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quali hanno per loro preciso e primitivo scopo di porre in atto quelli ammaestramenti che il cielo porgeva agli uomini con lezioni sì eloquenti e sublimi. I tempi succederanno ai tempi, vicissitudini a vicissitudini, rovesci a rovesci ; l' Istituzione muterà sue forme, patirà difetti e alterazioni, proverà più o meno gli effetti dell' umana debolezza, l'azione roditrice dei secoli, l'urto ruinoso dei casi, ma l'Istituzione starà sempre viva, non perirà. Se uno Stato la caccia, fuggirà in un altro; se la città non la vuole, riparerà ne' boschi, e seppur qui si perseguita, s'involerà fra gli orrori dei deserti. Risponderanno mai sempre alcuni cuori privilegiati alla voce di quella religione sublime, che tenendo un' insegna d'amore e di dolore, insegna augusta dei patimenti e della morte del Figliuolo di Dio, la Croce, si volge agli uomini e dice: « Vegliate ed orate, acciocchè non entriate in tentazione: unitevi a pregare e il Signore sarà in mezzo di voi; ogni carne è fieno; la vita è un sogno; sui vostri capi è un mare di luce e di felicità, sotto ai vostri piedi un abisso; la vita in sulla terra è peregrinaggio ed esilio: » poi chinandosi in sul capo dell' uomo gli versa in fronte la cenere misteriosa, e dice: « sei polve ed in polvere tornerai.» (1)

4.

Se l'Italia fu maestra alle altre nazioni nella scienza, nelle belle arti e in tutto ciò che forma la vera civiltà, hanno torto gli stranieri di biasimarla come retrograda; e più han torto gl' Italiani stessi di chiamar codesti stranieri, specialmente Tedeschi, ad insegnare in Italia.

Seguitiamo avanti a noverare, benchè a malincuore, i torti, anzi le vergogne de' tempi presenti contro de' passati, massime nella nostra Italia, che del passato dovrebbe invece gloriarsi più d'ogni altra nazione qualsiasi. Egli è un fatto,

(1) Il Protestantesimo comparato al Cattolicismo ecc., vol. II, pag. 54.

come già abbiam provato ad evidenza, che quest' avventu rata tra le nazioni fu nel medio evo ed anche dopo maestra a tutte le altre nelle scienze, nelle belle arti, e in tutto altro che costituisce la vera civiltà e grandezza d'un popolo. Dal che due legitime conseguenze dovrebbero naturalmente seguirne, la riconoscenza cioè e gratitudine in ogni tempo da parte degli stranieri, e la confidenza degl' Italiani nelle proprie forze, vale a dire nel reputarsi capaci di bastare a sè stessi eziandio al presente in ciò che veramente li rese grandi e primi. Eppure avviene tutto al contrario. Gli stranieri, massime i Tedeschi, (1) orgogliosi al sommo dei loro trovati, dei grandi progressi che certo han fatto nelle scienze naturali e positive, nelle indagini storiche e filologiche, dimenticano la lezione che si ebbero una volta anche in queste cose dall'Italia; la guardano con occhio poco men che di disprezzo, la considerano tuttavia come retrograda, come incapace di salire all' altezza de' tempi e di sedere a paro colle grandi nazioni. Dall' altro canto invece proclamano sè stessi come luminari di scienza, come maestri infallibili e da seguirsi perciò da tutti, seppur non si voglia rimanere fra le più cupe tenebre dell'ignoranza. A primo aspetto parrebbe inesplicabile tale concetto ch'essi hanno dell'Italia, poichè anche in Italia sì codeste scienze predilette in Germania si ebbero in ogni tempo ed anche adesso sommi cultori, ch'essi non possono ignorare; se la cosa però si osserva un po'più addentro, ci accorgerem di leggieri ch'esso invece è naturale. E per fermo, coloro tra' Tedeschi, che pensan così degl' Italiani in generale, sono que' che hanno bandito affatto Dio ed ogni altra verità soprannaturale dalla scienza, onde non hanno l'occhio che alla materia, al mondo di qua e a tutti i suoi commodi e piaceri: sono atei in teoria, epicurei in pratica, e ciò chiamano progresso umanitario e scientifico. Egli adunque è naturale, che veggan di mal occhio

