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sufficiente, onde apprezzare l'ingegno filosofico del suo autore (24).

Non è mio proposito di riandare tutte le parti del sistema cartesiano, ma solo di considerarne i principii e le fondamenta, in quanto accennano al vizio principale di tutta la filosofia moderna. Aggiungerò nel seguente capitolo, esponendo la sintesi ideale, qualche avvertenza più sottile sul pronunziato di Cartesio. Qui basti l'aver notato che il psicologismo è l'essenza di tal dottrina, e l'aver dimostro, come ne' suoi primi progressi ella si ravviluppa nei paralogismi più dozzinali, e fa prova di una temerità, di una spensierataggine e leggerezza incredibile. Se tuttavia ci si trovano alcune parti buone, non se ne dee saper grado al Descartes, sia perchè non ve ne ha una sola, di cui egli sia autore, e perchè ripugnano tutte manifestamente a' suoi principii; onde dobbiamo ringraziarne, non lui, ma la sua incapacità logica, così singolare, ch' egli è forse difficile trovarne un altro esempio nelle istorie. Ma i suoi successori, migliori dialettici, ci mostreranno il principio cartesiano nella schietta e nuda orridezza delle sue conseguenze. Nel resto, quando si considera tutta la dottrina cartesiana, anche usando molta benignità, e rimovendo l'occhio dalla manifesta discordanza delle parti, non si può avere in maggior conto, che di un abbozzo affatto superficiale. Dopo di avere con un tratto di penna cancellata tutta l'umana filosofia, egli toglie in poche pagine a rifabbricare tutto il mondo ideale, e descriver fondo a tutto l'universo: in quest' opera erculea egli sdrucciola, e per lo più salta sulle materie più rilevanti, ardue, profonde, con una disinvoltura, una rapidità, una franchezza, una sbadataggine, ch' io non so se si debba chiamare cavalle

resca o francese, ma che certo è affatto insopportabile. Non ti par egli, a leggerlo, di vedere un giovane soldato, vivo, spiritoso, avventato, arrogante, sprezzatore delle cose altrui, alto estimatore delle proprie, che scorre l'Europa in sulle poste, filosofeggia su due piedi, parla la lingua di Parigi, e ti porge nel suo contegno un simbolo della dottrina che professa? E quando io paragono le opere filosofiche di questo scrittore ai Dialoghi di Platone, alla Metafisica d'Aristotile, alla Trinità di santo Agostino, e alla Somma dell' Aquinate, non trovo nulla di comparabile alla petulanza di lui, fuorchè la semplicità esemplare de' suoi ammiratori. Cartesio, lo ripeto, fu un gran matematico; ma fu un pessimo filosofo. Non si aspetta a me il giudicarlo, come fisico; ma credo di poter affermare, senza errore, che i suoi Principii erano per molti rispetti più degni dell' età di Anassimandro, di Democrito e di Lucrezio, che del secolo di Galileo. Il suo atomismo accenna a una scienza assai più rozza e imperfetta, che quella di Empedocle e di Eraclito. Quando egli dice : datemi materia e moto, e io farò il mondo, queste parole, che alcuni hanno qualificate come sublimi, mi paiono esprimere una iattanza degna di Gradasso filosofo. Archimede disse: datemi un punto d'appoggio, e io solleverò il mondo. Il motto è veramente sublime, perchè, sotto una forma iperbolica, significa una verità, cioè la forza maravigliosa della leva. Laddove il detto di Cartesio è ridicolo, perchè falso. Iddio stesso non avrebbe potuto fare il mondo, se avesse solo creato gli atomi e il moto, senza le forze organiche e inorganiche della natura.

Parecchi moderni hanno assomigliata la riforma cartesiana della filosofia alla riforma socratica. Ma la convenienza, che

corre fra esse, è solo apparente. Socrate disse: conosci te medesimo; cioè, contempla e studia te stesso nella idea divina : ma si guardò dalla follia di voler fondare logicamente sulla conoscenza interiore dell' uomo la verità assoluta. La sua psicologia è la propedeutica, e per così dire, il pedagogico tirocinio, non la base dell' ontologia. Senza che, la disciplina di quest'uomo sommo fu più popolare e preparatoria, che altro, e vi si dee ricercare il retto senso e la sapienza pratica, anzichè il rigore delle scienze speculative. Ma ciò che differenzia principalmente Socrate da Cartesio, si è, che quegli presenti la teorica delle idee assolute, e ne pose il germe, che venne poscia esplicato da Platone 1. Il quale, intendendo ontologicamente l'oracolo delfico, si mostrò figliuolo legittimo di Socrate; non così il Malebranche di Cartesio. L'autore della visione ideale è il successore diretto dei neoplatonici e di santo Agostino (25).

