Page images
PDF
EPUB

Platone e Aristotile, citati in questo passo, scrissero anche troppo? E la vita umana non basta a leggerli e ad intenderli? Si avverta, come il Descartes su questo e cento altri articoli, è il vero padre di quella frivola letteratura, disprezzatrice degli antichi, insofferente di ogni studio un po' faticoso, la quale cominciò a regnar largamente nell' età passata, e dura tuttavia al di d'oggi. Se non che, il disprezzo del Descartes per l'autorità degli uomini, non riguarda solo i libri e i filosofi, ma è universale. Ond' egli cosi parla al Gassendi: « Vous devriez vous souvenir, ô chair, que « vous parlez ici à un esprit qui est tellement détaché des choses

[ocr errors]

corporelles, qu'il ne sait pas même si jamais il y a eu aucuns > hommes avant lui, et qui partant ne s'émeut pas beaucoup de « leur autorité 1. » E tal è infatti il preliminare della sua filosofia, fondata sul dubbio universale, e sulla considerazione solitaria del proprio animo. Tuttavia, s' egli facea così poco caso dell'autorità e dei libri degli altri, non voleva già che gli altri facessero la medesima stima delle cose sue proprie. Onde, parlando del suo libro dei Principii, consiglia agli studiosi di leg-. gerlo per ben quattro volte 2. Il qual consiglio, (che suppone in chi lo riceve un coraggio e una pazienza eroica,) se si ragguaglia col passo citato, dove si sconfortano indirettamente i lettori dal leggere Aristotile e Platone, anche una volta sola, è veramente saporitissimo. Donde mai l'insigne scrittore prese tanta fidanza? Forse dalla seguente osservazione, che fa egli stesso in una sua lettera « Si ceux des Petites-Maisons faisaient des livres, ils « n'auraient pas moins» (e perchè non più?) « de lecteurs que « les autres 3. » Hai ragione, caro il mio Descartes, e le tue opere filosofiche ne sono una prova.

1

OEuv., tom. II, p. 261. Pietro Gassendi nelle sue obbiezioni chiama il Descartes ô esprit, e questi gli risponde, chiamandolo ô chair, ô très-bonne chair.

2 OEuv., tom. III, p. 21, 22.

* Ibid., tom. VIII, p. 410.

II.

20

20

La mania di essere enciclopedico, che nel secolo passato e nel corrente nocque tanto al sodo sapere, fu anche avvalorata dall' esempio e dai precetti del Descartes, il quale nelle sue Regole così parla: Ce qu'il faut d'abord reconnaître, c'est que les « sciences sont tellement liées ensemble, qu'il est plus facile de «<les apprendre toutes à la fois, que d'en détacher une seule des « autres. Si donc on veut sérieusement chercher la vérité, il ne «faut pas s'appliquer à une seule science; elles se tiennent « toutes entre elles et dépendent mutuellement l'une de l'autre.» Cartesio comprovò colla propria esperienza, quali sieno i risultati di questa scienza universale; imperocchè, dalla matematica, e qualche particella delle scienze fisiche in fuori, qual è il giovamento da lui recato alle umane discipline? Ora si sa che gli studi enciclopedici sono impossibili a chi vuol essere dotto e non cerretano; onde il solo modo di conoscere le scienze straniere, per quanto si connettono con quell' una o quelle poche, onde si fa special professione, consiste nel sapersi valere con senno dei lavori degli altri, anzichè nel volerci dar opera direttamente da sè medesimo.

NOTA 17.

La proposizione del Vico, che il vero si converte col generato o col fatto, è indubitata, rispetto a Dio, ma sarebbe falsa, se all' uomo si applicasse. Infatti il vero da noi conoscibile non è un parto od un fatto umano, ma un parto o un fatto divino. L'Ente, come intelligente e intelligibile, genera sè stesso, e come onnipotente, crea le esistenze; la qual generazione e creazione costituiscono il vero intelligibile e sovrintelligibile a rispetto nostro, apprensibile col lume naturale e rivelato.

La conversione del vero col fatto è quella dell' ideale col reale.

[blocks in formation]

Ora la medesimezza dell' ideale e del reale si verifica nel giro dell' Ente, e non in quello delle esistenze.

NOTA 18.

Lutero diminui il sovrintelligibile in alcuni dogmi, come nell' Eucaristia, negando la transustanziazione, atteso la connessità intima, che ha il sacrificio colla costituzione del sacerdozio cattolico. Il dogma fu alterato in odio del rito, e della più alta funzione sacerdotale, cioè di esso sacrificio. Calvino prosegui l'opera, e annullò affatto la sostanza del dogma eucaristico, come spiantò al tutto la gerarchia. Durante questa prima epoca del protestantismo, si scorge che lo sforzo principale de' suoi capi mira a distruggere l' instituzione della Chiesa visibile, anzichè a combattere l'Idea considerata in sè stessa.

