Page images
PDF
EPUB

<< consideriamo quel sentimento (termine dell' essere) unicamente «come possibile a rinnovellarsi un indefinito numero di volte, allora abbiamo l' idea o specie della cosa, e con essa conosciamo << un dato termine, in cui può terminar l'essere, ma non conosciamo, ch' egli vi termini effettivamente in questa idea << noi abbiamo l'essenza (conoscibile) della cosa. L'essenza della «cosa è ancora una cosa ideale; ell' è un'attuazione e deter«minazione dell' essere, ma non completa ancora, poichè l'es

[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]

senza può terminare ella stessa ad uno e talora ad infiniti «< individui questi attuano e compiscono ad un tempo l'essenza «e l'essere da noi cognito, e sono a noi dal solo sentimento presentati, ove si parli di esseri reali, finiti e contingenti. Il << termine ultimo dell' essere è la sussistenza : questa è l'atto compito dell' essere : l'essenza dunque e l' essere comunissimo « non è che la cosa in potenza, l' essere iniziale delle cose. Quando « noi avessimo un torso antico di pietra, e scavando sotterra, ov' egli già fu trovato, ritrovassimo una testa, due braccia, e « due gambe; noi non avremmo che a confrontare queste parti «col torso, e tosto le riconosceremmo per sue, se tali elle sono. «Cosi avendo noi l'essere iniziale a noi per natura presente; ove

་་

sentiamo un sentimento, un' azione qualunque, riconoscia<<mo questo per finimento e termine di quell' essere, che già « avevamo naturalmente in noi concepito. E in questo raffron«tamento e accorgimento consiste la natura del conoscere. L'idea

[ocr errors]

་་

dunque della cosa è la cosa stessa priva di quell' atto, che la «fa sussistere : ma come, avendo il torso, si conoscono le mani « ed i piedi, ove si trovano; cosi colle idee delle cose si conoscono « le cose reali e sussistenti, quando si sentono in noi operare: si riconoscono per esseri sussistenti, cioè per attuazioni di quell' essere, che già si conosce per natura. Quella cosa dunque, che prima si conosce in potenza (nella mente), si « riconosce poi in atto (fuor della mente) realmente sussistente « in sè stessa. E in questo doppio modo di essere che hanno le «< cose stesse, nella mente e in sè, stà la prima origine del

་་

[ocr errors]
[ocr errors]

« concetto di similitudine.... L' idea onde noi conosciamo la cosa « è la specie stessa; perciocchè è l' essere determinato bensì, ma << non compitamente, non col suo termine ancora, il qual termine è la cosa medesima sussistente fuor della mente; e quindi «< considerata da sè non è l' individuo, ma la specie, in quanto che l'atto suo si può rinnovellare e ripetere in un numero indefinito d' individui.... La prima questione Come la mente «colle idee possa conoscere gli esseri sussistenti, non ha più alcuna « difficoltà, date e fermate queste due cose, 1° che noi veggiamo << naturalmente l' essere, 2o che l' essere, che veggiamo, sia una «cosa cogli esseri stessi, considerati però in potenza, sicchè quegli esseri, in quanto sussistono, non sieno altro che de' « termini e finimenti di quell' essere che già noi veggiamo. La «seconda questione: Come questi termini e finimenti dell' essere, « che veggiamo fuori di noi, possano essere da noi conosciuti, pure « riceve grande luce, considerando, che ciascuno di noi è un « essere sussistente, un di que' termini e finimenti dell' essere << che veggiamo; e noi siamo in noi per modo, che quelli che veggiam l'essere, siamo pur quelli, che sentiamo noi stessi. «Or noi come esseri sussistenti sensitivi, siamo soggetti congiunti <«<e comunicanti con tutti gli altri esseri, sicchè gli esseri « esercitano la loro azione sopra di noi, modificando il nostro « sentimento; e quindi gli effetti prodotti in noi, sono appunto quelli, dai quali noi altri esseri fuori di noi conosciamo 1. » « L'essere, che nella mente riluce, non si presenta come sostanza, « cioè come un' essere sussistente e perfettamente compito; e di « ciò nasce ch' egli sia comunissimo, come abbiamo mostrato. «Ora tutte le altre cose non sono conoscibili, se non per l'essere. Quindi è che la nostra cognizione nello stato presente è essenzialmente universale, e che il nostro intelletto non attinge e percepisce nessun essere sussistente e singolare. In fatti non « v' ha alcun essere singolare, che sia conoscibile per sè stesso,

[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]

་་

1 N. Sag., t. III, p. 114-119.

[ocr errors]

