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prima non dimostra la veracità dello strumento, con cui si afferra esso vero, e da cui dipende il suo valore. Ma l'ontologista non è ridotto a tali angustie, e può sbrigarsi dai sofismi dello scettico in poche parole, ragionando seco in questa sentenza : « Voi volete che prima di credere al vero, io vi provi la veracità delle potenze, che lo conseguiscono. Lo farei volentieri, se tolto via il vero, io sapessi di essere, di conoscere, di avere certe facoltà, che concorrano a produrre il mio conoscimento. Ma io non so tutte queste cose, se non in virtù del vero, che m'illumina. Il mio spirito non sale da sè stesso al vero, ma discende dal vero a sè stesso. Non è il mio intelletto, che autentichi il vero, ma è il vero, che crea il mio intelletto, e creandolo lo attua, lo mette in moto, e gli si manifesta. La verità non è subbiettiva, ma obbiettiva; non è l'effetto, ma la causa della mia esistenza, e del mio pensiero. E notate bene, che proferendo queste sentenze, io non le autorizzo già colle mie potenze fragili e caduche; ma le fondo sull'autorità stessa del vero, che le proclama colla sua voce. Io non fo altro, che ripetere, ripensando e parlando, il verbo ideale, che mi favella allo spirito. Questa voce del vero, che parla a me, a voi, a tutti gli uomini, a tutte le intelligenze con autorità irrefragabile, è l'evidenza. L'evidenza è obbiettiva, e non subbiettiva, crea il pensiero, e non ne è creata; il pensiero è la vision dello spirito, l' evidenza ne è la luce. Voi desiderate che io io vi dimostri la legittimità delle vostre potenze, della vostra virtù di conoscere. Ma come sapete voi di avere questa virtù? Lo sapete, perchè il vero ve lo dice, ve lo attesta, vi rende impossibile su di ciò il menomo dubbio. Non tocca adunque allo spirito il provare il vero, ma al vero il provare l'autorità dello spirito. E sapete, come la prova? La prova, creando esso spirito, e rivelandosi al suo sguardo. La mente nostra non fa la prima verità, e perciò non può dimostrarla, od avvalorarla; ma la prima verità conferisce alla mente ogni suo valore, perchè le dà l'esistenza. Cessate adunque dall'argomentare contro il vero, presupponendo che la vostra facoltà conosci

trice sia capace d'inganno; poichè non potete far questo medesimo presupposto, non potete concepire il menomo dubbio, fare il menomo giudizio, pronunziare una parola, senza credere al vero. Perciò ogni vostra obbiezione presuppone quella realtà, che combattete, e si distrugge da sè. Il solo verso, per cui potreste patrocinare la causa vostra, senza darvi della falce in su' piedi, consisterebbe nel sillogizzare, senza parlare, anzi senza pensare; nel qual caso io sarei dispensato di rispondervi, nè a voi cadrebbe in capo di chiedermi una risposta.

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NOTA 34.

Non credo di far torto al sig. Cousin, conghietturando ch' egli non abbia letto il Malebranche; credo anzi di giustificarlo, in un certo modo; giacchè altrimenti converrebbe dire che non lo abbia capito. Il qual secondo presupposto non è credibile, trattandosi di un uomo così ingegnoso, come il sig. Cousin; benchè a dire il vero, il primo sia anche un po' straordinario in chi si vanta di aver fondata la filosofia eclettica. Come ciò sia, il lettore sceglierà fra le due spiegazioni quella, che più gli aggrada a me basta di provare che il sig. Cousin non conosce le dottrine del suo illustre compatriota, e che gli è succeduto intorno ad esso ciò che gl' incontra talvolta riguardo agli altri sistemi, di sostituire agli altrui pensieri i suoi propri. Le mie prove saranno brevi, e consisteranno nel porre a ragguaglio. della esposizione del sig. Cousin le parole stesse del Malebranche.

<< Malebranche, » dice il sig. Cousin, « est avec Spinoza le plus «grand disciple de Descartes. Comme lui, il a tiré des principes « de leur commun maitre les conséquences que ces principes « renfermaient. Malebranche est à la lettre Spinoza chrétien 1. »

1 Covsix, Fragm. phil. Paris, 1838, t. II, p. 167.

Il Malebranche a rigor di lettera uno Spinoza cristiano! E come si può essere Spinoza cristiano? Queste due voci cozzano insieme fieramente. Tutti gl' ingegni più illustri del secolo decimosettimo ebbero lo Spinoza per un vero ateista: egli era riservato ai pellegrini critici dell' età nostra, i quali discorrono per lo più delle opere di quel filosofo, senza averle lette od intese, l'assolverlo da tal nota, il farne un uomo religioso, un mistico, e per poco un santo, degno di essere innalzato all' onor degli altari. Abbiamo veduto che lo stesso sig. Cousin professa questa strana opinione, e riferite le efficaci parole, con cui egli canonizza l'ateo olandese. Ma che direbbe il povero Malebranche, se tornasse fra' vivi, vedendosi paragonato ad un uomo, ch' egli chiama cet impie de nos jours qui faisait son Dieu de l'univers, e n'en avait point 1? Delle opinioni del quale egli diceva: Ne pensez pas..... que je sois assez impie et assez insensé, pour donner dans ces rêveries? Qual confronto si può fare fra la teorica del Malebranche, che sente si nobilmente e si affettuosamente di Dio, che discorre con tanta profondità e squisitezza cristiana delle sue perfezioni morali, che dà all' ordine morale un sì alto seggio nelle sue speculazioni, propugnando, con tanto vigore di logica, l'azione libera del Creatore sulle creature, e quella dello Spinoza, che spianta la moralità dalle radici, introduce un fato universale, e non serba di Dio altro che il nome? Il credere che lo Spinoza sia un teista, perchè parla continuamente di Dio, è un inganno puerile, di cui dovrebbe vergognarsi chi aspira al nome di filosofo. L'assimigliare questi due scrittori, perchè corre qualche analogia fra le loro dottrine, mostra poco accorgimento, e poca pratica delle scienze speculative; imperocchè chi ha penetrato un po' addentro nelle quistioni più capitali della metafisica sa che la speciosa apparenza del panteismo versa da un lato nella verità

