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<< Toutes les créatures sont des êtres particuliers: la raison << universelle n'est donc point créée. Toutes les créatures ne sont point infinies: la raison infinie n'est donc point une créature. «Mais la raison que nous consultons n'est pas seulement univer« selle et infinie, elle est encore nécessaire et indépendante, et « nous la concevons en un sens plus indépendante que Dieu « même. Car Dieu ne peut agir que selon cette raison, il dépend « d'elle en un sens : il faut qu'il la consulte et qu'il la suive. Or << Dieu ne consulte que lui-même, il ne dépend de rien. Cette « raison n'est donc pas distinguée de lui-même, elle lui est donc « coéternelle et substantielle.... Nous voyons donc la règle, l'ordre, la raison de Dieu : car quelle autre sagesse que celle << de Dieu pourrions-nous voir, lorsque nous ne craignons point <«< de dire que Dieu est obligé de la suivre 1? »

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A santo Agostino e al Malebranche consuona il Leibniz nelle parole seguenti : « Præclarus est locus Aristotelis.... esse aliquid <«< in nobis agens ratione præstantius, imo divinum.... Aristoteles « autem vereor ne hic in animo habuerit sententiam pernicio«sam, cuius sese alibi suspectum reddidit : de intellectu agente « universali, qui solus et in omnibus hominibus idem, post << mortem supersit, quam sententiam renovarunt Averroista. Sed «omisso hoc pessimo additamento, ipsa sententia per se pul«< cherrima est, et rationi ac Scripturæ conformis. Deus est enim « lumen illud, quod illuminat omnem hominem venientem in <«< hunc mundum. Et veritas quæ intus nobis loquitur, cum « æternæ certitudinis theoremata intelligimus, ipsa Dei vox est, quod etiam notavit D. Augustinus 2. »

1 MALEBRANCHE, Rech, de la vér. Éclaircissem, sur le liv. 3, éclairciss. 10. — tom. IV, p. 203-208.

* LEIBNIZ, Op. omn., ed. Dutens, tom. II, p. 1, p. 264.

NOTA 42.

La confusione dell' essere coll' esistere è cagione di molte ambiguità e difficoltà in filosofia.

Molti filosofi, verbigrazia, dicono che il tempo e lo spazio puri non esistono; e hanno ragione; perchè queste due cose non sono esistenze, ma semplici relazioni dell' essere coll' esistenza. Tuttavia lo spazio e il tempo sono veramente, e ciò non si può negare senz' assurdo. Quando si parla dell' esistenza di Dio, questa frase, presa a rigore, è panteistica, o non ha senso. Infatti, che vuol dire l'esistenza dell' Ente, giacchè l'Ente, per ciò appunto che è, non esiste? Se poi sotto il nome di esistenza s'intende la pienezza dell' essere, e la somma realtà, la frase esistenza di Dio torna a dire essenza dell' Ente, come fu notato dal Vico.

NOTA 43.

Ecco un passo del Vico, che fa a questo proposito : « Esistere « non altro suona che esserci, esser sorto, star sovra; come potrei pruovarlo per mille luoghi di latini scrittori. Ciò che è sorto, « da alcun' altra cosa è sorto; onde l'esser sorto non è proprietà « de' principii. E per l'istessa cagione non lo è lo star sovra; «perchè il sovrastare dice, altra cosa star sotto; e i principii « non dicono altra cosa più in là di sè stessi. Per contrario, l' es«sere è proprietà de' principii, perchè l'essere non può nascer « dal nulla. Dunque sapientemente gli scrittori della bassa lati«nità dissero ciò che stà sotto sostanza, nella quale non abbiamo riposto la vera essenza. Ma in quella proporzione che la « sostanza tien ragion di essenza, gli attributi tengono quella << dell'esistenza... E qui non posso non notare, che con impropri << vocaboli Renato parla, ove medita: Io penso, dunque sono.