«ma ciascuno ha bisogno di esser fatto conoscibile dalla sua << relazione coll' essere comunissimo. Se l'essere, che nelle nostre << menti risplende, fosse compito co' suoi termini essenziali, egli sarebbe allora un singolare percepito essenzialmente dall' «< intendimento nostro, perchè l'essere è di sua natura conosci<< bile, anzi costituente la cognizione. Sebbene adunque i nostri << sentimenti sieno particolari, tuttavia la nostra cognizione di « essi non può esser che universale. E in vero, il conoscere un « sentimento non è se non percepirlo nella sua possibilità, con<<siderarlo come una essenza possibile ad attuarsi, rinnovellandosi «< in infiniti individui1. » Tutti questi luoghi, e molti altri simili, che sono forzato di ommettere, hanno una tendenza, e per così dire un volto, chiaramente panteistico. Infatti, se l'animo nostro, la materia, il mondo, Iddio stesso, tutte le cose, che sussistono, sono l'ente ideale perfettamente o imperfettamente attuato e terminato, il panteismo é inevitabile, quando l' ente ideale si consideri, come dotato di realtà e di sussistenza. L'unico modo di cansare questo terribile conseguente si riduce 1o al negare che l'ente ideale sia reale e sussistente; 2o al distinguerlo numericamente dagli enti sussistenti finiti, cioè dalle sostanze create. E tal è il partito abbracciato dall' illustre Autore. Secondo lui, l'ente ideale non è la realtà contingente, ma un semplice esemplare di essa sussiste nella mente, e non fuori della medesima. Le sostanze create non sono già i termini dell' ente ideale, ma bensì quelli di enti reali numericamente distinti, e solo rappresentati da esso. « Quell' attività che il sentimento ci presenta, non uscente « dall'interno dell' essere stesso, forma della intelligenza, ma «veniente altronde, vedesi da quello essenzialmente separata e

[ocr errors]

distinta ; e nulla di meno con lui si giudica, e si conosce da <«<lui dipendente; si conosce un termine di lui parziale, contingente, inconfusibile con lui stesso; un termine, di cui è inesplicabile l'origine considerato in sè stesso, e che dalla

[ocr errors]

"

1 N. Sag., t. III, p. 147, 148, 149.

<< relazione però coll' essere, forma della ragione, riceve un nuovo « stato, una nuova luce, entra nella classe degli esseri, si scorge « in una parola fatto partecipe in un modo ineffabile dell' essere. «Di tutto ciò che ci presenta il sentimento, che è quanto dire « di tutta la materia della cognizione, si può adunque dire, « che non è un' attività, che esca dall' essenza dell' essere, forma della cognizione, sicchè sia un termine essenziale del medesimo; « ma bensì è tale, che sebbene estranea all' essenza dell' essere, forma « della cognizione, tuttavia non è sussistente nè si può concepire per tale, se non come termine dell' attività dell' essere stesso. Quindi << necessariamente si riconosce quell' essere, che è forma della cognizione, come fornito di una duplice attività: cioè di una essenziale, colla quale costituisce ed assolve sè stesso, il termine « della quale è a noi incognito; e di un altra, colla quale termina « fuori di sè stesso in altri esseri contingenti da lui distinti, i quali termini vengono presentati alla nostra percezione dal

[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]
[ocr errors]

« sentimento 1. » Così l'Autore intende di evitare il panteismo; onde soggiunge in una postilla: «Con questo si mostra manifestamente, che il panteismo è un assurdo. » Ma l'ente ideale si distingue egli numericamente dall' Ente reale infinito, cioè da Dio? Dovrebbe distinguersene, se non sussiste fuori della mente nostra, se è un mero essere mentale, come abbiam veduto ripetersi tante volte dal nostro filosofo. Ma non se ne distingue, poichè non è una modificazione della mente nostra, come il Rosmini ci ha pure affermato in termini così positivi, poichè è unico numericamente per tutte le intelligenze, poichè è increato, necessario, eterno, infinito, immutabile, e dotato di tutte le perfezioni divine. « La cosa.... che sola è conoscibile nella sua << sussistenza e individualità, per così dire è l'essere solo; perchè, rispetto a sè egli è particolare e individuale; mentre egli, rispetto alle cose, che ci fa conoscere, è universale e

[ocr errors]
[ocr errors]
[blocks in formation]

« comune, perciocchè non v' ha alcuna di tutte le cose singo<< lari che per lui conosciamo, la quale lui esaurisca in sè << stessa.... Il solo essere dunque è ciò che può essere inteso « nella sua singolarità. E perchè l' essere in quanto splende << nelle menti nostre ed è in queste ricevuto, non è l'essere co' « suoi termini e finimenti, ma l'essere iniziale; perciò quest' « essere si può dire, in quanto è concepito da ciascun uomo, il singolare intelletto di ciascuno, ma più propriamente il principio intellettuale 1. « L'essere pensato in atto compiuto è

[ocr errors]
[ocr errors]

་་

[ocr errors]
[ocr errors]

«Dio. Questa formola è vera; se non che all' uomo è inintelligibile, in quanto che egli non può pensare l'essere stesso «< nel suo atto perfetto e compiuto 2. «Che cosa è, che dal <«< contenuto nell' essere in universale non si può dedurre? La a sussistenza di nessun essere limitato. Perciocchè l' essere in « universale non esige nessun essere limitato; e quindi nessun << essere limitato è necessario, ma solo contingente 3. » Da questi luoghi e dagli altri sovrarrecati, si deduce che l'ente ideale del Rosmini è numericamente identico all' Ente reale e assoluto, e se ne distingue solo mentalmente, in quanto è spogliato della sua sussistenza, e contemplato soltanto come iniziale; ma numericamente è distinto dalle cose sussistenti e create. Qui però io chieggo, come al parer del Rosmini, si possa conoscere, mediante l'ente ideale, la sussistenza delle creature? Si conosce, mi dirà egli, mediante un confronto e un giudizio, col quale « diciamo « a noi stessi; la percezione è una realizzazzione dell' ideale « da me intuito . » Ma io chieggo di più, fatto questo giudizio, e affermata la sussistenza, la sostanzialità della cosa creata, qual sia l'oggetto da me conosciuto, su cui cade la mia affermazione, e che è dotato a mio riguardo di evidenza e di cer

[blocks in formation]
« PreviousContinue »