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stiani fu mai più fornito di lui di codeste doti? E per fermo, in quanto all' ingegno, già vedemmo, come le cose eziandio più difficili ed oscure per lui eran facili e piane; com'ei sorpassava di gran lunga tutti i suoi condiscepoli per l'acutezza appunto della sua mente, e sì che ve n'erano degli svegliati e pronti ; com'ei cagionava grande meraviglia e stupore all'istesso suo maestro Alberto Magno, benchè sì addentro nelle più sublími speculazioni intorno a Dio ed alla natura. Sicchè l'ingegno di Tommaso fu tale e tanto, che qui in terra o in ciò non ebbe eguali o pochissimi; e per ciò fu giustamente paragonato alle pure intelligenze del cielo, onde gli venne il nome di Dottore Angelico. E quel ch'è più, codesto suo ingegno era tale, da rendere facile eziandio agli altri che istruiva ogni cosa; tantochè, al dire d'un suo contemporaneo, alle prime lezioni che dette in pubblico, si credette tosto da tutti, che nulla più omai vi sarebbe stato di così elevato ed oscuro vuoi nelle materie teologiche, vuoi nei libri degli antichi filosofi, ch' egli non avrebbe potuto rendere intelligibile e piano. «L'intelligenza di Tommaso, dicea non ha guari un bravo scrittore, era profonda, acutissima, la più vasta nella comprensione, la più fina nell' analisi, la più prudente nella comparazione, la più ordinata nella sintesi, la più esatta nell'applicazione; l' intelligenza la più armoniosa, la più forte, e la più sobria e paziente. » (1)

All'acquisto però della dottrina non basta l'ingegno, poniam pure che sia acutissimo, fa d'uopo altresì d'un forte ed efficace desiderio d' apprendere, e di uno studio costante e bene ordinato. Ma e chi più desideroso d'apprendere e di sapere di Tommaso? Era poco più che cinquenne (mirabile a dirsi !) e la dimanda che facea di continuo per averne risposta a' suoi primi maestri in Monte Cassino era questa: chi è Dio? Chi è Dio? Da quel tempo mai più si ristette sino alla morte dal cercare davvero il suo Dio in tutte le cose, dal procurar di conoscerne gli attributi e le grandezze per quanto è dato quaggiù a creatura mortale; e non per altro fine che per poterlo sempre più amare e servire, e farlo amare altresì e servire dagli altri. La sua mente,

(1) Dal Periodico Illust. Leonardo da Vinci, anno 3. pag. 181.

in una parola, era sempre rivolta al cielo, alle cose superne e divine; ove in realtà è ogni nostro bene e il nostro ultimo fine; e quando anche l' abbassava alla terra e alle creature, non era che per servirsi di esse come di scala per salire al creatore. Onde solea ripetere a sè stesso quel detto di S. Girolamo: «Impariamo qui in terra le cose che continueremo a sapere su in cielo » (1) Questa volea pure che fosse la scienza propria del Religioso, massime del Religioso Sacerdote, destinato ad essere sale della terra e luce del mondo. E per ciò ad acquistarla egli applicossi fin dai più teneri anni allo studio ed alla orazione di tal maniera, che mai perdea un momento di tempo; anzi bene spesso interrompea a tal uopo perfino il sonno e la refezione. Ora, con un ingegno affatto straordinario, con sì ardente desiderio di apprendere e con uno studio cotanto assiduo e riflessivo qual copia di dottrina non avrà egli acquistato, qual tesoro di cognizioni non avrà raccolto nella sua mente? Lasciamo che cel dica fra gli altri il Sommo Pontefice Leone XIII, grande encomiatore del Santo. «La dottrina di S. Tommaso è tanta, così egli, che a guisa di mare raccoglie in sè tutta la sapienza proveniente dagli antichi. Tutto ciò ch'è stato detto con verità, o prudentemente disputato dai filosofi pagani, dai Padri e Dottori della Chiesa e dagli uomini sommi, i quali fiorirono prima di lui, egli non solo lo ha intieramente conosciuto; ma lo ha altresì aumentato, perfezionato e dilucidato con tale chiarezza di forme, con sì accurato metodo e con tanta proprietà di linguaggio, che sembra abbia lasciato sì ai posteri il potere d'imitarlo, ma tolto quello di superarlo. » (2) E una prova di più del suo ingegno e dottrina ad un tempo sia questa, che leggesi cioè nella sua vita, aver egli dettato

(1) Epist. ad Paulinum.

