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diverticoli rimenano infine alla strada maestra, e l'ordine è ristabilito. Speriamo che il tempo non sia lontano, in cui la gran curva del protestantismo e della falsa filosofia ricondurrà gli uomini alla via diritta della Chiesa cattolica.

Il traviamento religioso del secolo sedicesimo, prima di essere applicato alla filosofia, per opera di Cartesio, prese due forme diverse, secondo la varia indole delle nazioni, in cui invalse. I Germani, popolo squisitamente ideale, erano affezionati alle dottrine cristiane, nè poteano appagarsi di quella scarsa e imperfetta sapienza, che si conteneva nelle scritture degli antichi. La Scolastica era loro esosa, in quanto le dottrine peripatetiche vi prevalevano, e i libri di Aristotile erano quasi pareggiati al Vangelo detestavano in essa l'elemento gentilesco e non l'elemento cristiano. Lo stesso Filippo Melantone, che era così tenero degli antichi, (e tuttavia così poco protestante, per molti rispetti,) non cercava per lo più altro nei libri classici, che le bellezze dell' eloquenza, l'arte dello scrivere, e gli accessorii della filosofia. E benchè il genio dei popoli alemanni fosse poco connaturato alla gerarchia cattolica, per le ragioni dianzi accennate, tuttavia gli spiriti più moderati e più giudiziosi odiavano piuttosto gli abusi di quella, i disordini del monacato, e le influenze profane dei tempi, che il concetto essenziale di tali instituzioni; nel Papa, il principe poco esemplare, un Borgia, un Medici, anzichè il successore di Pietro, e il padre supremo dei Cristiani. Questi sentimenti erano sostanzialmente lodevoli, movevano da buona radice, e se si trasmodava su qualche punto, una savia riforma avrebbe ricondotti gli spiriti al segno. Ma l'orgoglioso ardimento di un uomo guastò tutto. Lutero dotato di un ingegno non ordinario, ma in cui l'af

fetto e l'immaginativa prevalevano alla ragione; fornito di una dottrina assai ampia, ma confusa, indigesta, immatura; scambiò i disordini accidentali colla sostanza, e ripudiò cogli abusi la tradizione e la Chiesa. Non si vuol però credere che egli e i suoi seguaci intendessero di proposito a rovinare il sistema ideale del cattolicismo, e penetrassero le conseguenze logiche dei loro principii. Anzi, non che menomare l'Idea, l' esagerarono in un certo modo, caricando, per dir così, il sovrintelligibile, come apparisce dai loro dogmi della predestinazione fatale, del servo arbitrio, della fede senza le opere, e altri somiglianti. (18). Perciò anche in mezzo agli errori più gravi, Lutero e i suoi fautori conservarono il genio ideale della loro stirpe.

Ma i principii della riforma, e il suo metodo, all' alterazion dell' Idea, e quindi alla sua negazione, dirittamente conducevano. La dottrina luterana era un psicologismo teologico, ignaro di sè, che serbava tuttavia in gran parte l'antica ontologia cattolica, senza addarsi della sua ripugnanza coi propri principii. Infatti, volendo risalire immediatamente alla espressione scritta del vero ideale, cioè alla rivelazione, senza il sussidio della parola, cioè della Chiesa, e annullando colla tradizione di quindici secoli la continuità storica dell' Idea, Lutero fece rispetto al Cristianesimo ciò che i primi sacerdozi scismatici dell' antichità gentilesca aveano fatto in ordine alla rivelazion primitiva. E gli effetti del temerario ardimento furono simili dai due lati; se non che, la pianta venefica non potea portare i primi frutti in Germania, perchè la complessione morale de' suoi abitanti nol consentiva. A lungo andare la logica vinse l'istinto; ma anche in mezzo agli eccessi più deplorabili della passata e della presente ge

