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*15 Questi 72 ne porta 'l fuoco inver la Luna?
Quefti ne' 73 cor mortali è promotore :
Quefti la 74 terra in fe ftringe e aduna.
Nè 75 pur le creature, che fon fuore
D'intelligenzia, queft' 76 arco faetta,
Ma quelle, ch' hanno intelletto e 77 amore.
La providenzia, che 78 cotanto affetta,

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Del fuo lume fa 'l 79 Giel fempre quieto,
Nel So qual fi volge quel, ch'ha maggior fretta ;
Ed 81 ora lì, com'a fito decreto,

Cen' porta la virtù di quella corda,

Che 82 ciò, che fcocca, drizza in fegno lieto Ver' è, che come forma non s'accorda Molte fiate alla 'ntenzion dell'arte, Perch' a risponder la materia è 83 forda; 130 Così 94 da quefto corfo fi diparte Talor la creatura, ch'ha podere Di piegar, così pinta, in altra parte, E S5 sì come veder fi può cadere Fuoco di nube, fe l'impeto primo A terra è torto da falfo piacere ; Non dei più 86 ammirar, fe bene ftimo, Lo tuo falir, fe non come d'un rivo, Se d'alto monte fcende giufo ad imo. Maraviglia farebbe in te, fe 87 privo D'impedimento giù ti foffi affifo, Com'a terra quieto fuoco vivo. Quinci rivolfe inver lo Cielo il vifo

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1 Nell' Empireo, dove Dio, ch'è luce, fi comunica incompa rabilmente più che altrove, dandofi a vedere a faccia a faceia a i Beati Comprenfori,

2 Intende di S. Paolo, che fcefo dal terzo Cielo diffe di fe fteffo: quoniam raptus eft in Paradifum, & audivit arcana verba, qua non licet homini loqui. 2. Cor. 12.: qual fignifica chiunque qualunque.

3 Al fuo oggetto il più defiderabile, alla prima verità, al suo fine, a Dio.

non

4. Tal che poi la perfona non può rammemorarfene; forfe perch' elevato da Dio l'intelletto ad un' altiffima contemplazione può la memoria di fua natura, e fenza nuova grazia fpeciale ritenere quelle immagini foprannaturali. Certo è, che S. Paolo parJando del com' egli era stato rapito: five in corpore, five extra corpus, nèfcio; e ciò fi legge ancora di altri contemplativi, che riscoffi

da

da quella aftrazione non potevano efprimere quelle eftatiche affe zioni; e ciò per difetto di fpecie memorative idonee. Per altro quanto il conofcere è più chiaro, e più vivace, tanto e più idonco, cateris paribus, a far sì, che la memoria rimanga meglio ftampata delle fpecie conofcitive, maffime fe quel conofcere non è foprannaturale bensì è eofa connaturale, the per la moltiplicità, cammirabilità degli oggetti veduti dall' intelletto quafi in un baleno fe ne faccia, come una confufione di fpecie nella memoria, da non poterfene poi ricordare altro, che così in generale: Ole gran cofe, o le gran cofe, che ho veduto! Quefto più tofto pare il fenfo di Dante, che penfa, e parla alla poetica, quafi immaginandofi l' intelletto, e la memoria, come due nuotatori d' inegual valore, tal chè gettatifi in un pelago fott'acqua, il più debole non poffa tener dietro al più valente, che via via già va accostandosi al fondo. 5 Veramente fpiega la Crufca con verità: a me pare effer qui nel fignificato del verum dei Latini, particella,che ferve alla con neffione, e vale, ma non pertanto,

6 Radunandone, e cuftodendone le fpecie, e le idee quanto più ne potei.

7 Quanto richiede l'alloro da me amato, o come vuole l'alloro da te amato, che tu mi dia per ornarmene la fronte. Tocca quì la nota favola di Dafne Ninfa amata da Apollo trasformata in alloro; vedi Ovidio nel lib. 1. delle Trasform.

