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v' ha fra loro, e gli elementi che sovrastanno alla natura, un divario essenziale. Imperocchè i primi non si possono conoscere riflessivamente, senza rivelazione, a causa del bisogno, che il pensiero riflessivo ha della parola, per potersi esercitare; tuttavia l'uomo gli ammette, non già solamente in virtù di essa parola autorevole, ma per l'evidenza loro propria, cioè per l'intrinseca chiarezza dell' Idea, che riluce immediatamente alla mente nostra, e di cui la parola è l'occasione eccitatrice, e non la cagione, nè la dimostrazione. Onde tanto è lungi, che la parola provi l'Idea razionale, che anzi questa dimostra l'autorità di quella. Il che succede, perchè l'Idea è veduta immediatamente in sè stessa ; nè si può dire che il verbo la veli, e s' interponga fra lei e la mente nostra, contuttochè l'intervento di esso si richiegga a destarla. All' incontro le verità sovrannaturali dipendono dalla sola parola rivelata : non la provano, ma ne vengono provate non s'intuiscono, ma si credono il concetto che se ne ha, è meramente analogico; nè questa analogia è fondata sull' intuito o discorso, ma sulla semplice autorità della rivelazione.

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La scienza, che esplica gli elementi razionali, è la Filosofia; quella, che svolge gli elementi sovrarazionali, è la Teologia rivelata o positiva, che dir si voglia. La filosofia e la teologia, riunite insieme, formano la perfetta scienza ideale. L'una rappresenta il lato chiaro dell' Idea ; l'altra ne esprime il lato naturalmente oscuro, ma chiarificato in parte dai divini insegnamenti. Il magisterio della teologia, per rispetto alla Chiesa, è interno, quello della filosofia interno ed esterno ad un tempo; l'uno è sacerdotale solamente, l'altro sacerdotale e laicale di sua natura. La scienza rivelata spetta al didentro

del cerchio ecclesiastico, versando sopra un oggetto soltanto ottenibile in virtù di quei documenti, onde la Chiesa è unica depositaria ed interprete. La scienza razionale si estende anche al difuori, in quanto l'Intelligibile riluce naturalmente allo spirito, ed è retaggio comune di tutti gli uomini. Tuttavia, siccome la parola è necessaria per apprendere l'Idea razionale; e la parola dipende dalla rivelazione; e la Chiesa, determinando la parola rivelata, ne definisce gli elementi integrali; ne consèguita che, per questo rispetto, la filosofia è sottordinata alla scienza sua sorella, e appartiene circa una parte de' suoi dogmi alla giuridizione del magisterio ecclesiastico. La filosofia è l'esplicazione riflessiva e libera degli elementi integrali dell' Idea, negli ordini della ragione; ma non è trovatrice, nè padrona di questi elementi; li piglia dalla rivelazione, e però dal magisterio autorevole, nè potrebbe averli in altro modo, non essendo accessibili allo spirito, se non coll' aiuto di una favella che gli esprima. Dee adunque conservarli, quali le vengono suppeditati dalle formole ecclesiastiche; altrimenti annullerebbe col proprio oggetto sè stessa. Niuno però ne inferisca che il vero razionale dipenda dall' autorità, e che quindi la filosofia sia una scienza seconda, assolutamente parlando, e lavori sui dati di un' altra disciplina. Imperocchè gli elementi integrali dell' Idea, essendo chiari e splendidi per sè stessi, la filosofia si fonda sull'evidenza del suo proprio soggetto. Essa riceve la sua materia dalla parola; ma, ricevutala, l'apprende immediatamente per la sua intrinseca luce. L'insegnamento autoritativo è occasione o strumento necessario, non causa produttiva, della razional cognizione.

