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scete e moltiplicatevi, popolate le acque del mare: e moltiplichino gli uccelli sopra la terra. E della sera e della mattina si compiè il quinto giorno. Disse ancora Dio: Produca la terra animali viventi secondo la loro specie; animali domestici, e rettili, e bestie selvatiche della terra secondo la loro specie. E fu fatto così. E fece Dio le bestie selvatiche della terra secondo la loro specie e gli animali domestici e tutti i rettili della terra secondo la loro specie. E vide Dio che ciò bene stava. E disse: Facciamo l'uomo a nostra imagine e somiglianza; ed ei presieda a' pesci del mare, e a' volatili del cielo, e alle bestie, e a tutta la terra, a tutti i rettili che si muovono sopra la terra. E Dio creò l'uomo a sua somiglianza; a somiglianza di Dio lo creò; li creò maschio e femina. E benedisseli Dio e disse: Crescete e moltiplicate e riempite la terra e assoggettatela: abbiate dominio sopra i pesci del mare e i volatili dell'aria e tutti gli animali che si muovono sopra la terra. E disse Dio: Ecco che io v'ho dato tutte l'erbe che fanno seme sopra la terra, e tutte le piante che hanno in sè stesse semenza della loro specie, perchè a voi servano di cibo. E a tutti gli animali della terra e a tutti gli uccelli dell'aria, e a quanti si muovono sopra la terra animali viventi, affinchè abbiano da mangiare. E così fu fatto. E Dio vide tutte le cose che avea fatto, ed erano buone assai. E della sera e della mattina si formò il sesto giorno. Furono adunque compiuti i cieli e la terra e tutto l'ornato loro. E Dio ebbe compiuta il settimo giorno l'opera ch' egli avea fatta e riposò il settimo. giorno da tutte le opere che avea compiute. E benedisse il settimo giorno e lo santificò; perchè in esso avea riposato da tutte le opere, che Dio avea create per fare. Tale fu l'origine del cielo e della terra... ». (1)

Da questo semplice racconto mosaico della creazione, oltre la infinita potenza e sapienza di Dio che vedesi in esso mirabilmente risplendere, appare altresì manifestissimo, l'uomo non essere una creatura qualsiasi uscita dalle mani del Creatore; ma sì bene una creatura prediletta e nobilissima, cui tutte le altre avessero a servire quali umili ancelle; cui questa terra

(1) Gen. 1 e 2.

con tutti i suoi agi e bellezze fosse, al dir di S. Gregorio Nisseno, come di regia e di trono, su cui assidersi re e signore, e per questo appunto fu creato in ultimo, quando tutto era per lui ben preparato e disposto. Ma meglio eziandio conosceremo ciò dando uno sguardo alla sua natura ed ai doni, di cui Dio lo volle arricchito. Egli, l'uomo, è composto di due sostanze affatto diverse tra loro, benchè mirabilmente congiunte, anima cioè e corpo; quella gli serve di forma sostanziale come dicono i filosofi, ed è stata creata immediatamente da Dio, questo di materia, ed è presa dalla terra; quella è l'agente principale che tutto muove ed opera, ed è responsabile per ciò di tutte le azioni, questo è lo strumento con cui opera all'esterno. Essendo composto di due sostanze, vive eziandio di due vite, spirituale una, ed è quella dell' anima, animale l' altra ed è quella del corpo. Lasciam da parte la vita animale, la quale egli ha comune co' bruti e per cui comunica col mondo. visibile; e diciamo alcun che della spirituale per cui assomiglia agli Angeli, anzi a Dio medesimo, comunica col mondo invisibile, e per cui appunto è creatura si nobile ed eccellente. Codesta vita spirituale consiste nell' esercizio delle facoltà che in ispecial maniera son proprie dell' animas quali sono l'intelletto cui va congiunta la memoria, e la volontà, cui va unita come conseguenza la libertà ossia il libero arbitrio. Di queste si Iddio lo arricchi affinchè a mezzo di esse potesse conseguire il fine ch' egli ebbe nel crearlo. E per fermo, Dio lo creò, come vedremo a lungo più innanzi, affinchè lo conoscesse, lo amasse qui in terra, e il possedesse poi in eterno su in cielo. Perchè dunque il conoscesse, il fornì d'intelletto, vale a dire, gl' impresse, come si esprime il Salmista, un raggio stesso del suo divin volto, al lume del quale avrebbe potuto conoscere il Creatore, per quanto è dato alla creatura, i doveri da compiere verso di lui, le vie che ad esso conducono, non meno che le creature medesime, quali mezzi ed aiuti a meglio servire e a più facilmente conseguire il fine: Signatum est super nos lumen vultus tui, Domine. (1) E Dio stesso porse tosto ad