Le idee innate del Descartes differiscono affatto dalle idee platoniche (26). Quelle sono nozioni impresse nell'anima, dalle quali non si può trarre logicamente nulla di obbiettivo; laddove le idee platoniche sono fuori dell'anima, sono eminentemente obbiettive e assolute. Le prime non si possono veramente chiamare ingenite, fuorchè rispetto a noi, e si dovrebbero più tosto dir concreate o congenite; laddove le seconde sono innate in sè stesse. Cartesio adunque, non solamente tirò indietro di più secoli la filosofia, ma peggiorolla, rispetto all'antica scienza gentilesca del mondo italogreco e orientale. Tanto che il filosofo francese si trova essere addietro di gran lunga dal segno, a cui Gotama, Diaimini, Patandiali, e lo

1 Cons. RITTER, Hist. phil. trad. par Tissot, tom. II, part. 1, p. 47-48.

stesso Capila 1, aveano recato la scienza forse venti o venticinque secoli prima di lui. Progresso invero maraviglioso! E tuttavia v' ha chi reputa le scienze filosofiche obbligate a un tal uomo? Che penseresti di chi stimasse Erostrato benemerito dell' architettura? (27).

Il Descartes, ponendo il pensiero, come principio della filosofia, la fonda sovra un fatto, e colloca in un primo fatto il primo vero (28). Ogni fatto è un sensibile; e tal è quello di Cartesio. E certamente la sentenza: io penso, dunque sono, equivale a questa: io sento di essere pensante, ovvero: io penso il sentimento, che ho di me stesso; e più concisamente: io sento, dunque sono. Se in vece di dire io penso, si dicesse io sono attivo, la proposizione si vantaggerebbe, in quanto l'attività intima dello spirito è la radice del pensiero, e la prima forma sensibile, sotto la quale sentiamo noi stessi. Ma in qualunque modo la sentenza si rivolga, ella esprime sempre un fatto sensibile; imperocchè l'attività, il pensiero, e qualunque altra facoltà e operazione dell' animo nostro, non si manifesta alla riflessione, se non come un sentimento, e noi non sappiamo di pensare e di operare, se non in quanto ci sentiamo dotati di virtù cogitativa ed attiva. Il pensiero conosciuto per via della riflessione, è un mero fatto della coscienza, che appartiene al senso interiore; onde il Cartesianismo, che muove da quella, colloca in un fenomeno della

1 Se Capila appartiene originalmente, come pare, al Buddismo di Casiapa, penultimo dei passati Buddi e anteriore di più secoli a Sachia Muni, egli dee essere molto antico. Al protobuddismo di Casiapa sembra pure che riferir si debba la setta dei Giaini, parallela e gemella al Samaneismo di Sachia, benchè distinta da esso. Ma di ciò altrove.

facoltà sensitiva la base della scienza. Ora, siccome ogni sistema, che deriva la cognizione umana dal sensibile, chiamasi sensismo, il Descartes si dee riputare per legittimo autore del moderno sensismo psicologico. Dal che nasce un altro conseguente rigoroso, cioè che il Locke, il Condillac, e tutti i sensisti recenti, i materialisti, i fatalisti, gl'immoralisti, gli atei, sono veri e schietti Cartesiani, per ciò che spetta al principio, onde muovono filosofando. Nè rileva che i successori del Locke facciano caso della sensazione sola, e non del sentimento interiore; imperocchè questo e quella convengono nell' essere forme sensitive, destituite di obbiettività assoluta; e nell' ammettere alcuna di tali forme, (non importa quale,) come principio dello scibile, consiste appunto la nota essenziale del sensismo. Si debbono perciò riporre fra i sensisti anche i fautori di quell' idealismo, che si potrebbe chiamar psicologico, perchè appoggia le sue dottrine ai sensibili interni, e non alle idee obbiettive. Che se i sensisti moderni non sono anche Cartesiani in ontologia, la colpa logica di questo divorzio non si vuol già imputare ad essi, ma al Descartes, che nella ricerca degli enti rinnegò il suo principio, e fabbricò un sistema ontologico, eversivo delle proprie basi.

Il sensismo è certamente in sè medesimo un sistema assurdo, e funestissimo per le sue conseguenze. Esso rivolge affatto il vero ordine delle cose, e deduce le idee dai sentimenti, quando una filosofia imparziale e profonda dimostra che i sentimenti dall' Idea provengono. Il senso intimo e la sensazione derivano dal conoscimento, perchè i sensibili, cosi materiali, come spirituali, traggono la loro origine dall' Idea, che col medesimo atto creativo li rende reali

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