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«Avrebbe dovuto dire: Io penso, dunque esisto : e presa questa voce nel significato che ci dà la sua saggia origine, avrebbe fatto più breve cammino, quando dalla sua esistenza vuol per<< venire all' essenza, così: Io penso, dunque ci sono; quel ci gli avrebbe destato immediatamente questa idea: Dunque vi ha « cosa che mi sostiene, che è la sostanza; la sostanza porta seco « l'idea di sostenere, non di essere sostenuta; dunque è da sè; dunque è eterna ed infinita; dunque la mia essenza è Iddio, che sostiene il mio pensiero. Tanto importano i parlari de' quali sieno «stati autori i sapienti uomini, che ci fan risparmiare lunghe << serie di raziocini. E per queste istesse ragioni egli è da notarsi « ancora, che quando dall' esistenza sua vuole inferire l'esistenza « di Dio, impropriamente esplica la sua pietà; perchè da ciò «che io esisto, Dio non esiste, ma è: e per li nostri ragionati principii di metafisica l'esistenza mia si trova falsa, quando « si è pervenuto da quella a Dio; perchè ella non è in Dio, a ragione che l'esistenza delle create cose è essenza in Dio.

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« Iddio non ci è, ma è; perchè sostiene, mantiene, contiene

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tutto; da lui tutto esce, in lui tutto ritorna 1. » Qual è l' onto

logista, che favelli più chiaro del nostro gran Vico?

NOTA 44.

« Il est pour le moins aussi certain que Dieu qui est cet être « si parfait est ou existe, qu'aucune démonstration de géométrie «<le saurait être 2.

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« Il faut... tenir pour constant que cette proposition je suis, j'existe, est nécessairement vraie 3.

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2 DESCARTES, Disc. de la méth. OEuv., tom. I, p. 163.

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« Je suis, j'existe, cela est certain 1. »

« Je connais que j'existe et je cherche quel je suis moi que je «< connais être 2. »

<< Il est certain que je suis et que j'existe, quand même je dormirais toujours 3. »

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Si je juge que la cire est ou existe de ce que je la vois, certes «il suit bien plus évidemment que je suis ou que j'existe moimême 1. »

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Lorsque quelqu'un dit je pense donc je suis ou j'existe, il ne << conclut pas son existence de sa pensée comme par la force de quelque syllogisme.... S'il la déduisait d'un syllogisme, il aurait « dù auparavant connaître cette majeure: Tout ce qui pense est ou « existe 5. D

«En ne pouvant douter de soi-même.... j'ai pris l'être ou «l'existence de cette pensée pour le premier principe . »

Questo vezzo cartesiano di accoppiare i vocaboli di essere e di esistere, come sinonimi, mostra, 1° che il Descartes confondeva insieme scientificamente i due concetti ; 2o che riflessivamente egli aveva una confusa notizia della lor discrepanza; il che non dee far meraviglia, giacchè tal divario appartiene all' intuito primitivo e fondamentale della mente umana, e pel comune dei pensanti non riverbera distintamente nella riflessione.

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NOTA 45.

Dico esistenze in vece di esistenza, esistente, esistenti, parendomi la prima espressione più appropriata al concetto, di cui si tratta. Infatti la seconda e la terza voce non indicano la moltiplicità propria del creato opposta all' unità dell'Ente; la terza e la quarta paiono dare a ciò che esiste, una sussistenza assoluta e da sè, che non gli compete. Dicendo esistenze, si accenna meglio così la condizione relativa e contingente, come la pluralità del creato. Non ricuso per altro di valermi delle altre voci, fuori della precisione rigorosa della formola.

NOTA 46.

Le tre nozioni del necessario, del possibile e dell' esistente sono il perno della metafisica, e ci si rappresentano, come tre aspetti o dipendenze di una sola idea primitiva e assoluta, cioè dell' idea dell' Ente.

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Il necessario, il possibile e l'esistente esprimono le relazioni dell' Ente. Il necessario racchiude le relazioni dell' Ente verso di sè il possibile, le relazioni del necessario verso l'esistente : l'esistente, le relazioni del possibile verso il necessario. Quindi è, che il necessario rappresenta direttamente e immediatamente l'Ente il possibile e l'esistente lo esprimono solo per modo indiretto e mediato. Il necessario può essere pensato solo il possibile e l'esistente non sono pensabili, senza il necessario.

Tre grandi oggetti, tre ordini di realtà corrispondono alle tre nozioni suddette; al necessario, cioè all' Ente assoluto e immediato, Dio; al possibile, la quantità continua, cioè il tempo e lo spazio puri; all'esistente, la quantità discreta, cioè l'universo con quanto ci si contiene. Onde risultano tre grandi scienze componenti la somma enciclopedica; la filosofia, scienza del necessario, cioè

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