nerazione, egli è manifesto che i Germani si agitano e vacillano fra il loro genio nativo, e la dottrina, che professano, insieme discordi. La scienza germanica in filosofia e in religione, da un secolo in qua, è uno sforzo continuo e ingegnoso, ma vano, per ricuperare l' Idea perduta. Imperocchè l' Idea non si lascia pigliare, o sfugge tosto di mano, quando non si cerca, e non si riceve nel debito modo. Ella è cosa da notare che con tanti conati, non v'ha dopo il Leibniz, che fu cattolico nelle dottrine, un solo illustre filosofo tedesco, che sia riuscito a ricomporre la formola ideale : i più forti ingegni non seppero innalzarsi sovra il panteismo. La ragione mi par chiara, e si è, che niuno può riacquistar l'Idea, fuor del vero metodo, e senza ricorrere alla tradizion religiosa, per posseder la parola elementare e assiomatica, che alla scienza è richiesta. Quindi è che gl' individui ed i popoli vogliosi di riconseguire l'Idea perduta, debbono prima di tutto rifarsi cattolici. I Tedeschi potrebbero vivere e studiare in eterno, e con tutto il loro ingegno, tutta la loro dottrina, non troveranno mai il vero, in cui riposa lo spirito dell' uomo, se non cominciano a deporre l'eresia, che è il psicologismo religioso, padre del filosofico, e fonte di ogni errore. Tuttavia, ad onore di questa sagace e generosa nazione, non si vuol dimenticare quel suo affetto istintivo verso l' Idea, ch' ella mantenne vivissimo, anche fra i suoi traviamenti; come un cieco, che serba il desio della perduta luce, e si sforza di ricuperarla, spalancando gli occhi a suo potere, e distendendo la pupilla. Ond' è, che il razionalismo e lo scetticismo tedesco non suol essere prettamente negativo, come in Francia, nè mira solo a distruggere, ma tende a uno scopo positivo. Emanuele Kant introduce un dubbio speculativo, che è senza fallo il più profondo, a cui possa

giungere lo spirito umano; ma egli supplisce colla pratica alle ruine della ragion pura, adora il Dio della coscienza, e va immaginando un Cristianesimo razionale. Il Fichte, lo Schelling, l'Hegel, a dispetto del loro panteismo, vorrebbero essere cristiani, e talvolta pizzicano di cattolico. Pari conflitto fra il raziocinio e l'istinto, si scorge nei razionalisti biblici; uno dei quali, che acquistò ai nostri giorni una trista celebrità in questo genere di studi, vorrebbe surrogare all' Evangelio della storia un evangelio ideale e filosofico 1. Tanto il fuoco divino è difficile a spegnere negli ultimogeniti dell' Oriente !

Gl' Italiani di origine principalmente ellenicopelasgica, e trapiantati in Europa fin da' tempi più antichi, tengono meno del genio orientale, che i Germani, benchè ne abbiano assai più delle popolazioni celtiche. Noi occupiamo, come un luogo di mezzo, fra le altre due nazioni, e siamo forse meno atti dei Celti ad apprendere le forme sensibili, e meno disposti dei Germani ad asseguire i concetti razionali. Il che, se nuoce da un lato, profitta dall' altro, perchè accozzando insieme le due doti contrarie, e contemperandole a misura, secondo l'armonica e dialettica ragion dei contrari, godiamo dei loro vantaggi, e bisognose come sono l'una dell' altra, aggiungiamo loro integrità e perfezione. Se si ragguaglia la nostra lingua colla francese e colla germanica, si troverà forse che il genio della prima partecipa per qualche rispetto alle proprietà delle due altre; più analitico di questa, e più sintetico di quella. I Tedeschi, peritissimi e sottilissimi spe

1 STRAUSS, Vie de Jésus, trad. par Littré. Paris, 1840, tom. II, part. 2, p. 765-775.

culatori, non paiono esprimere così bene i loro concetti, come gl' Italiani, e certo sottostanno per questa parte ai Francesi ; onde spesso nei loro libri le idee sfumano, perchè non sono ben distinte e contornate dalla forma. Dall' altro lato, se gli scrittori francesi sono delineatori più limpidi e più risoluti degl' Italiani, questi credo, sono disegnatori più robusti e più eccellenti scultori; perchè il rilievo, che si dà ai concetti, dipende dal risalto, ch'essi hanno nell' animo di chi scrive. Ora il pensare e l'immaginare italiano è assai più maschio e risentito, che il francese (19). Ma qualunque opinione si abbia a questo proposito, gl' Italiani non debbono dimenticare che la facilità loro a essere impressionati dagli oggetti esterni, la loro maestria nello esprimerli, e le delizie del paese, che abitano, possono agevolmente far trascurare o corrompere quelle verità, che più importano; onde non a caso la Providenza accese nel mezzo di essi quella viva fiamma, che può comunicare ai ciechi e freddi uomini la luce e il calore vitale.

Varie cagioni erano già concorse nei bassi tempi a sviare alquanto gl' Italiani dagli ordini del retto filosofare. Il corpo della nazione non era mai stato infetto e viziato; tuttavia gli uomini increduli, o indifferenti nelle cose religiose, anche allora non mancavano. Può essere, come altri ha sospicato 1, che la precoce incredulità del medio evo si connetta colle ultime reliquie dell'Arianesimo, il quale, risalendo alle dottrine dei gnostici, che il partorirono, si può considerare, come il razionalismo più antico, che mosse guerra al Cristianesimo, fin dal primo suo nascere. Ma lasciando stare questo punto,

1 ECKSTEIN, Le Catholique, tom. I, p. 282-283.

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