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Platone,) nel brano seguente di un suo dialogo : « B. Cogitationes «< fieri possunt sine vocabulis. A. At non sine aliis signis. Tenta <«< quæso an ullum arithmeticum calculum instituere possis sine signis numeralibus? (Cum Deus calculat et cogitationem exercet, fit mundus.) B. Valde me perturbas, neque enim putabam << characteres vel signa ad ratiocinandum tam necessaria esse. A. Ergo veritates arithmeticæ aliqua signa seu characteres supponunt? B. Fatendum est. 4. Ergo pendent ab hominum «< arbitrio? B. Videris me quasi præstigiis quibusdam circumve«nire. 4. Non mea hæc sunt, sed ingeniosi admodum scriptoris. «B. Adeone quisquam a bona mente discedere potest, ut sibi persuadeat veritatem esse arbitrariam et a nominibus pendere, « cum tamen constet eandem esse Græcorum, Latinorum, Germa«norum, Geometriam. 4. Recte ais. Interea difficultati satisfa

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ciendum est. B. Hoc unum me male habet, quod nunquam a « me ullam veritatem agnosci, inveniri, probari animadverto, << nisi vocabulis vel aliis signis in animo adhibitis. A. Imo si «< characteres abessent, nunquam quicquam distincte cogitaremus, << neque ratiocinaremur. B. At quando figuras geometriæ inspi«cimus, sæpe ex accurata eorum meditatione veritates eruimus. 4. Ita est; sed sciendum etiam has figuras habendas pro characteribus, neque enim circulus in charta descriptus verus « est circulus, neque id opus est, sed sufficit eum a nobis pro « circulo haberi. B. Habet tamen similitudinem quandam cum « circulo, eaque certe arbitraria non est. 4. Fateor, ideoque « utilissimæ characterum sunt figuræ. Sed quam similitudinem « esse putas inter denarium et characterem 10? B. Est aliqua « relatio seu ordo in characteribus, qui in rebus, imprimis si «< characteres sint bene inventi. A. Esto; sed quam similitudinem «< cum rebus habent ipsa prima elementa, verbi gratia O cum « nihilo, vel cum linea? Cogeris ergo admittere saltem in his << elementis nulla opus esse similitudine. Exempli causa in lucis « aut ferendi vocabulo, tametsi compositum Lucifer relationem ad «lucis et ferendi vocabula habeat ei respondentem, quam habet

«res Lucifero significata, ad rem vocabulis lucis et ferendi signi«ficatam?.... B. Hoc tamen animadverto, si characteres ad ra«tiocinandum adhiberi possint, in illis aliquem esse situm

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complexum ordinem, qui rebus convenit, si non in singulis « vocibus (quanquam et hoc melius foret) saltem in earum conjunctione et flexu, et hunc ordinem variatum quidem in omnibus linguis, quodammodo respondere. Atque hoc mihi spem << facit exeundi e difficultate. Nam etsi characteres sint arbitrarii, eorum tamen usus et connexio habet quiddam quod non est arbitrarium, scilicet proportionem quandam inter characteres «et res et diversorum characterum, easdem res exprimentium, « relationes inter se. Et hæc proportio sive relatio est fundamen«tum veritatis. Efficit enim ut sive hos sive alios characteres adhibeamus, idem semper sive æquivalens seu proportione respondens prodeat, tametsi forte aliquos semper characteres << adhiberi necesse sit ad cogitandum. A. Euge præclare admo

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dum te expediisti. Idque confirmat calculus analyticus arithme«ticusve. Nam in numeris eodem semper modo res succedet, sive denaria, sive ut quidam fecere, duodenaria progressione utaris «et postea quod diversimodo calculis explicasti, in granulis, aliave «materia numerabili exsequaris; semper enim idem provenit 1.

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NOTA 3.

Questa intrinseca connessione dell' Idea colla parola è la base ontologica del precetto morale, e assoluto della veracità; imperocchè, il segno essendo l' espressione naturale dell' Idea, per cui ella passa dallo stato intuitivo allo stato riflessivo, e l' Idea essendo originalmente l'inventrice e l'institutrice del segno, ne segue che la menzogna, qualunque siano le circostanze, che l' accom

1 Dial. de connex, inter res et verba. 510, 511.

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OEuv. philos., ed. Raspe, p. 509,

pagnano, e il fine a cui viene indirizzata, è intrinsecamente contraria all' ordine ideale delle cose, e quindi viziosa ed illecita. I Pitagorici aveano presentito la santità della parola, riducendo la loro morale verso gli uomini a due supremi doveri, veracità e beneficenza. Il Cristianesimo mise fuor di dubbio l' indole assoluta di questo precetto, e ciascuno conosce la bella dottrina di santo Agostino su questo proposito. La Chiesa cattolica, (se si eccettua qualche oscuro ed impuro casista,) si tenne costantemente sulle stesse orme, non ammise mai la distinzione del falsiloquio dalla bugia, nè legittimò il primo, secondo l'avviso de' moralisti protestanti e dei filosofi razionali. Fra' quali però si ritrovano alcune onorevoli eccezioni, come per esempio Emanuele Kant, che si vergognò d' introdurre fra le nazioni cristiane una dottrina ripugnante al retto senso di molti popoli Gentili.

