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GENERI.

Ha la lingua italiana il genere neutro? Quantunque in latino sia frequente l'uso de' neutri, non può dirsi che in italiano manchi del tutto. Infatti di che genere diremo che siano nel plurale questi nomi « tempora, ossa, uova, ginocchia » e tanti altri? E, ammesso pure che il genere neutro non apparisca evidente ne' nomi, potrà negarsi che sia negli aggettivi e ne' pronomi? Per es.: « È giusto che voi abbiate premio Finalmente, che il genere neutro non sia strano in tutto alla lingua italiana lo mostra la voce cosa, usata talvolta da' classici, ad imitazione de' latini, come neutro. Così il Davanzati negli Ann., lib. 3, cap. 15: Contrario e terribile ogni cosa ».

» « Questo non istà bene » —

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CASI. Sarebbe superfluo parlare de' numeri, e però vengo a' casi. Vera differenza tra le due lingue è questa, che l'italiana non ha propriamente casi, non avendo altra mutazione che dal singolare al plurale. Da ciò consegue che nelle declinazioni non può essere nè molta nè poca corrispondenza. E non pertanto tale è la conformità d'indole tra le due lingue, che la somiglianza loro ingenita torna a manifestarsi nelle declinazioni degl'irregolari e difettivi. IRREGOLARI. In fatti sono in latino non pochi nomi, che al singolare sono maschili, e sono al plurale maschili e neutri. Per es.: iocus e locus; al plurale: ioci e ioca, loci e loca. In italiano è il medesimo: anello e lenzuolo; al plurale; anelli e anella, lenzuoli e lenzuola,

DIFETTIVI.

Difettivi di singolare sono in latino, oltre a molti altri, i seguenti: annales, nuptiae, maiores, exequiae, ecc. Difettivi allo stesso modo sono in italiano: annali, nozze, maggiori, esequie. Mancanti del plurale in latino, oltre a molti altri: fides, pudor, sanguis, progenies. E in italiano è il medesimo: fede, pudore, sangue, progenie. Difettivi di qualche caso sono in latino, oltre ad altri: grate, sponte, vice. E in italiano nelle seguenti espressioni: di buon grado; in sua vece. Le parole grado e vece possono forse adoperarsi in tutt'i casi?

Si omettono le poche anomalie proprie di ciascuna lingua, che possono leggersi ne' grammatici, ed accenniamo brevemente alla conformità, ch'è nelle due lingue rispetto a' nomi composti e derivati, siano questi diminuitivi o peggiorativi, quantunque degli uni e degli altri sia più frequente l'uso in italiano, e in latino manchino affatto gli aumentativi. Se ne tacciano gli esempi per amore di brevità.

AGGETTIVO.

Premesso che anche rispetto alla divisione degli aggettivi dal lato del significato non v' ha differenza di sorta, venendo alla loro forma, diciamo che anche per essa grandissima è la somiglianza. Infatti, quantunque si dica che in latino vi siano aggettivi di tre desinenze, e altri di due, e altri di una con tre

generi, pure, se si tolgano il nominativo e qualche altro caso, si vede che nel fatto gli aggettivi o hanno due desinenze, l'una delle quali comune al genere maschile e neutro, o una sola per tutti e tre i generi. Ciò posto, quanta si dirà esssere la differenza negli aggettivi italiani? Come ognuno sa, anche questi o hanno due terminazioni, l'una delle quali comune al genere maschile e neutro, o una sola per tutti e tre i generi. Quello però in che le due lingue sembrerebbero in tutto differenti è la forma de' comparativi, che in latino hanno una forma tutta loro propria, cadendo in ior e ius. Ma che ciò non sia, può rilevarsi dalle seguenti ragioni:

1.o I comparativi, in tutte le lingue, potendo essere di tre specie, cioè di maggioranza, di minoranza e di eguaglianza, la forma in ior è insufficiente, e sarebbe quindi erroneo il credere che sia la forma propria de' comparativi latini.

2.o Perchè molti aggettivi non l'hanno, che logicamente dovrebbero averla.

3. Perchè quella desinenza, anzichè del comparativo, potrebbe dirsi propria degli aumentativi e vezzeggiativi, come può vedersi sopra tutto in Catullo: « Quantum est hominum venustiorum ».

4. Perchè assai frequentemente si trovano gli aggettivi usati come in italiano con il più e con il meno, o con il tanto e quanto innanzi al positivo.

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mancano alcuni comparativi, derivati dal latino, che hanno quella stessa desinenza. Per es.: migliore, peggiore, inferiore, superiore, ecc.

Molto più manifesta è poi la conformità de' superlativi. In fatti in due modi si formano; l'uno con l'articolo e il più o il meno innanzi all'aggettivo, e l'altro con la terminazione in issimo. Or bene, in due modi l'hanno pure i latini; l'uno con il maxime o con il minime (che risponde al più o al meno con l'articolo) innanzi all'aggettivo semplice, e l'altro con la desinenza in issimus. E se talvolta, in vece dell'issimus, si vede la terminazione (si tacciono altre poche varietà) in errimus, tutti sanno che anche in italiano vi sono superlativi in errimo, come: integerrimo, celeberrimo, ecc.

Parlando degli aggettivi e della loro conformità nelle due lingue, sarebbero a fare molte più considerazioni, che la brevità del presente lavoro non consente. E però, tralasciando di notare minutamente, oltre a molte altre, le relazioni di corrispondenza nel congiuntivo latino qui, quae, quod e suoi derivati quis, quicumque, quisquis, aliquis, aliquot ed altri con il congiuntivo italiano che, chi, chiunque, chicchessia, alcuno, alquanti, ecc., mi restringo a fare le poche osservazioni seguenti:

1. In italiano tutti sanno l'uso proprio degli aggettivi dimostrativi questo, cotesto e quello. Perfettamente conforme è l'uso che faceano i latini

generi, pure, se si tolgano il nominativo e qualche altro caso, si vede che nel fatto gli aggettivi o hanno due desinenze, l'una delle quali comune al genere maschile e neutro, o una sola per tutti e tre i generi. Ciò posto, quanta si dirà esssere la differenza negli aggettivi italiani? Come ognuno sa, anche questi o hanno due terminazioni, l'una delle quali comune al genere maschile e neutro, o una sola per tutti e tre i generi. Quello però in che le due lingue sembrerebbero in tutto differenti è la forma de' comparativi, che in latino hanno una forma tutta loro propria, cadendo in ior e ius. Ma che ciò non sia, può rilevarsi dalle seguenti ragioni:

1.o I comparativi, in tutte le lingue, potendo essere di tre specie, cioè di maggioranza, di minoranza e di eguaglianza, la forma in ior è insufficiente, e sarebbe quindi erroneo il credere che sia la forma propria de' comparativi latini.

2.o Perchè molti aggettivi non l'hanno, che logicamente dovrebbero averla.

3.o Perchè quella desinenza, anzichè del comparativo, potrebbe dirsi propria degli aumentativi e vezzeggiativi, come può vedersi sopra tutto in Catullo: Quantum est hominum venustiorum ».

4. Perchè assai frequentemente si trovano gli aggettivi usati come in italiano con il più e con il meno, o con il tanto e quanto innanzi al positivo.

5. Finalmente, perchè anche in italiano non

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