8 Forfe il Poeta per li due gioghi intende la Filosofia, e la Teologia. 9 Aringo fpiegano pulpito da aringare, come quando fi fa pubblica diceria in ringhiera : quì vale difficile imprefa, e la metafora è prefa dal fignificato, che ha tal voce di gioftra o campo da gioftrare.

10 E fpira tu iftesso dentro di me, e per mezzo de' miei orga ni tal fuono, quale formafti, quando venifti in contefa con Mar. fia Suonatore prefontuofo, e vintolo lo fcorticafti vivo, e lo trac fti fuori del fodero delle membra, cioè della pelle: vedi Ovidio nel lib. 6. delle Trasformazioni, venendo così a render me vafo pieno del tuo valore.

II In tal guifa, di sì fatto modo te abbondantemente a me presta.

12 Una adombzata immagine di quello figillata, ed impreffa. 13 Alla pianta dell' alloro a te sì caro.

14 Delle quali frondi d'alloro e la fublime materia, e il tuo divino favore mi farà degno.

15 O Capitano vittoriofo, o Poeta infigne: onde il Petrarca: Ar. bor vittoriofa, e trionfale, Osor d'Imperadori, e di Poeti e Sta. zio: cui gemina florent vatumque, ducumque Certatim laurus. 16 Annighittite, e a vili oggetti abbaffate, e rivolte.

17 Apollo, che in Delfo Città famofiffima della Beozia per un tempio, dove rendeva i fuoi oracoli, era venerato.

18 I lauro, in cui fu trafmutata Dafne figliuola di Penco fiu. mein Teffaglia.

19 Fa di fe defideriofo per onefta brama il coronarfene, e avidamente ne invoglia.

A 4

20 So.

20 Sovente da piccola favilla s' accende, e ne fiegue ğtán fiamma . 21 Da altri Poeti moffi dal mio efempio, e invaghiti della nobiltà di tal foggetto.

22 S'invocherà Apollo in modo, che fi muova a infonder loro maggior eftro. Cirra Città alle radici di Parnasso divota d' Apol. do, e però celebrata da i Poeti.

23 Vuol dire il Poeta, che in buona ftagione, e in punto di tempo affai propizio fi partì dalla cima del monte del Purgatorio, e fi levò verfo il Cielo, dicendo cioè effere accaduto, mentre fi levava il Sole, che allora trovavasi circa il principio dell' Ariete, e però di Primavera

24 Diverfe, perchè il Sole nafce bensì fempre dalla parte di Levante, ma fempre da diverfo punto, o grado della fua latitudi. ne orientale, fécondo che l'ifteffo Sole fi trova in diverfo grado dell' Eclittica, e del Zodiaco.

25 Il Sole, quod fpurca moriens lucerna Leda, fè aggrinzare il nafo sì forte a Marziale, come quefta di Dante fece aggrinzarlo a Belifario Bulgarini: veggafi però il Mazzoni, che vi fece attorno tanti fuffumigi da poterci reggere anche il nafo de i più schizzinofi odorifti. Ma quefte critiche, e faporite confiderazioni non toccano a me, che mi fon prefo l'incombenza d'un aridó comento. 26 Ma da quella foce, e fito di Cielo.

27 Dove fi congiungono, e fi tagliano quattro circoli celefti, cioè l'Orizzonte, il Zodiaco, l'Equatore, e il Coluro equinoziale, nel qual punto fi tagliano, é s'incrocicchiano i tre ultim! in modo, che formano tre Croci, come fi vede nella sfera armillare.

28 La costellazione dell' Ariete, o la Stella di Venere, come altri intendono ; perchè il poeta nel Canto 1. della feconda Cantica la pòfe in tal fito.

29 Il Sole nafce in congiunzione tale da produrre coi fuoi inAuffi più benigni effetti nella terra a quelli difpofta, come la cera all' impronta dell' immagine.