(2) Dal Motoproprio dei 4 Agosto 1880, con cui l'istituiva Patrono delle scuole. Jourdain nella sua bell' opera La Filosofia di S. Tommaso d' Aquino, dice della erudizrone del Santo. Basta percorrere le differenti parti della filosofia dell' Angelico per iscuoprire quasi ad ogni pagina la impronta di ricche ed abbondanti letture, e di una conoscenza della letteratura sacra e profana tanto pronta quanto era possibile nel secolo XIII. Sarebbe cosa malagevole citare un'opera conosciuta a' tempi suoi e non compresa nella sua vasta erudizione che anzi alla prima occasione si troverebbe, ch'egli ne ha tratto tutto quel vantaggio che la natura della questione gli consentia. Le sue due Somme sono quasi l' epilogo ampio ed ordinato di quanto avvi di meglio ne' libri di Aristotele, degli Arabi e dei Padri della Chiesa. pag. 240.

a tre e sovente eziandio a quattro scrittori insieme, intorno a materie affatto diverse e disparate. (1)

Senonchè, la sapienza, la quale al dir dello Spirito Santo non entra certo in anima malevola, nè abita in un corpo venduto a peccato, (2) discese volontieri in Tommaso, perchè con una affatto incontaminata purità di mente e di corpo aveale preparato davvero una degna abitazione. Oh la purità di lui non solo fu grande, ma fu eroica, e, a parlar più propriamente, fu del tutto angelica; tanto che non si andrebbe lungi dal vero nel dire, che l' angelica sua sapienza fu frutto principalmente dell'angelica sua purità! Valga a meglio convincercene il fatto seguente. Già accennammo quanto egli ebbe a soffrire da'suoi nel rendersi Religioso; sopratutto però i fratelli, a frastornarne appunto la vocazione, s'indussero a commettere contro di lui un'azione indegnissima. (3) Pensarono cioè, che se riusciti fossero a fargli perdere il bel giglio della purità, ch' ei custodia si gelosamente, avrebbero poi ottenuto con tutta facilità il loro intento. Onde che cosa fanno? mentre il tengono come prigione in un loro castello, cercano d' una avvenente e sfacciata cortigiana; e dopo averla bene istruita circa il da farsi, e stimolata a ciò con promessa di copiosa ricompensa se riuscirà nell'intento, la introducono nascosamente nella camera ove Tommaso se ne sta tutto solo. Qui immagini ognuno le arti e lusinghe dell' impudica donna per trarlo alle sue voglie, e il terribile pericolo in cui egli si trova; ma non si smarrisce, alza gli occhi al cielo, invoca fervorosamente il divino aiuto; e senza frapporre alcuna dimora toglie dal focolare un tizzone acceso e con questo la respinge coraggioso, e la caccia via svergognata e confusa. Poi racchiusosi dentro, col medesimo tizzone segna una croce in sul muro, si prostra a terra dinanzi ad essa, e rende vivissime grazie a Dio della ottenuta vittoria sopra un nemico cotanto formidabile; consacragli di novo la sua

(1) Dalla vita sopra citata, vol. 1.

(2) Sapient. 1, 4.

(3) E d'avvertirsi però che codesti tanto mondani fratelli, le sorelle e gli stessi genitori, che pure s'erano mostrati così avversi alla divina vocazione di Tommaso, per le continue e fervorose preghiere di lui, conobbero il loro fallo, lo piansero amaramente e terminarono i loro giorni da buoni cristiani.

castità e lo prega fervorosamente a concedergli la grazia di mantenerla sempre pura ed illibata. E Iddio tosto lo esaudisce, poichè mentre prega così vien preso da un dolce sonno, come se ratto fosse in ispirito, e due Angeli scendono giù dal cielo, i quali dopo essersi ralle grati seco lui della riportata vittoria e assicuratolo che mercè il divino aiuto ei si manterrà sì sempre casto, gli stringono fortemente i lombi.con un cingolo misterioso, e gli smorzano ad un tempo ogni stimolo impuro, di maniera che in fino alla morte ei vivrà davvero sulla terra come un Angelo in cielo. (1)