(1) Sal. 3. 6.

Adamo occasione di esercitare si nobile facoltà, menandogli innanzi, a nostro modo d'intendere, tutti gli animali terrestri e tutti gli uccelli dell'aria, affinchè vedesse il nome da darsi ad essi; ed ei diè a tutti il nome che loro si convenia. (1) Ora egli è manifesto che pria di nominare le cose fa d' uopo comprenderle, ch'è quanto dire, conoscerne la essenza e le principali proprietà; e questa è appunto l'operazione propria dell'intelletto. All'intelletto va congiunta, non come facoltà da esso distinta, ma piuttosto come operazione del medesimo, la memoria; la quale importa due cose, ritenere cioè in mente le idee già percepite, e il richiamarle alla mente stessa qualora sieno state dimenticate, e faccia d' uopo ricordarsene.

Conosciuto che abbia l'uomo Iddio qual essere sommo ed infinitamente buono, e le creature altresì come buone perchè da Dio provenienti e a Dio conducenti, dee amare quello e queste; ed a tal fine gli diè Iddio la volontà, la quale appunto è una facoltà per cui egli tende al conseguimento dell'oggetto conosciuto come buono, ed a fuggire tutto ciò che mai potesse impedirgli tale conseguimento. Forse che però ei tende necessariamente a codesto bene conosciuto sia esso finito od infinito? no, ma liberamente, vale a dire senza esservi punto sforzato nè da qualsiasi causa esterna, nè da qualsiasi determinazione interna, in modo in una parola che possa dirsi veramente padrone delle sue azioni. Il che non era mica in lui un semplice ornamento, ma un attributo necessario da costituire la essenza stessa della volontà in questa vita, e senza cui sarebbe impossibile ogni ragione di merito o di demerito, benchè per propria colpa possa essere all'uomo medesimo di ruina e di danno. Insegna ciò fra gli altri assai chiaramente il Serafico Dottor S. Bonaventura: «Siccome, ei dice, il possesso della beatitudine, cui l' uomo tende, non è glorioso che a titolo di ricompensa, ed ogni ricompensa presuppone merito, e non vi può esser merito che in quello che si fa volontariamente e liberamente, perciò fa di mestieri dare all'anima umana la libertà di arbitrio per la remozione di ogni coazione; essendo

(1) Gen. 5. 19-20.

che la volontà per natura sua dee esser tale che non possa in niun modo esser costretta, sebbene usandone possa per propria colpa addivenire misera e schiava del peccato. » (1) E che in realtà Iddio abbia dato all'uomo codesto libero arbitrio, appare assai chiaramente dall' avergli vietato di mangiare del frutto dell' albero della scienza del bene e del male, sotto pena della morte temporale ed eterna. (2) A qual fine in vero un tal divieto da parte di Dio, se l'uomo non fosse stato libero di osservarlo o no? Come avrebbe potuto l'uomo astenersi dal mangiarne, qualora vi fosse stato indotto da una irresistibile forza interna? Come Dio avrebbe potuto punir l' uomo d' una colpa che non era in suo potere di evitare, e perciò non colpa?.... Senza manco adunque Iddio da principio creo l'uomo, e lasciollo in potere de' suoi consigli, come leggesi nell' Ecclesiastico. (3) Anzi un tal dono viene giudicato tra' naturali il più grande ed eccellente di cui Dio il volle arricchito. Onde con tanta proprietà di espressioni canta il divino Poeta:

Lo maggior don che Dio per sua larghezza
Fesse creando, e alla sua bontate

Più conformato, e quel ch'ei più apprezza,

Fu della volontà la libertate,

Di che le creature intelligenti,

E tutte e sole furo e son dotate. (4)

2.