3. La terra, che per gl' influffi più propizj fi riveste a Primavera. 31 Di là, dove io era allora, mattina; di qua, dove ora fcrivo, fera. Era Dante nella detta cima del monte del Purgatorio, the ftava agli Antipodi."

32 Cioè il Sole, che trovavafi in tal parte, non per l'appunto, ima quafi, perchè il Sole era nel primo grado dell' Ariete, quando Dante falì il colle: vedi il Canto 1. dell'Inferno, ond' effendo fcorfi già 7. dì, doveva adeffo trovarsi nell'ottavo, avanzan. dofi il sole quafi un grado per dì.

33 Bianco di là per l'albas qua nero per le tenebre della notte ch' effendo fera fi accoftavano in fomma era di Primavera, e la prima ora del dì.

34 Perchè per effere nell' Emisferio oppofto al noftro, il Sole, mentre Beatrice ftava colla faccia a Levante, doveva nafcerle a finiftra, come a noi a destra.

35 Lo fteffo, che mai. Offervano però i Grammatici, che s' usa l'accompagnarlo fempre col tempo paffato.

36 Raggio di riflessò .

37 Del diretto.

33 Qui vale quel pur, come fe diceffe, quafi come Peregrino, • a guifa di Peregrino.

39 Oc

39 Occhi di me, che mirava in lei.

40 Nella mia immaginativa.

41 Il mio atto di riguardar nel Sole fi fece, e nacque, come di rifieflo dall' atto di Beatrice.

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42 Più di quello, che noi quaggiù fiamo ufi di fare, mercecchè non ci regge a tanto la vifta non confortata.

43 Nel Paradifo Terreftte, dove per ancora èra Dante con Bea. trice: molto è lecito là, che non è lecito qua in questa mifera valle di pianto, dove prefentemente Dante contaya ciò, che gli

era occorfo.

44 Fatto appofta da Dio per abitazione propria della specie umana, e però affai più conferente al buon temperamento, e vigore del noftro corpo, e delle noftre potenze. Parla di nuovo del Paradifo Terreftre, dove ritrovavafi allora.

45 Come fe Iddio, che agevolmente il può, ayeffe un altro Sole creato: quefto, che a Dante fembrava un nuovo Sole, era la Luna veduta da viciuo.

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46 Effa nel Cielo, ed io negli occhi fuoi, avendoli rimoffi с titirati dal guardare il Sole, come faceva prima, perchè la vista non mi reggeva.

47 E nei guardar lei tal diventai dentro di me, qual diventò Glauco nel guftar di quell'erba, che di puro uomo lo fece Dio Marino: Dii maris exceptum fecio dignantur honore: vedi Ovidio nel lib. 23. delle Trasform.

48 Questo divenir più che uomo, e trafcendere la condizione della propria natura non si può a bastanza esprimere con parole; e però per intenderlo in qualche modo bafti l'efempio di Glauco a chi la grazia di Dio concederà di averlo a fapere per efperienza. Per verba fono parole latine prette.

49 Se io era di me non già più quel, ch'era prima con tutte 1' 'umane miferie addoffo, ma folamente quello, in che di nuovo per tua virtù era trasformato, e trafumanato con ineftimabil vantaggio.

50 O Amore Divino, o Spirito Santo regolatore de' Cieli, che trafumanatomi mi follevafti in quell' iftante dal Paradifo Terrestre verfo il Cielo.

51 Quando il giro de'Cieli, che tu, o Spirito fomma:nente amabile, e defide rabile, fai fempre durare in volta, e rendi fempiterno: o pure il pianeta, che fai fempre volgere in giro, giacchè i Latini ancora i corpi dei Pianeti chiamaron ruota. Tibul, eleg. 9.1.1. Dum Rota Luciferi provocet orta diem. Sempiterni viene da fempiternare, voce antica, dice la Crufca.

sa Muto non è, com' altri crede, il Cielo: Sordi fiam noi, a cui Porecchio ferra Lo ftrepito infolente della terra, fecondo l' opinio. ne capricciofa de' Pittagorici quì abbracciata dal Poeta: che tem peri, e difcerni vuol dire, che a tempo porpozionato compartendola diftendi, e dividi.

