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da molti si è ammirato lo stile filosofico di Cartesio, quando il vero si è, che nelle materie speculative egli manca spesso d'ordine, e quasi sempre di limpidezza e di precisione. L' Ancillon lo avverti, parlandone in questi termini: «Pace tanti viri dicere ausim, nihil esse ea scriptorum eius parte quam nunc evolvo, perturbatius, et ob plane intolerabilem tautologiam tædii plenius 1. "

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NOTA 16.

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La presunzione e l'arroganza incredibile del Descartes trapelano quasi a ogni faccia delle sue opere, e si mostrano coi loro due effetti consueti, cioè con una stima eccessiva delle cose proprie, e un eccessivo disprezzo di quelle degli altri, senza eccezione di sorta. « Je suis toujours demeuré ferme, » dic' egli, « en «la résolution que j'avais prise de ne supposer aucun autre principe que celui dont je viens de me servir pour démontrer « l'existence de Dieu et de l'âme, » (con un circolo vizioso più chiaro del sole,) « et de ne recevoir aucune chose pour vraie, qui « ne me semblat plus claire et plus certaine, que n'avaient fait « auparavant les démonstrations des géomètres; et néanmoins j'ose dire que non-seulement j'ai trouvé moyen de me satisfaire en peu de temps, etc. . » Si può immaginare qualche cosa di più ridicolo, che un uomo, il quale ripudia tutte le idee ricevute più universalmente, fa professione di non ammetter per vere, se non le cose più chiare e più certe delle dimostrazioni geometriche, e trova il modo di soddisfare a sè stesso in poco tempo con un sistema, che è un tessuto continuo di leggerezze, di errori, e dei paralogismi più enormi e più sperticati, che si trovino al mondo? «Je pensai,» dice il Descartes, que les sciences des livres, au

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1LUD. FRID. ANCILLON, Judic. de jud. circa argum. cartes. pro exist. Dei. Berol., 1792, p. 15.

* OEuv., tom. 1, p. 168.

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moins celles dont les raisons ne sont que probables, et qui « n'ont aucunes démonstrations, s'étant composées et grossies «peu à peu des opinions de plusieurs personnes, ne sont point "si approchantes de la vérité que les simples raisonnements que peut faire naturellement un homme de bon sens touchant les « choses qui se présentent 1. » Il filosofo francese confonde quell' appropriarsi che ogni uomo dee fare della scienza colla scienza stessa; rompe il vincolo che collega insieme gl' individui e le generazioni, facendo della specie umana un ente unico, e attribuendo una successione continua alla sua vita; annienta la tradizione scientifica, il perfezionamento successivo, e distrugge il sapere; riduce l' uomo alle sue forze individuali, lo sequestra dalla società, e ne rende l'ingegno impotente; antipone infine il semplice buon senso alla ragione, il metodo naturale e disordinato al metodo artifiziale e scientifico, la natura greggia ai perfezionamenti dell' arte: il che è la morte del sapere, e di ogni opera umana. « J'ai tâché de trouver en général les principes ou les premières causes de tout ce qui est ou qui peut être dans le monde, sans rien considérer pour cet effet que Dieu seul qui l'a créé, ni les tirer d'ailleurs que de certaines semences de vérités qui sont naturellement en nos àmes.... Ensuite de quoi, repas"sant mon esprit sur tous les objets qui s'étaient jamais présentés « à mes sens, j'ose bien dire que je n'y ai remarqué aucune chose, que je ne puisse commodément expliquer par les prin<<cipes que j'avais trouvés 2. » Egli è vero che poco prima avea detto: « Je n'ai jamais fait beaucoup d'état des choses qui venaient << de mon esprit 3. » Ma accorda, se puoi, quest' atto di modestia colla professione di un uomo, che crede di sapere e potere egli solo più di tutto il genere umano, presente e passato, e pretende di riedificare ab ovo e da sè solo la scienza universale. Le sue

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paralogistiche dimostrazioni dell'esistenza di Dio e della spiritualità dell' anima « égalent ou même surpassent en certitude et « évidence les démonstrations de la géométrie1. » « Je dirai de

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plus, qu'elles sont telles, que je ne pense pas qu'il y ait aucune voie par où l'esprit humain en puisse jamais découvrir de « meilleures; car l'importance du sujet et la gloire de Dieu, à laquelle tout ceci se rapporte, me contraignent de parler ici un « peu plus librement de moi que je n'ai de coutume 2. » Uno spigolistro filosofo potrebbe parlar meglio? « Je les crois si néces« saires, que je me persuade que sans elles on ne peut jamais « rien établir de ferme et d'assuré dans la philosophie 3.

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» « Mon opinion est que le chemin que j'y prends pour faire connaître « la nature de l'âme humaine, et pour démontrer l'existence de « Dieu, est l'unique par lequel on en puisse venir à bout '. » Dunque la specie umana in tutti i secoli anteriori, fino al 1657, non avea trovato il vero modo di conoscere la dignità propria, e l'esistenza del suo Creatore. Del resto, quanto sia ferma e sicura la base piantata dal Descartes, la storia della filosofia europea, da lui in poi, lo ha provato.

