. III, 52)

e fiso riguardai

Per conoscer lo loco dove io fossi.

(Inf. IV. 5 e 6)

unus ex illis tartareis ministris: Dante:

Che l'alta provvidenza che lor volle
Porre ministri della fossa quinta,
Poter di partir' indi a tutti tolle.

(Inf. XXIII, 55-57)

minum. Come è umana l'immagine del Cristo che piange continuamente i peccati degli uomini; come liricamente, con le lagrime di Cristo, chiudesi la Visione!

XLV. Nella figura del Catone dantesco c' è qualche tratto di quella del S. Pietro alberichiano. Questi ha canis aspersum caput; Catone

Lunga la barba e di pel bianco mista
Portava ai suoi capelli simigliante

Dei quai scendeva al petto doppia lista.

(Purg. I, 34-36)

Una collana di oro fregia, intorno al collo e al petto, la candidissima tunica di Pietro: Dante dice di Catone:

Li raggi delle quattro luci sante

Fregiavan si la sua faccia di lume,

Ch'io 'l vedea come il sol fosse davante.

(ivi, 37 39)

Non pare che il decorabat di Alberico corrispon

da al fregiavan di Dante?

XLVI. cum reversus fueris. Dante:

E quando tu sarai tornato al mondo,
Pregoti che alla mente altrui mi rechi;
Pjù non ti dico, e più non ti rispondo.
(Inf. VI, 88-90)

E tu, figliuol, che per lo mortal pondo,
Ancor giù tornerai ecc.

(Par. XXVII, 64-66)

Notiamo, in fine, alcune altre parole e frasi dantesche che sembrano tolte di peso da Alberico: IIII. deveni è il divenimmo dantesco:

Io mi raggiunsi con la scorta mia;
Poscia con pochi passi divenimmo
Là dove un scoglio della ripa uscia.
(Inf. XVIII, 67-69)

XII. Deliquit. Dante:

Nel quale un cinquecento, diece e cinque,
Messo di Dio, anciderà la fuia

Con quel gigante che con lei delinque.

(Purg. XXXIII, 43-45)

XIII. Demersa. Dante:

Cerbero, fiera crudele e diversa,
Con tre gole caninamente latra
Sovra la gente che quivi è sommersa.

XV. respiciens... video Dante:

Ed io che riguardai vidi un'insegna ecc.

(Inf. III, 52)

. e fiso riguardai

Per conoscer lo loco dove io fossi.

(Inf. IV. 5 e 6)

unus ex illis tartareis ministris: Dante:

Che l'alta provvidenza che lor volle
Porre ministri della fossa quinta,
Poter di partir' indi a tutti tolle.

(Inf. XXIII, 55-57)

XV I. Dependebant. Dante:

Che dal collo a ciascun pendea una tasca

(Inf. XXVII, 55)

Come in Alberico, così in Dante ricorrono le parole: pozzo, stagno, baratro, lago valle ecc:

Inf. IV, 8, valle d'abisso; ivi, 24 abisso; VII, 102, fossato; ivi, 100, pantano; ivi, 127, lorda pozza; VIII, 31, morta gora; ivi, 54, lago; ivi, 75, basso inferno; ivi, 76, alte fosse; IX, 16, trista conca; X, 58-59, cieco carcere; XI, 5, profondo abisso; ivi, 69, baratro; XII, 10, burrato; ivi 35, basso inferno; ivi, 40, alta valle feda; ivi, 52, ampia fossa; ivi 73, fosso ivi, 126, fosso; XIV, 11, fosso tristo; ivi, 119, stagno; ivi, 136, fossa; XVI, 114, alto burrato; XVII, 66, fossa; XVIII, 5, pozzo; ivi 8; pozzo; ivi 18, pozzo; ivi, 112, fosso; XIX, 9, fosso; XXI, .17, pegola spessa; ivi, 51, pegola; ivi, 110, grotta; XXII, 16, pegola; ivi, 25, fosso; ivi 138, fosso; ivi, 141, bollente stagno; XXIII, 56, fossa; ivi, 122, fossa; XXIV, 38, bassissimo pozzo; ivi, 65, fosso; ivi, 123, gola fera; XXVI, 41, fosso; XXVIII, 53, fosso; XXXI, 7, misero vallone; XXXII, 2, tristo buco; ivi 16, pozzo scuro; ivi, 125, buca; XXXIII, 133, cisterna; ivi, 142, fosso.

FINE.

VISIO ALBERICI

INCIPIT EPISTOLA FRATRI ALBERICI CASINENSIS CENOBII MONACHI IN VISIONE SUA.

Quia nonnulli veritatem mendacio obumbrare consueverunt. et iusta suure velle in alienis opusculis aliquit addunt vel minuunt, ac de re ego Albericus Casinensis cenobii monachus servus servorum Christi ultimus, necessarium duxi visionis nostre libellum, tali scolia (sic) premunire. presertim cum idipsum a compluribus falsatum esse didicerim. Nam quidam pre oculis non habentes illam sententiam que de verbis otiosis nos rationem reddituros testatur, in eadem visione nostra descripserunt, quod a nobis nunquam audierunt, non

a

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