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L'ENTE.

E che importa che sia estrinseca, purchè sia propria? Fa tuo conto che il Rosmini, attribuendo all' essere identico le tre forme dell' ideale, del reale e del morale, intenda per reale la sola realtà necessaria, non la contingente; e tutto correrà a meraviglia.

LA FORMOLA.

Non posso far questo conto, perchè il Rosmini medesimo me lo divieta. Imprima, se la realtà contingente fosse esclusa dalla seconda forma, ella sarebbe rimossa eziandio dall' essere; e in tal caso sarebbe nulla; giacchè il Rosmini piglia il vocabolo di essere nel senso più universale, considerandolo come il ricetto di ogni cosa e di ogni forma. In secondo luogo, il discorso del tuo autore non avrebbe senso, se il reale, come forma dell'essere, non contenesse, oltre il necessario, eziandio il contingente; imperocchè, dopo stabilito che il reale semplicemente è una forma dell' essere distinta dall'ideale, egli avverte che una delle diversità estrinseche, che separano l'essere ideale dal reale, è che l'essere ideale è sempre necessario, laddove l'essere reale, ora è contingente, ora è necessario. Dunque il reale, che è ora contingente, ora necessario, è lo stesso reale, che è una forma dell' ente; e però la contingenza e la necessità hanno verso di esso reale la stessa attinenza delle specie verso il genere loro. Quindi è pure che le differenze interposte fra il reale necessario e il contingente sono chiamate estrinseche; come quelle, che non toccano l'intrinseca natura e l'essenza dell'essere identico. Finalmente,

quando il Rosmini afferma che nell' ideale vi è tutto ciò che nel reale, meno la realtà, e nel reale vi è o vi può essere tutto ciò che nell' ideale, meno l'idealità, e conchiude che il contenuto di tali modi o forme è l'essere identico, egli parla del real contingente non meno che del necessario; tanto più che nel periodo precedente avea detto in termini espressi : per me un soggetto è sempre un sentimento, e il reale. «è sempre anch'esso il sentimento o ciò che agisce nel sen«timento. »

L'ENTE.

Quest'ultima clausula mi farebbe quasi credere che ivi si parli solo della realtà contingente e creata.

LA FORMOLA.

Sarei d'accordo teco, se il contesto lo comportasse, perchè anche a me piacerebbe di poter salvare il tuo maestro da una sentenza così enorme, qual si è l'asserire che l'Ente assoluto sia un sensibile. E questo non è il solo gioiello di tal sorta, che si trovi nel passo allegato; perchè poco prima ci si legge che l'essere reale è sempre soggettivo; dove la voce sempre e il processo del discorso mostrano pure che si parla della realtà necessaria non meno che della contingente. Se adunque l'essere reale è sempre soggettivo, e se un soggetto è sempre un sentimento, ne segue che Iddio è un mero soggetto, invece di essere l'obbiettività suprema, e che egli è un sentimento, e non l'Idea assoluta; due corollari, che otterrebbero, credo, il plauso di tutti i panteisti del mondo e specialmente di Amedeo Fichte.

L'ENTE.

A ogni modo non mi sembra equità, nè discrezione, il far giudizio delle dottrine di un illustre autore da uno squarcio di lettera famigliare, mandato al palio forse con troppo zelo da un suo affezionato. Ben sai che gli scrittori grandi, ingolfati in profondi pensieri e tutti intesi alla composizione e alla lima delle loro opere, non pongono molta attenzione nelle epistole, che mandano agli amici; sovrattutto, se per sopraccarico son frastornati dai negozi, come accade appunto al mio maestro; il quale cominciò ad essere occupatissimo e impedito di scrivere, da che tu mettesti penna in carta per confutarlo.

LA FORMOLA.

Mi farei coscienza di giudicare dei sentimenti del Rosmini da poche pagine di uno scritterello privato, se le conclusioni espressevi non procedessero logicamente dai principii contenuti e dichiarati in tutti i suoi libri. Tu non ignori che l'accusa mossa al sistema rosminiano di condurre a panteismo non è nuova nella mia bocca ; e che niuno de' tuoi l'ha finora purgata od indebolita.

L'ENTE.

Dato e non conceduto che cotesta imputazione abbia qualche fondamento, io ti dico che, se a te dispiace il panteismo, a me non gusta punto la sofistica, e l'usanza di quei logici balzani, che saltano di palo in frasca, e non sanno, ragio

nando, tenersi nello stesso solco. Ora tale, Formola mia bella, (sia detto con tua pace,) mi pare il tuo costume; perchè in vece di stare in proposito e discorrere delle forme divine, mi vai rompendo il capo col panteismo, che ha tanto da fare col nostro tema, quanto i liofanti colle bertucce.

LA FORMOLA.

Ella è appunto la teorica delle tre forme, che mi mosse ad accusarti di panteismo, come quella che mi pareva fondata nei pronunziati di questo sistema, o almeno atta a condurvi necessariamente. Tanto che mi sembrava che, ricorrendo a una falsa ontologia per corroborare una psicologia mendosa, tu venissi ad accrescere il male, invece di rimediarvi; se già la natura medesima del partito, a cui ti appigli, non giovasse più di ogni altro argomento per aprir gli occhi a coloro che ti danno retta. Ma così, discorrendo, io mi sono forse ingannata; e ora mi risolvo che nell' attribuirti la dottrina delle tre forme, io mi son male apposta.

Perchè?

L'ENTE.

LA FORMOLA.

Perché tal dottrina non quadra co' tuoi principii, ed è un gherone o una toppa.

Come?

L'ENTE.

LA FORMOLA.

Metterei pegno che, quando il tuo maestro immaginò la sua psicologia o ideologia che vogliam dire, non pensava ancora alle tre forme; e che il capriccio di cucire questa pezza o frangia al suo sistema gli toccò solo allorchè si accorse che una teorica delle idee, per far buona figura e venire in credito, ha mestieri di un fondamento ontologico. Onde non sapendo trovar meglio, ricorse a quelle benedette forme, e le appiccicò alla propria dottrina, come Iddio tel dica.

L'ENTE.

Tu sei temeraria a giudicare cosi leggermente dei pensieri di un gravissimo autore.

LA FORMOLA.

Muterò parere, se mi mostri come si possano ammettere in Dio tre forme realmente distinte e razionalmente conoscibili, quando abbiamo l'idea di una sola di esse.

L'ENTE.

Vuoi dire che la sola forma da noi conosciuta è quella, che il Rosmini chiama ideale, essendo essa l'unico oggetto della nostra mente; cosicchè delle altre due forme non possiamo avere concetto alcuno.

Appunto.

LA FORMOLA.

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