3 Quefta era la Luna veduta di lì molto da vicino, difcernen dofi molto bene, che la luce veniva in lei dal Sole.

54 Stimolo, ed impazienza di effer foddisfatto tanto purgente

55

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55 Vedeva me, e il mio defiderio come lo vedeva io medefi. mo: ella, cioè Beatrice.

56 Di tardo ingegno ad intendere.

57 Scoffo da te quefto falfo, immaginare.

58 Il Cielo, dove fu generato, e di dove il fulmine fi elprecipita.

parte,

59 Ad effo Cielo. Così ancora il Petrarca dell' anima di Laura già morta dice: L'alma mia fiamma oltra le belle bella, Chebbe qui il Ciel si amico, e si cortefe, Anzi tempo per me nel fuo pacfe E' ritornata, ed alla par fua ftella; essendo poi piaciuto a mol. ti Poeti di valerfi di quefta fantasia, che forse è nata da quell' errore di Origene troppo Platonico, che l'Anime umane create tut. te dal principio del Mondo abitaffero in Cielo, e nelle ftelle, di dove per lo demerito fcacciate in terra, e costrette in corpi miglio. ri, o peggiori fecondo il loro minore, o maggior reato, al mori. re del corpo le se ne ritornaffero in Cielo, onde già s'eran partite. 11 Parafrafte Latino piglia quì l'occafione nell'offery. 2. di quefta Cantica di notare l'infelicità del paffaggio, o trafporto dal monte, in cui era Dante con Virgilio ful fine del Canto 2. della prima Cantica, alle porte dell'Inferno, dove fi trova al principio del Canto 3. per non faperfene, dic' egli, nè il fine, per cui lo faceffe, nè qual forza divina l'avvaloraffe. Ma, fe bene offervifi, la forza divina s'intende fomminiftratagli nel comando, che n'eb. be di farlo, e in quelle parole dettegli da virgilio: Perchè ardi. res e franc bezza non hai? Pofcia che tai tre donne benedette Curan di te nella corte del Ciele. Il fine poi è manifefto, perchè non vi era altra via di fcampare da quelle fiere, come nel Canto 3. della 2. attefta Beatrice: Tanto giù cadde, che tutti argomenti Alla falute fua eran già corti, Fuor che mostrargli le perdute genti. Io per me ftimo, che l'impegno grande, che moftra in tante occafioni per quefto impareggiabil Poeta l'ingegnofo Scrittore, fia quel lo, che non lo fa riufcire con felicità nell' impugnarlo, accennando al tempo medefimo quali potrebbono effere le più forti difefe al colpo imbelle.

60 Brevi, ma che pure baftarono a capacitarmi, che per effer io falito già tanto vicino al Cielo doveva oramai e fentire l'ar monia delle sfere, e vedere la Luna affai più grande, che non m' era mai apparita dalla terra. Quel forrife è addiettivo, dette for. ridendo, con un graziosetto forrifo condite.

Gr Allacciato, e intrigato, come uccello rinvolto nel panno del

la rete.

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62 M'acquietai fenza più maravigliarmi. Requievi per requiai, da requiare, con definenza latina non ricevuta dalla Crufca.

63 Cioè l'aria, e il fuoco elementi più leggieri in ifpecie di me, che fon compofto di corpo grave, e terreno. Già dunque fin quì era falito alla sfera del fuoco fotto il Concavo del Cielo Lunare, feguendo Dante il fiftema antico; e antiquato di Tolommeo: 64 Che vaneggia, fuor di fenno: voce latina.

65 E quefto ordine è la forma.

66 A Dio ordinatiffimo, e formofissimo di una maniera ineffabie '

67 Cioè

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