Angelo per ingegno, Angelo per purità Tommaso si crederà omai un essere da Dio privilegiato in un modo affatto speciale, e per ciò da qualche cosa più degli altri mortali? no, tutt'altro, anzi quanto più crescono in lui i doni del cielo tanto più se ne stima indegno e reputasi agli altri inferiore. Di fatto gli stessi suoi compagni di religione, siccome vedemmo, il tengono da principio per un giovane da poco e inetto allo studio; ed ei, che potrebbe in sul momento disingannarli, tace invece e sopporta, anzi usa ogni mezzo per non iscuoprirsi. Il suo Maestro Alberto Magno gli dà una pubblica e solenne dimostrazione della grande stima che fa di lui: cosa che metterebbe in grave pericolo una virtù la più consumata; ed ei non ne fa caso veruno, e se ne rimane nella sua semplicità e modestia di prima. I più dotti uomini d'Europa pendono in seguito dal suo labbro quali umili discepoli, i principi, i regnanti fanno a gara per onorarlo, per averlo ospite nelle loro regie, e sopratutto consigliere ne' loro più rilevanti e difficili affari; ed ei si comporta mai sempre come un semplice fraticello che nulla sappia, che nulla vegga, e soffre anzi non poca ri pugnanza e confusione nel vedersi fatto segno alla universale ammirazione. I Sommi Pontefici, che sel tengono carissimo, gli offrono ripetute volte le più alte dignità della Chiesa; ed ei li scongiura umilmente a volerlo lasciare nella pace e nella quiete del chiostro, e di conferire invece tali dignità a coloro che per sapere e virtù ne sono assai più degni di lui. A dir breve, il mondo è pieno della sua fama, ed egli è

(1) Dalla Vita sopra citata, vol. .

affatto morto al mondo ed a sè stesso; nè altro si reputa che un puro strumento nelle mani di Dio, da cui riconosce e cui riferisce tutto che ha di buono e fa di bene. La quale profondissima umiltà, lo ripetiamo, era pur necessaria a Tommaso egualmente che la purità illibata, affine di avere da Dio la sapienza; essendo quelle al dir di S. Bonaventura, le due inseparabili ancelle di questa. Onde l'orgoglioso, il superbo potrà addivenire si dotto ed erudito, ma non sapiente; ossia potrà acquistare la sapienza del mondo, ma non quella di Dio, che a quella del mondo è affatto opposta. Sicchè Tommaso potea a tutta ragione ripetere con Salomone, o chiunque altri sia lo scrittore del libro della Sapienza: «Io desiderai l'intelligenza, e mi fu conceduta ; e invocai lo spirito di sapienza, ed ei venne in me: e questa io preferii ai regni ed ai troni, e i tesori stimai un nulla a paragone di lei... L'amai più che la sanità e la bellezza, e l'anteposi alla luce, perchè lo splendore di lei mai non si spegne. E vennero a me insieme con lei tutti i beni, e infinita ricchezza per man di lei. E di tutto questo io godei, perchè questa sapienza era mia guida, ed io non sapea come di tutte queste cose ella è madre. Poichè io senza finzione l'apparai, e la comunico senza invidia, e non tengo ascose le sue ricchezze. Perocchè ella è tesoro infinito per gli uomini; e coloro che la impiegano, hanno parte all' amicizia di Dio, divenuti commendevoli pei doni della dottrina. E a me concedette Dio di parlare secondo quello ch'io sento, e di aver concetti degni dei doni a me dati; perocchè egli è il direttore della sapienza e il correttore dei sapienti. » (1)

4.

Un breve cenno delle opere di S. Tommaso, massime della
Somma contro i gentili e della Somma Teologica.

Dal momento, che Tommaso fu riconosciuto, e in una maniera cotanto solenne, qual sole risplendente che colla sua chiarissima e copiosissima luce illuminato avrebbe il mondo, non si

(1) Sapient. 7. 7 — 16.

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