La filosofia, dovendo ricorrere alla parola rivelata, per

aver gli elementi integrali dell' Idea, su cui lavora, e nella cui esplicazione versa il suo ufficio, si vogliono distinguere nella storia due grandi epoche filosofiche, corrispondenti alle due grandi rivelazioni, che le precorsero; l'una nel principio e nel rinnovamento del genere umano, prima e dopo il diluvio; l'altra ai tempi evangelici. La rivelazione è una in sè stessa; giacchè la dottrina annunziata in diversi tempi è una sostanzialmente; e Cristo non fece altro, che rinnovellare ed adempiere l'insegnamento primitivo. Ma le condizioni esteriori furono in parte diverse. La prima rivelazione rifulse originalmente a tutta la specie: la cristiana fu propria del genere eletto, cioè della Chiesa, contenente solo potenzialmente la nostra famiglia, e volta a ripristinarne successivamente l'armonia primigenia, riducendola al proprio grembo e comunicandole la sua virtù. In appresso, la rivelazione originale si spense nelle due grandi schiatte dei Giapetidi e dei Camiti, ristringendosi a un drappello semitico, cioè al genere eletto, che cominciò in Abramo; dove che la rivelazion rinnovata venne sempre acquistando maggior numero di proseliti, e dilatandosi presso nuove popolazioni. In questo secondo momento, il moto delle due rivelazioni fu affatto contrario: giacchè l'una andò scemando e l'altra accrescendo il numero de' suoi seguaci. Le conseguenze di questo divario sono di molto rilievo al nostro presente proposito, perchè da esse derivò in gran parte il vario destino delle ricerche filosofiche; la filosofia gentilesca rispondendo alla prima, e la filosofia cristiana alla seconda delle due rivelazioni. Tutte le scuole, che volgarmente si chiamano antiche, risalgono di mano in mano fino alla rivelazion primitiva: laddove le moderne, e quelle del medio evo, si riferiscono al Cristianesimo. Ora siccome la sostanza delle

due rivelazioni è identica, non può correre fra le due epoche filosofiche altra differenza, che il vario modo, con cui esse parteciparono o partecipano al lume rivelato.

La filosofia è la riflessione dello spirito sull' oggetto immediato del primo intuito, per via della parola. Gli elementi integrali dell' Idea parlata sono adunque il soggetto immediato, o vogliam dire la materia, su cui versa l' ingegno filosofico, per elaborarla e convertirla in iscienza. Nel riceverli, lo spirito dell'uomo è passivo, anzichè attivo: la sua attività non si può esercitare sovra di essi, se non dopo che gli ha accettati, e consiste nel lavoro scientifico. Ma da chi li riceve? Bisogna distinguere l'elemento ideale dalla parola, che lo riveste. Quanto all' elemento ideale, oggetto eterno e immanente dello spirito, la riflessione lo piglia dall' intuito immediato, che non è già un portato dell' arte, ma un dono di natura, appunto perchè è intuito; imperocchè l'Idea, creando l'intuito, gli si manifesta; onde il sussistere e il conoscere sono inseparabili nel principio intuitivo. Quanto poi alla parola, l'uomo la riceve dalla città e dalla famiglia. Ma siccome la cognizione intuitiva non può diventare riflessa, senza l'aiuto del linguaggio, ne segue che la parola riporge al pensiero gli elementi ideali, in quanto l'opera sua è necessaria, acciò vengano ripensati. Ora la parola può esprimere più o meno chiaramente, distintamente e adequatamente l'oggetto dell'intuito, e quindi influire nella cognizion riflessiva. Il che è un fatto così certo e universalmente ammesso, che non ha mestieri di prova. Dal che si conchiude, che sebbene per un lato lo spirito pigli l'Idea dall' intuito, e la contempli in sè stessa, per l'altro lato egli la riceve dalla società, e la possiede più o meno perfettamente, secondochè viene

espressa in modo più o meno acconcio dalla favella. La comunicazione dell' Idea fatta all' individuo dalla società in cui vive, per mezzo della parola, chiamasi tradizione; ed è quasi un anello interposto fra la rivelazione e la filosofia, e il veicolo, per cui si tramandano dall' una all' altra i primi elementi intellettivi, nella esplicazione dei quali si travaglia l'ingegno filosofico.

Quando una rivelazione divina interviene, essa è accompagnata dalla loquela, per le ragioni dianzi accennate. L'Idea in tal caso esprime e parla sè stessa. I suoi ascoltatori la posseggono a compimento, perchè la significazione è divina, come la cosa significata. Ma nel trapassare dai primi uditori agli altri uomini, per via della tradizione, ella può conservare la sua purezza originale o corrompersi, secondochè dura intatto o si altera il linguaggio tradizionale. E quanto più ella si propaga e si dilunga per ragion di luogo e di tempo da coloro che la ricevettero, i quali rispetto agli altri uomini hanno qualità di rivelatori, tanto più si accrescono in numero e in forza le ragioni possibili e probabili dell' alteramento.

L'alterazione della parola è la causa immediata dell' errore nel commercio degli uomini o dei popoli, e nel corso della tradizione. Ella è sempre spontanea e volontaria, almeno per indiretto, e quindi più o manco libera e colpevole ne' suoi principii; ma può essere voluta espressamente, o passare inavvertita, può procedere da malizia o da trascuranza. L'uomo ci dà opera in modo espresso, quando mosso dalle passioni, che è quanto dire dal predominio dei sensibili sull'Intelligibile, falsifica a bello studio l' Idea, per accomodarla all' affetto vizioso, e

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