1 MALEBRANCHE, Entret. sur la métaph., la rel. et la mort, entr. 8, tom. I, p. 310.

2 Ibid., entr. 9, p. 558.

:

commista alle sue esorbitanze, e dall' altro nel difetto di molti suoi avversari, che confondendo il buono col reo, cadono sovente nell' eccesso contrario, o almeno trapassano, senza toccarli, i più rilevanti problemi, onde i panteisti promettono la soluzione. Due grandi idee signoreggiano lo spirito umano, cioè quelle dell' Ente e dell' esistente, le attinenze reciproche delle quali sono il principale oggetto proposto alle meditazioni dei savi. La vera filosofia le unisce e distingue; la falsa le immedesima o le sequestra. Se per non immedesimarle, come fanno i panteisti, si vogliono segregare affatto, secondo l'uso dei filosofi superficiali, si combatte un errore con un altro errore, con tanto minore riuscita, che il primo errore ha una certa profondità, e il secondo è frivolo e leggero. Ma da Pitagora e da Platone fino al Malebranche, non v' ha un filosofo di polso, che abbia operato quel divorzio i migliori applicarono l'ingegno a studiare il nesso intimo di quella dualità primitiva e misteriosa, e ammisero l'inseparabilità psicologica e ontologica del secondo dal primo de' suoi membri; senza che la loro dottrina possa confondersi con quella dei panteisti : i quali tolgono di mezzo la dualità, che gli altri intendono a dichiarare. Fra questi merita un seggio molto illustre il Malebranche; le cui dottrine sulla visione ideale, sulla causalità prima e universale di Dio, sull' estensione intelligibile e via discorrendo, benchè lascino tuttavia moltissimo da desiderare, non hanno punto che fare con quelle dello Spinoza, se non in quanto conservano le verità, che i panteisti pretendono speciosamente ai loro delirii. Si dirà forse che il Malebranche e lo Spinoza sono fratelli, perchè riconoscono nel Descartes il loro comune padre? Il sig. Cousin lo lascia intendere, quando dice: « Suivez Descartes dans ses « deux disciples immédiats, Spinoza et Malebranche, et là vous << reconnaîtrez les fruits légitimes des principes du maître 1. » Ma io ho già altrove osservato che il Malebranche nelle parti più sode e più pellegrine della sua filosofia non è cartesiano, e che

1 Hist. de la phil. du XVIIIe siècle, leçon 11.

generalmente lo è assai meno che non si crede; e non mi sarebbe difficile il provarlo, se la materia non fosse troppo lunga per una nota. Lo Spinoza è assai più consenziente al suo maestro, per ciò che spetta al primo processo metodico, e al principio fondamentale del Cartesianismo; se non che, egli intese esso principio e ne dedusse le conseguenze con un' acutezza d' ingegno e un rigore di logica, di cui il Descartes non ebbe il menomo sentore. Nel resto, il sistema del Descartes è un miscuglio di elementi disparatissimi, così poco digeriti e così mal cuciti insieme, che non è meraviglia, se il Malebranche e lo Spinoza, benchè affatto discrepanti fra loro, abbiano potuto appoggiarvi i loro dogmi. Ogni altro filosofo potrebbe fare altrettanto; ed io mi assumerei volentieri di trovare in quel guazzabuglio un puntello a ogni sistema qualsivoglia, come se altri conoscesse l'idioma che si parlava sulla torre di Babele, se ne potriano forse cavare i rudimenti elementari di tutte le lingue.

L'esposizione, che il sig. Cousin fa del sistema malebranchiano, è piena di gravi inesattezze. Ma per evitar lunghezza, io mi limiterò al punto cardinale di tal sistema, a quello per cui il nome del Malebranche sarà immortale negli annali della scienza. Voglio parlare della celebre teorica della visione ideale. Certo, se v'ha parte della storia filosofica, nella quale il sig. Cousin avrebbe dovuto essere accurato, egli è questo teorema del suo insigne compatriota. Ma invece e' se ne spaccia in due parole. « L'idée de Dieu << est à la fois contemporaine de toutes nos idées, et le fondement << de leur légitimité; et par exemple l'idée que nous nous faisons « des corps extérieurs et du monde serait vaine, si cette idée ne «< nous était donnée dans celle de Dieu. » Sia in buon' ora; veggiamo, come spiega questa frase. « De là le fameux principe de «Malebranche que nous voyons tout, et le monde matériel lui

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même, en Dieu; ce qui veut dire, que notre vision et concep«tion du monde est accompagnée d'une conception de Dieu, de « l'être infini et parfait, qui ajoute son autorité au témoignage

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