NOTA 4.

Nell' uomo individuale l'animo accoppiato agli organi fa la persona, e rappresenta l' Idea, a cui mediante l'intuito è strettamente congiunto. Parimente il Papa, che è la personalità della Chiesa, rappresenta l' Idea umanata, cioè il Verbo fatto uomo, a cui risale l'autorità di lui, mediante la missione legittima dei successori di Pietro; il quale udi l' Idea umanata e parlante, come lo spirito ha l' intuito dell' Idea intellettiva. Il Papa e la Chiesa sono due cose inseparabili, l' una delle quali è in relazione coll' altra, come il capo colle membra, l' anima col corpo, l' uno col moltiplice, il centro colla circonferenza, e si suppongono reciprocamente. Dal Papa non deriva fontalmente la potestà de' vescovi, nè dalla Chiesa quella del Papa: entrambe provengono dal comune principio, e concorrono a formare une sola organizzazione. Perciò si può dire con eguale verità che il Papa è nella Chiesa, e che la Chiesa è nel Papa, come si può affermare che l'anima è nel corpo, e il corpo nell' anima e questa reciproca

insidenza ha luogo dai due lati, perciocchè il Papa e la Chiesa coesistono nel Verbo umanato, cioè in Cristo, e ne traggono ogni loro prerogativa. L'infallibilità, che è l'influsso sovrannaturale dell' Idea, è privilegio di tutta questa gran mole; e siccome l' organazione di essa mole risulta dall'unione del capo colle membra, e dell' anima col corpo, il chiedere, se tal privilegio si trova in ciascuna di queste due cose disgiunta dall' altra, è supporre che l' una di esse possa avere in separato quel valore morale, che risulta solo dalla loro composizione organica. La Chiesa è tanto necessaria per fare il Papa, quanto il Papa per fare la Chiesa, e ogni membro di questa dualità perde il suo essere, se gli si toglie la sua correlazione verso l'altro; come l'uomo si estingue, se si separano gli organi e lo spirito, parti integranti dell' umana natura. Non fo altro, che accennare di volo alcune idee, che mi paiono suscettive di essere dichiarate e provate coi principii della teologia più severa, e atte a comporre la vecchia lite dei Gallicani coi fautori della sentenza contraria.

NOTA 5.

La Chiesa è una società destinata a rappresentare visibilmente fra gli uomini l'immutabilità dell' Idea. Alcuni fra gli antichi protestanti, come verbigrazia, il Jurieu, tentarono di togliere alla fede cattolica il suo privilegio di essere immutabile; ma l' impossibilità dell' assunto lo fece ben tosto deporre; e per salvare i diritti dell' errore, si prese ad asserire che il variare è proprio del vero, e che alla falsità soltanto appartiene la dote contraria. Per nobilitare questa strana dottrina coll' artifizio delle voci, (solita industria di chi erra,) le dottrine immutabili si chiamarono stazionarie, e retrogradi quelli, che si adoprano a rimetterle in onore; e quindi s'inventó la teorica del vero progressivo, secondo la quale l'idea di progresso e di perfezionamento, doti proprie dei fatti, e delle realtà contingenti, si trasferi nell' ordine delle cose

assolute, escludenti ogni successione e ogni vicenda. Singolare opinione, che regna al di d'oggi più o meno universalmente, e infetta due terzi degli scritti, ch' escono alla luce; la quale basterà a chiarire i posteri, qual sia il valor filosofico del secolo decimonono. Che i sensisti la difendano con calore, non è da stupire, come quella che si conforma ai loro principii; i quali riducendo l' idea al senso, gliene danno le proprietà, e la sottopongono a quel flutto incessante, per cui le cose non sono in effetto, diventando e passando solamente. Ma che diremo di coloro, che professano questa dottrina, e tuttavia si compiacciono e vantano di essere razionalisti? Ciò sarebbe incredibile, se non sapessimo altronde che il razionalismo moderno è un sensismo mascherato. E di vero, l'Idea sendo l'Ente stesso, la mutabilità e il progresso dell' una arguisce il mutarsi e il perfezionarsi dell' altro; il che torna a dire che l'Ente non è l' ente, ma l'esistenza. Ne i moderni panteisti hanno cansata questa conclusione; i quali pongono in Dio quel medesimo progresso, che compete al mondo. ideale, e considerano la divina essenza, come una cosa, che si va esplicando, e perfezionando di giorno in giorno; anzi propriamente parlando, Iddio non sussiste a senno loro, l'universale teogonia non essendo compiuta, nè potendo essere, perchè la progressiva vicenda delle cose non avrà mai fine. Così essi giungono, (benchè, per quanto io mi sappia, niuno di loro abbia osato dichiararlo apertamente,) a questa inaudita conclusione, che l'eterna vicenda dell' universo, è una lenta genesi della natura divina, e che questa sussistente ab eterno in potenza, non potrà mai essere in atto. Certo questo è l' ateismo più singolare, che possa cader nella mente dell' uomo, e importa il rovescio assoluto della formola ideale.

NOTA 6.

Siccome il vero armonizza col vero, anzi, obbiettivamente parlando, la verità, come l' Idea, è unica e indivisibile, perciò

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