Se questa iattanza indicibile, questo sentire così altamente di sè medesimo e dei proprii trovati, Cartesio avuto l'avesse nelle matematiche, in cui il suo valore ed i meriti erano grandi, si potrebbe scusare, e in un certo modo anche lodarsi. L'audacia è la confidenza del vero ingegno, che ha coscienza delle proprie forze, mi piace, perchè mi dà indizio di un animo valoroso : ella è spesso richiesta per combattere l'errore, per vincere le contrarie ed ingiuste opinioni, per imporre silenzio alla turba fastidiosa ed innumerabile degli sciocchi, degl' invidiosi e degl'

1 OEuv., p. 220.

1 Ibid., p. 219.

3 Ibid., tom. II, p. 79.

Ibid., tom. VIII, p. 393.

ignoranti. Ma quando il Descartes parla in tal modo di sè stesso, come filosofo, e de' suoi aborti speculativi, egli riesce affatto intollerabile. Quando si mette al di sopra di tutti i pensatori, non solo dell' età sua, ma di ogni tempo, non c' è più verso di poterlo scusare; perchè, se bene la sua sufficienza filosofica fosse stata somma, l'anteporsi ai più gran savi dei bassi tempi, e dell' antichità, a san Tommaso, a san Bonaventura, a sant' Anselmo, a sant' Agostino, a Platone, ad Aristotile, a Pitagora, all' Italia e alla Grecia, all' Oriente e all' Occidente riuniti insieme, sarebbe stato ridicolo. Questo disprezzo degli altri scrittori di ogni tempo e di ogni riputazione, e dell' autorità degli uomini in universale, è frequentissima nel nostro. Abbiamo veduto altrove, in che termini parlasse del gran Galileo. Egli disprezza espressamente le opere del Campanella 1; il quale fu pure uno degli uomini più dotti, più universali, e degl' ingegni più singolari del suo tempo; e come filosofo, non ostante le sue imperfezioni, è di gran lunga superiore al Descartes. Altrove parlando dello stesso Campanella così si esprime : « Pour la doctrine, il y a quinze ans que j'ai vu le livre De sensu rerum du même auteur avec quelques « autres traités, et peut-être que celui-ci » (quello di cui si parla nel contesto,) « était du nombre; mais j'avais trouvé dès lors si « peu de solidité en ses écrits, que je n'en avais rien du tout

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1 OEuv., tom. VIII, p. 18.

2 Si può conghietturare che il Descartes non amasse molto gli autori e le cose italiane, come non amava il cielo d'Italia, stimato da lui insalubre pe' suoi nazionali. Onde scriveva al P. Mersenne : « Votre voyage d'Italie me donne de l'inquiétude, car c'est un pays fort malsain pour les Français; » (specialmente la Sicilia, a causa de' suoi ciceri) « surtout il y faut manger peu, car les viandes << de là nourrissent trop. » (OEuv., t. VIII, p. 176, 177.) Pare che da un mezzo secolo in qua, i Francesi non abbiano più paura di avvelenarsi, se non si vuol credere che il loro amor per l' Italia provenga dall' aver le cose italiane meno di sugo, che anticamente, il che è indubitato. Nel resto, se il Descartes vivesse oggidì, il suo stomaco delicato avrebbe la consolazione di veder la gastronomia parigina tener la mestola in mano per quasi tutta la penisola, e potrebbe mangiare anche in Italia della zuppa alle finiserbe.

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gardé en ma mémoire; et maintenant je ne saurais en dire «< autre chose, sinon que ceux qui s'égarent en affectant de suivre << des chemins extraordinaires, me semblent bien moins excusa«bles que ceux qui ne faillent qu'en compagnie, et en suivant « les traces de beaucoup d'autres '. » Come mai il povero Descartes non s'accorse che scriveva in queste righe la propria condanna? Ma egli non si mostra più riverente verso le grandi scuole dell' antichità e dei bassi tempi. « Je dis hardiment, que «l'on n'a jamais donné la solution d'aucune question, suivant << les principes de la philosophie péripatéticienne, que je ne puisse « démontrer être fausse ou non recevable 2. » Un pazzo in delirio potrebbe dire una cosa più enorme di questa, che da Aristotile fino a san Tommaso, in quella magnifica seguenza dei filosofi del Peripato, non si è saputo dimostrare sodamente un solo vero? « Je ne veux pas examiner ce que d'autres ont su, ou ont ignoré. « Il me suffira de noter que, quand même toute la science que << nous pouvons désirer se trouverait dans les livres, ce qu'ils « renferment de bon est mêlé de tant d'inutilités, et dispersé dans << la masse de tant de gros volumes, que pour les lire il faudrait plus de temps que la vie humaine ne nous en donne, et pour ty reconnaître ce qui est utile, plus de talent que pour le trou«ver nous-mêmes. C'est ce qui me fait espérer que le lecteur ne << sera pas fàché de trouver ici une voie plus abrégée, et que les « vérités que j'avancerais lui agréeront, quoique je ne les em<< prunte pas à Platon ou à Aristote 3. » Che cosa direbbe il valente filosofo, se vivesse ai di nostri? Qual leggerezza maggiore, che il pretendere la copia dei libri al ripudio di ogni scienza tradizionale? Che il rendere inutili tutte le fatiche dei nostri antecessori, perchè la mole ne è troppo vasta? Che il rigettare i libri eccellenti, in dispetto dei cattivi e de' mediocri? Forse che

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1 OEuv., tom. VII, p. 417, 418.

2 Ibid., tom. IX p. 27, 28.

3 Rech. de la vérité, etc. Préamb.

OEuv., tom. II, p. 355, 356.

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