Questi doni naturali rendono l' uomo imagine di Dio medesimo.

Per le dette facoltà, che costituiscono la natura stessa dell'uomo, ei non solo supera di gran lunga in dignità ed eccellenza tutte le creature terrene e visibili; ma, quel ch' è più, viene ad essere una bella imagine dello stesso suo Creatore. E

(1) Brevil. Pars II, cap. IX.

(2) Gen. 2. 17.

(3) Ecclesiast. 15, 14.

(4) Parad. V. 19-24.

che in realtà sia tale nella sua parte superiore lo affermano tutti i sacri Dottori, fedeli interpreti delle divine Scritture; e sarebbe stato impossibile il negarlo dopo che detto lo avea Dio medesimo: Faciamus hominem ad imaginem... nostram. (1) Solo non convengono in che cosa propriamente consista codesta imagine divina impressa nell' uomo. Alcuni, come ad esempio S. Giovanni Damasceno e S. Bernardo, la fan consistere nell' essere egli dotato del libero arbitrio; vale a dire che come Dio è pienamente padrone di sè e fa quel che vuole, così l'uomo è padrone delle sue azioni e fa quel che gli pare e piace. Altri la fan consistere nel dominio che Iddio diede all' uomo sugli animali e su tutte le altre terrene creature; onde dice fra gli altri il Grisostomo: «Come Dio ha il principato e il dominio su tutte le cose visibili ed invisibili, essendo egli di tutte il creatore e l'artefice; così allorchè egli formo quest' animale ragionevole, l' uomo, lo volle insignito della presidenza su tutte le cose visibili: e ciò il fa essere imagine di Dio. » (2) I più però la fan consistere nell' essere l'uomo dotato d'intelletto, di memoria (3) e di volontà; onde con ciò egli non solo è imagine di Dio in quanto Dio è uno nell' essenza, ma altresì in quanto Dio è trino nelle persone. Ascoltiamo S. Ambrogio, il quale ne parla a lungo ed egregiamente: « Benchè, così egli, l'anima umana sia d'una sola natura, tuttavia ha in sè tre dignità e proprietà, cioè l'intelletto, la volontà e la memoria. Il che, sebbene con altre parole, viene significato da Cristo medesimo nel suo Vangelo là ove dice: Diliges Dominum Deum tuum ex toto corde tuo, et ex tota anima tua, et ex tota mente tua, ch' è quanto dire ama il tuo Dio con tutto l' intelletto, con tutta la volontá e con tutta la memoria. Poichè come dal Padre vien generato il

(1) Gen. 1. 26.

(2) Homil. 21. in Gen.

(3) A togliere ogni equivoco od apparente contradizione circa il significato della memoria, fa d'uopo avyertire co' filosofi ch'essa é di due specie sensitiva ed intellettiva. Come sensitiva è una facoltà distinta dalle altre, perché ha il proprio oggetto, le percezioni cioè sensitive passate; come intellettiva poi è, come si disse altrove, un' operazione dell' intelletto, in quella guisa ch'è un' operazione dell' intelletto la ragione, la coscienza ecc. perchè come tale non ha un oggetto proprio distinto da quello dell' intelletto, ch'è la essenza delle cose in astratto, ma il medesimo sotto altro aspetto. Ora, gli scrittori sacri prendono d'ordinario la memoria in generale; dal senso si comprende poi di quale parlano se della sensitiva o intellettiva.

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