(1) S'avverta che quel che dicesi qui a sfavore dei Tedeschi, s' intende in ispecial modo de' Tedeschi protestanti: poichè tra' cattolici, massime ecclesiastici, vi sono davvero uomini dottissimi in ogni ramo dell' umano sapere, sani nella dottrina, attaccati al Papa ed amanti delle vere glorie italiane: anzi questa eletta schiera addiviene ogni di più numerosa.

gl' Italiani, presso i quali, sino a ieri, la scienza generalmente parlando non era atea no, nè la vita epicurea; non si moveva guerra alla religione a nome della scienza, ma la scienza si ponea d'accordo colla religione; non si facea prevalere la materia sullo spirito, nè la vita presente sulla futura, ma bensì questa su quella; non ripeteasi l'origine dell' uomo dalla scimia o dalla terra quasi fosse un fungo, ma da Dio, e la fine del me→ desimo poneasi non in un cimiterio sotto pochi palmi di terra o in un forno crematorio, ma sì bene nel seno dell'eternità per essere ivi felice od infelice per sempre, secondo i suoi meriti o demeriti. La colpa adunque degl' Italiani per costoro è l' esser essi in fondo ancor troppo cristiani e cattolici, troppo attaccati alle tradizioni antiche che li resero grandi, agl' insegnamenti del Sommo Pontefice, che ha sede tra loro e ne forma la maggior gloria. Di fatto, oggi che gl' Italiani (intendiamoci bene però, non i veri Italiani) confessano d'aver torto sì, e perciò di volersi spogliar finalmente degli usi e delle superstizioni me dioevali, fra le quali il cattolicismo, e in quella vece di voler essere illuminati anch'essi e precisamente dai Tedeschi come i più adatti a ciò, questi, volea io dire, cambiano tono e dicono, che finalmente anche l'Italia si risveglia, va prendendo forza, e mostra di volere addivenire grande nazione anch'essa. Ma appunto, qui sta il gran torto degl' Italiani d'oggi giorno, che cioè, ingannati dal bagliore che manda il falso progresso straniero, da maestri che erano alle altre nazioni, se ne fanno spesso e senza bisogno seguaci e imitatori, prima dei Francesi, finchè la Francia era in auge, ed adesso dei Tedeschi, perchè la Germania ha preso il posto di quella. Eh via, se ne imitassero le cose buone, chè certo ne ha tante quella nazione, non vi sarebbe che dire: ciò è proprio d' ogni nazione ancorchè colta, anzi d'ogni paese e d'ogni individuo; ma no, non ne imita sovente che le 'peggiori, quelle che son contrarie all'indole della nazione italiana, e ne guastan perciò la vera scienza, la religione ed il costume.

La quale imitazione, o diciamola meglio, servitù, anzi schiavitù, è giunta proprio all'eccesso; ed a ragione se ne sdegnano come d' un' onta tutti coloro tra gl' Italiani, che aman

