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di Dio, e del contingente fatto a sua imagine, cioè dell'animo umano; la matematica, scienza del possibile; e la fisica, scienza dell' esistente.

Il tempo e lo spazio puri, la cui natura ha disperato i più gran metafisici, non sono intelligibili, se non come un anello e un passaggio fra Dio e il mondo, nello stesso modo che il possibile è un anello fra l'Ente e l'esistente, fra il necessario e il contingente.

Il Leibniz avvertì questa verità capitale, che ogni idea assoluta esprime una relazione dell' Ente. Ne' suoi Nuovi Saggi così egli parla : « L'idée de l'absolu est en nous intérieurement comme « celle de l'Être. Ces absolus ne sont autre chose que les attributs « de Dieu, et on peut dire qu'ils ne sont pas moins la source des « idées, que Dieu est lui-même le principe des êtres. L'idée de « l'absolu par rapport à l'espace n'est autre que celle de l'immen«sité de Dieu, et ainsi des autres '. »

Si può chiedere, se il principio: il contingente presuppone il necessario, sia identico all' assioma ciò che incomincia ha una causa. A prima vista non pare; potendosi pensare a una cosa contingente, che già esiste, senza fare avvertenza al suo principio. Ma allora qual è il legame del contingente col necessario? Forse la ragione, in quanto il necessario e non il contingente ha in sè stesso la ragione della realtà sua? Ottimamente; ma io chieggo di nuovo, se ragione è lo stesso che causa o no? Se non è, che cosa sarà dunque? Forse il contenente, come vuole il Krause? Ma questa asserzione è materiale, assurda, e mi par poco degna di un metafisico di polso.

La vera soluzione è questa. La ragione di una cosa è sostanzial

1 LEIBNIZ, Nouv. ess. sur l'entend. hum., liv. 2, chap. 17. Raspe, p. 116.

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mente la causa di un effetto, ma considerata sotto un aspetto diverso, in ordine al tempo. Si chiama ragione la prima causa di un effetto, che non comincia, ma continua ad esistere; e si appella prima causa la ragione di una cosa, che comincia ad aver l'esistenza. In ambo i casi l'effetto riceve l'esistenza, cioè vien creato dalla causa, con questo solo divario fra l'uno e l'altro,che la creazione si comincia o si rinnovella. Il concetto del contingente e delle sue attinenze col necessario importa adunque l'intuito di una continua creazione. Si noti però che i metafisici confondono spesso il principio della ragion sufficiente col principio teleologico, che presupponendo l'intelligenza nella causa efficiente, esprime la necessità della causa finale.

Per maggior chiarezza del mio discorso, ecco la genesi dei vari principii :

1o L'Ente è. Principio dell' unità primitiva.

2o L'esistenza dipende dall' Ente. Principio della dualità primitiva.

Il secondo principio si suddivide.

A. L'esistenza è dall' Ente. Principio della Causa prima.

B. L'esistenza è nell' Ente. Principio della Sostanza prima.

Il principio A si sottodivide pure in

a. L'esistenza, che incomincia, è dall' Ente. Principio della creazione.

b. L'esistenza, che continua, è dall'Ente. Principio della ragion sufficiente.

c. L'esistenza, che comincia e che continua, è all' Ente, cioè ordinata ad un fine, che è nell' Ente stesso. Principio della finalità, o sia della Causa finale.

Tutti questi principii si riducono a quello di creazione, che costituisce la formola ideale.

NOTA 47.

V' ha un dualismo primitivo nella realtà delle cose, come se ne trova uno nella idealità, cioè nella conoscenza. In quella, l' Ente produce e sostenta le esistenze, come Sostanza e Causa prima; in questa, l'Intelligibile illustra i sensibili, e li rende atti ad essere conosciuti, come Intelletto e Mente prima. Amendue queste dualità si riducono ad una sola, in quanto l'Ente è altresì l' Intelligibile, e le esistenze sono i sensibili. E l'Intelligibile rischiara appunto i sensibili, perchè li produce, come l'Ente e i sensibili sono illustrati dall' Intelligibile, perchè ne derivano, come esistenze.

