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perchè dubito di non averla capita. Non abbiamo veduto ieri ch' egli ammette in più d'un luogo che la cognizione dell'ideale importa quella del reale, in quanto non si può conoscere il primo, senza conoscere che ci è o ci dev'essere il secondo 12

Si.

L'ENTE.

LA FORMOLA.

Altrove egli insegna in modo conforme che nella concezion dell'ideale infinito concepiamo simultaneamente la necessità d'una realità, che serva di puntello all' idea; perchè l'essere necessario porta nel suo concetto medesimo la persuasione della sua realità 2. Ora io non so conciliare questi passi con quelli, che dobbiamo quest'oggi sottoporre ad esame.

Perchè?

L'ENTE.

LA FORMOLA.

Se Paolo oggi mi dice che il concetto di realità stà nel sentire la sussistenza dell' ente ideale, come mai ieri poteva affermare che l'essere ideale porta nel suo concetto medesimo la

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persuasione della sua realità? Queste due sentenze non sono elle contraddittorie? Giusta la prima, il concetto di realità deriva dal sentimento: giusta la seconda, esso procede dalla cognizione. A tenor dell'una io non posso concepire il reale senza sentirlo, e il concetto medesimo consiste in un'affezion sensitiva a tenor dell' altra si può concepire il reale senza sentirlo, e si apprende necessariamente colla cognizione dell' ideale. In verità che, se tu non mi aiuti, io mi tengo inetta a scoprire l'armonia secreta, che corre senza alcun fallo fra tali due proposizioni in apparenza ripugnantissime.

:

L'ENTE.

Formola mia, permettimi che per tuo bene io sia oggi teco più rigido che non sono stato ieri, e non ti comporti, come feci, l'uscire a ogni passo dal seminato. Io ti ho promesso per al presente di provarti, se occorre, che il concetto di realità stà nell'operazione dell' ente sulla parte di noi sensitiva; e non già di accordare questo pronunziato del mio Paolo con ciò che egli disse per avventura in altri luoghi. Tienti adunque nei termini della quistione che abbiam per le mani, se vuoi che io ti ascolti e soddisfaccia alle tue domande; altrimenti io ti pregherò di studiar da te sola un po' di logica, in vece di venire a rubarmi il tempo.

LA FORMOLA.

Ti ringrazio dell' avviso e ti chieggo perdono, se per la mia rozza indole, sono ancora poco esperta di logica. Poichè dunque, secondo il nostro Paolo, il concetto di realità deriva

dalla parte di noi sensitiva, pregoti ad insegnarmi che cosa sia sentire?

L'ENTE.

Anche i fanciulli e le bestie lo sanno. Sentire è provare una sensazione.

LA FORMOLA.

Che cosa è la sensazione?

L'ENTE.

Un'impressione fatta nel nostro animo da un oggetto este

riore.

LA FORMOLA.

Non sentiamo noi altra cosa, che le impressioni ricevute dagli oggetti esterni?

L'ENTE.

Sentiamo ancora noi stessi, cioè le nostre proprietà, potenze ed operazioni.

LA FORMOLA.

Perciò sentire è provare una sensazione o un sentimento;

III.

12

intendendo per sentimento quelle affezioni, che non muovono da un oggetto esteriore.

Sia in buon'ora.

L'ENTE.

LA FORMOLA.

Benchè la sensazione e il sentimento differiscano fra loro per un certo rispetto, non hanno tuttavia qualcosa di comune?

L'ENTE.

Hanno certo; poichè l'una e l'altro sono del pari qualità o modificazioni del nostro proprio animo.

LA FORMOLA.

Non si potrebbe dunque dire che la subbiettività è la proprietà comune delle sensazioni e dei sentimenti, perchè sebbene queste due specie di affezioni siano fra loro diverse, si somigliano però in quanto sono subbiettive?

Benissimo.

L'ENTE.

LA FORMOLA.

Ora, dimmi credi tu che il reale sia subbiettivo?

L'ENTE.

Di qual reale vuoi tu parlare?

LA FORMOLA.

Del reale universalmente; perchè, quantunque le varie specie di realtà abbiano una natura diversa, io m'immagino che tutte si somiglino in quanto sono reali. E però, quando ti piaccia d'insegnarmi, se una data specie di realtà sia o non sia subbiettiva, la tua sentenza si potrà applicare a tutte le altre specie.

L'ENTE.

In tal caso ti dirò che il reale è obbiettivo. Tanto più che ora mi ricordo, il reale, secondo la dottrina del mio maestro, essere uno dei tre modi dell'ente, il quale non solo è obbiettivo, ma è l'oggetto per eccellenza 1.

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