tuttavia sinceramente la patria e le sue avite grandezze. Ancora trenta e più anni fa scrivea in proposito il Gioberti : « Se dee dispiacere ai buoni Italiani che la penisola soggiaccia alle armi tedesche, non può gradir loro che venga signoreggiata dalle idee germaniche: le quali sono verso le nostrali presso a poco quel che è il gentilesimo verso il cristianesimo. » (1) Ciò in generale: riguardo poi allo imitare in ispecie la filosofia degli stranieri, che certo è l'imitazione più vergognosa per noi, perchè noi abbiamo il principe dei filosofi S. Tommaso, e ad un tempo la più perniciosa, perchè codesta filosofia, essendo in gran parte guasta, attacca i fondamenti stessi della scienza e della religione, dicea pure lo stesso Gioberti, benchè in filosofia abbia le sue pecche e non poche: «Già corrono per la penisola alcune opere, in cui il panteismo tedesco viene insegnato alla scoperta ; e queste merci straniere invece di giovare alla scienza le nuocono, perchè gli studiosi non essendo per lo più avvezzi a vivere del proprio, nè muniti di una regola sicura per giudicare il vero valore di quelle, le accolgono cupidamente. Ora il sostituire al sensismo francese il razionalismo germanico, sarebbe un cadere dalla padella sulle brace. » (2) Ed eziandio con più calore e sdegno gridava pochi anni sono il P. Maugeri Min. Oss., professore di filosofia nell'Università di Catania, perchè vedea non solo qualche opera straniera, come a' tempi del Gioberti, correre per la nostra penisola, ma che n'era già inondata: «È vergogna di noi Italiani abbandonare la nostra filosofia per seguire o la bassezza e meschinità del positivismo francese, o la fosforescente ed aerea fenomenologia del trascendentalismo alemanno !... Ah l'Italia non ama la gloria de' suoi sapienti! Anzi possiamo aggiugnere, che con una imperdonabile contradizione nel mentre a tutta gola va gridando: fuori lo straniero, invita poi lo straniero medesimo a sedere nelle sue scranne universitarie. E quel che ci torna a maggior vergogna si è, che chiama il peggio del fuorestierume francese, il positivismo, e il peggio del fuorestierume germa

(1) Dėl Primato Morale e Civile ccc., vol. II, pag. 247. (2) Ivi, vol. II, pag. 49.

nico, l'egelianismo: due torrenti che ammorbano le belle contrade italiane! » (1) Poco minor vergogna, secondo il P. Secchi, viene agli Italiani dall' imitar gli stranieri nelle scienze naturali, e sempre per la medesima ragione che cioè, essendo esse trattate da costoro per lo più senza riguardo alcuno alla rivelazione, anzi sovente in opposizione alla medesima, nuocono assaissimo alla religione ed alla fede, ch'è la più bella nostra gloria e il fondamento di tutte le altre. Onde egli dopo avere ricordato nell' opera altre volte da noi citata le derisioni contro la religione e la chiesa di Haeckel, di Büchner, di Boys-Reymond, di Virchaw, ecc., soggiugne: « Empiono di queste i libri d' istruzione popolare e della gioventù: danno tali libri come frutto di gran progresso; e i nostri Italiani lasciate le grandi tradizioni dei Vallisnieri, del Redi, degli Spallanzani e di tanti altri, avviliti, fan di cappello ai loro spropositi, e si pregiano di spropositare più di loro! Oh onta del nostro secolo!! (2) Poco diversamente si esprime il degno suo compagno, il P. Ferrari, in una noterella all'opera suddetta, a proposito del Haeckel, il quale con una sfrontatezza inaudita e orgoglio diabolico, in una sua opera sulla Creazione, inveisce contro gli augusti abitatori del Vaticano, trattandoli nientemeno che da materialisti, da gente sepolta nella sozzura d'ogni crapola ed incontinenza! A dir breve l'indegnazione per questa vilissima soggezione della nostra patria allo straniero, massime ai Tedeschi, per lo più protestanti, razionalisti e materialisti, è comune ad ognuno che non abbia del tutto perduto il senno. Per fino una donna, Isabella Rossi, ha su ciò parole assai dure ed acerbe. No, non siamo liberi, essa esclama a proposito dei Tedeschi ammessi in tanta copia ad insegnare nelle scuole italiane. E, senza negare il vero merito di essi, fa conoscere che poco potranno apprendere i giovani italiani dagli uomini del Nord, i quali, viventi sempre fra i ghiacci e le nebbie, non hanno l'occhio dell' intelletto, per quanto eser

(1) L'Italia al cospetto delle nazioni, ecc. Discorso.

(2) Le grandezze del Creatore, ecc. Discorso, inserito nell'Opera terrestre, ecc., pag. 203.

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