Questa dualità è misteriosa, ed è l'origine di tutti i misteri. Nullameno l' uno de' suoi membri corrisponde all'altro così a capello, che si provano e si rischiarano vicendevolmente, nè il primo si può impugnare, se non si nega eziandio il secondo. Come mai l'Ente produce le esistenze? Ecco un gran mistero ontologico. In che modo l' Intelligibile illustra i sensibili? L'arcano psicologico non è certo minore. E considerando acutamente, si vede che l'Intelligibile illustra appunto i sensibili, perchè li produce, e che le esistenze sono prodotte dall' Ente, perchè ne vengono illustrate.

La conoscibilità dei sensibili, mediante l'Intelligibile, non è già una cosa, che, propriamente parlando, passi nei sensibili, e in

essi risegga. Ella è inseparabile dall' Intelligibile, e i sensibili ne partecipano, in quanto sono intesi in quello, come i corpi sono veduti dentro la luce. D'altra parte, le esistenze non ricevono una realtà, che sia indipendente dall' Ente; onde, benchè distinte sostanzialmente dall' Ente, sono nell' Ente, anzichè l'Ente sia in loro. Dunque la partecipazione, che i sensibili fanno dell' Intelligibile, e le esistenze dell' Ente, è tale, che l'intelligibilità non esce dell' Intelligibile, come l'entità assoluta non esce dall' Ente.

Ma che cos'è questa intelligibilità dell' Ente, se non la sua attività? Dunque nello stesso modo, che l'intelletto e la volontà umana sono una facoltà sostanzialmente unica, (come dichiareremo altrove,) così l' Intelligibile e l'Ente si unificano in una attività, che si chiama propriamente Essere, rispetto al termine, da cui procede, e Intelligibile, riguardo al termine, a cui arriva.

Per l'Intelligibile, le menti create comprendono tutte le cose, come per l'Ente, tutte le creature sono. Se per l' Intelligibile s' intende il Verbo, (aggiuntovi però l'elemento sovrintelligibile della sussistenza personale,) il dettato divino, che Iddio fa pel Verbo tutte le cose 1 verrebbe a significare, che l'Ente produce le esistenze, illustrandole, e che l' intelligibilità di esse s' immedesima colla loro produzione.

1

NOTA 48.

Il Malebranche avverti espressamente l'assurdità del proposito di chi vuole dimostrare l'esistenza dei corpi. « Ariste. Il me « semble que la prudence m'oblige à suspendre mon jugement « sur l'existence des corps. Je vous prie de m'en donner une

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« démonstration exacte. « C'est un peu trop, Ariste. Je vous avoue que je n'en ai point. « Il me semble au contraire que j'ai une démonstration exacte de l'impossibilité d'une telle démonstration. Mais rassurez-vous. Je << ne manque pas de preuves certaines et capables de dissiper « votre doute.... La notion de l'être infiniment parfait ne ren« ferme point de rapport nécessaire à aucune créature. Dieu se << suffit pleinement à lui-même. La matière n'est donc point une « émanation nécessaire de la Divinité. Du moins, ce qui me suffit présentement, il n'est pas évident qu'elle en soit une émana«<tion nécessaire. Or on ne peut donner une démonstration exacte « d'une vérité, qu'on ne fasse voir qu'elle a une liaison nécessaire « avec son principe; qu'on ne fasse voir que c'est un rapport « nécessairement renfermé dans les idées que l'on compare. Done « il n'est pas possible de démontrer en rigueur qu'il y a des « corps. En effet l'existence des corps est arbitraire. S'il y en a, « c'est que Dieu a bien voulu en créer.... Mais la volonté de créer « des corps n'est point nécessairement renfermée dans la notion de l'Être infiniment parfait, de l'Être qui se suffit pleinement « à lui-même....-Ariste. Je comprends bien, Théodore, qu'on << ne peut déduire démonstrativement l'existence des corps de la « notion de l'Être infiniment parfait, et qui se suffit à lui-même. « Car les volontés de Dieu qui ont rapport au monde ne sont point renfermées dans la notion que nous avons de lui. Or n'y ayant que ces volontés qui puissent donner l'être aux créatures, il est clair qu'on ne peut démontrer qu'il y a des corps. Car on

Théodore. Une démonstration exacte!

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<< ne peut démontrer que les vérités qui ont une liaison néces«saire avec leur principe '.

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NOTA 49.

Alcuni critici stimarono che il Descartes avesse due dot

Entret. sur la métaph., la relig. et la mort, entr. 6, tom. I, p.

210-214.

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