NOTA 19.

L'attitudine a mettere in rilievo, e scolpire i pensieri, è propria specialmente degl' Italiani, perchè essi soli, fra i popoli moderni, posseggono l'ingegno scultorio. Gli Spagnoli, i Tedeschi, i Fiamminghi e i Francesi ebbero scuole di pittura meritamente celebri; laddove presso nessuna nazione moderna, fuori degl' Italiani, fiori una scuola propria di statuaria; e se qualche straniero scolpi con lode, egli non fece setta nella sua patria, perchè si creò in Italia, e imitò i gran modelli del getto e della marmoraria italiana.

NOTA 20.

I Sociniani furono i forieri dei moderni razionalisti di Germania in ciascuno di quei tre punti. Le differenze, che corrono fra loro, sono di poca importanza, e si possono ridurre a due capi. 1° I razionalisti aggiunsero al concetto sociniano l'elaborazione

scientifica propria della età moderna in generale, e dei Tedeschi in particolare: il razionalismo è la scienza, di cui il Socinianismo è il catechismo. 2o I razionalisti tedeschi, conservando tuttavia il genio della loro nazione, discordano onninamente dal loro proprio sistema. Incalzati da una logica irrepugnabile, e giunti al colmo della miscredenza, vorrebbero riscattarsene e salvar l' Idea dal naufragio, in cui prima la gerarchia e le tradizioni, poscia la Bibbia stessa perirono. Di qui hanno origine quei vani tentativi, per creare un Cristianesimo razionale, che non istà a martello, nè può reggere, non dirò agli assalti, ma al soffio della logica. Gl' increduli alla francese, come l'anonimo di Wolfenbüttel, sono rari in Germania, e vi hanno poco credito. All' incontro gli antichi Sociniani, dediti per lo più alle faccende e ai piaceri, corrotti e sparsi nella vita esteriore, si riposavano lieti e tranquilli nel loro fiacco ed imbelle deismo.

NOTA 21.

Fra tutti gli articoli della dottrina cartesiana, quello, che colloca la base del vero nel sentimento della propria esistenza, è più fondamentale, più importante, e più ripetuto dall' autore. Niuno però ne inferisca che il Descartes ne avesse un concetto molto chiaro, e che la dottrina contenuta nelle varie opere di lui sia perfettamente d'accordo seco, almeno su questo punto; imperocchè ciò sarebbe un miracolo troppo grande, avendo rispetto a una testa così illogica e balzana, come quella di Renato. Gli avvenne a questo proposito il medesimo, che intorno alle altre parti del suo sistema; imperocchè da principio egli mise fuori il suo pronunziato in modo assoluto, senza pesarlo, e misurarne le conseguenze; ma ben tosto le obbiezioni mossegli da ingegni per lo più migliori del suo, lo obbligarono a rifarsi indietro, e a modificare la sua sentenza. Con che garbo, sagacità e coerenza, potrai giudicarlo da te stesso, o mio buon lettore, se avrai pazienza di legger la polemica cartesiana, che mi sono adoperato

di raccogliere e stringere in poche pagine, e metterti innanzi agli occhi con questa nota.

[ocr errors]

« Je suis, j'existe, cela est certain 1. Il faut conclure et tenir << pour constant que cette proposition je suis, j'existe, est néces<< sairement vraie 2. » « Il est très-certain que la connaissance de «<mon être, ainsi précisément pris, ne dépend point des choses «dont l'existence ne m'est pas encore connue; par conséquent, « elle ne dépend d'aucune de celles que je puis feindre par mon imagination 3. » Ecco il principio fondamentale, che il Descartes stabilisce in questi luoghi, come indipendente da ogni altra cognizione, come autonomo, evidente, valido per sè stesso. Egli non subodora nemmeno 1o che il sentimento della propria esistenza non può essere pensato, senza una idea generale e astratta; 2o che ogni idea generale e astratta presuppone una idea universale e concreta; e 3o che l' idea universale e concreta, essendo quella di Dio, ne segue che in Dio, e non nel sentimento della propria esistenza, si dee collocare il primo Vero, e che quindi il primo concetto nell' ordine dello scibile s' immedesima colla prima cosa nel giro della realtà.

Una considerazione più ovvia di questa, e che tuttavia sfuggi all' accorgimento del Descartes, si è, che nelle sue prime Meditazioni, dove stabilisce il suo principio, e lo innesta sul dubbio universale, egli va del continuo argomentando, valendosi d'idee generali, facendo dei giudizi e dei sillogismi; cose tutte, che ripugnano al suo processo. Imperocchè, come mai si possono ammettere e adoperare idee generali, quando si son rivocate in dubbio perfino le verità matematiche, e si ristringe la certezza a un fatto meramente individuale? Ovvero, come si può giudicare

[blocks in formation]
« PreviousContinue »