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mente, l'essenza reale, come chiamo Ente senza più, l'Ente reale, parendomi che questo modo di parlare si conformi alla genuina significazione delle voci, e all'uso degli scrittori, i quali sogliono distinguere la voce essenza coll' epiteto di razionale, quando l'adoperano per significare la notizia, che noi abbiam delle cose. L'essenza è adunque quello, che v'ha di reale, e nel tempo medesimo d'inescogitabile, negli oggetti. Ciò posto, io dico che tutte le proprietà dell' Ente debbono scaturire dalla sua essenza, e fare, per via di essa, una unità perfettissima; tantochè uno spirito, che potesse conoscere questa essenza, non troverebbe più nessuna distinzione mentale fra le doti e le perfezioni dell' Ente increato 1. Nel qual senso si può dirittamente affermare che i concetti assoluti procedono per via di generazione da un principio assoluto; il quale non è già il concetto di Ente da noi posseduto, ma quello di essenza, onde siamo privi. Cosicchè gli attributi dell' Ente ci paiono come distinti gli uni dagli altri, benchè ne sia manifesto, che in effetto si unizzano e immedesimano insieme, e che il non poter noi al presente concepire questa unità assoluta, nasce dal difetto della nostra comprensiva, che non può abbracciare l'essenza. Ma donde infine derivano, a rispetto nostro, le idee assolute, che ci rappresentano le proprietà dell' Ente? Rispondo che non provengono da alcun altro concetto, ma ci vengono date simultaneamente coll' idea dell' Ente, la quale ha sovra di esse un principato logico, non cronologico. L'idea dell' Ente coi concetti indi

1 Parlo delle perfezioni razionali. Quanto alle perfezioni sovrarazionali, donde risulta il mistero della Trinità, se avessimo l'intuito della essenza divina, la distinzione reale delle persone si mostrerebbe tanto evidente allo spirito nostro, quanto l'unificazione degli attributi.

visi di eterno, immenso, uno, infinito, e simili, con tutto il corredo delle idee assolute, forma la sintesi primitiva dell' intuito, la quale è una vera rivelazione. Noi veggiamo la sintesi ideale, come la sintesi naturale, il mondo dell' Ente, come quello delle esistenze, per una percezione immediata e intuitiva. Le varie porzioni di questa sintesi ideale sono fra loro indissolubilmente connesse e intessute; hanno una dipendenza logica dall'idea dell' Ente, senza esserne generate, senza che i loro elementi s'inchiudano in essa, quale si affaccia allo spirito nella propria semplicità nativa. Esse compongono un moltiplice razionale, che obbiettivamente si riduce a unità perfettissima. Che se l'Uno reale piglia pel nostro intuito l'aspetto di una moltiplicità mentale, ciò nasce dall' oscurità impenetrabile, che involge l'essenza dell' Ente. Conchiudo adunque, rispondendo al quesito proposto, che i concetti assoluti procedono dall' idea dell' Ente, non per via di generazione e di creazione, ma di semplice dipendenza logica.

Secondo quesito. In che modo tutti i concetti relativi procedono dall' idea dell' Ente? Ricordiamoci che il mondo della cognizione è parallelo a quello della realtà, e che noi conosciamo il reale, in quanto lo percepiamo, contuttochè la percezione che ne abbiamo non sia intera e perfetta. Ora, giusta gli ordini del mondo reale, le cose relative, cioè le esistenze, derivano dall' Ente assoluto, in quanto ne sono create; se adunque l'intuito, che abbiam degli obbietti, contemplando l'atto creativo, alla loro natura intrinseca si conforma, i nostri concetti relativi debbono essere effetto non di generazione, ma di creazione. Se i concetti relativi fossero generati dall' Idea nella subbiettività loro, ne seguirebbe che le esistenze sono generate, e non create dall' Ente; dogma pan

teistico ed assurdo. L'aver voluto cercare la generazione delle idee, in vece d' investigarne solamente la produzione o la processione, è ciò che ha sviato quasi tutti i psicologi. I quali camminando, secondo gli ordini del psicologismo, e pigliando le mosse dai sensibili interni od esterni, nei quali è impossibile il raccapezzare la nozione di causalità creativa, e dove ogni produzione è una emanazione o generazione, applicarono questo concetto al modo della produzione ideale, e viziarono la scienza ideologica: alcuni lo applicarono eziandio alla produzione reale, e architettarono una ontologia panteistica, come quella che oggi regna fra gli Alemanni. L'ontologismo, tenendo la via contraria, che è la sola legittima, ci obbliga ad asserire di tutti i concetti relativi ciò che dianzi affermammo della loro radice, cioè dell' idea di esistenza, e conchiudere, che i concetti relativi nella subbiettività loro procedono dall' idea dell' Ente, non per via di generazione, ma per via di creazione.

Terzo quesito. I concetti relativi dipendono altresì dall' idea di esistenza? E in che consiste questa dipendenza speciale? L'idea di esistenza esprime generalmente la dipendenza del reale creato dal reale increato, cioè dall' Ente, e quindi il termine estrinseco e contingente dell' atto creativo. Egli è dunque chiaro che tutti i concetti relativi presuppongono logicamente l'idea di esistenza, come i concetti assoluti presuppongono l'idea dell' Ente. Ma il concetto di esistenza inchiude solo una relazione generica del creato verso l'Ente creatore, e non contiene gli elementi speciali, per cui gl' intelligibili relativi si differenziano fra di loro. Così, verbigrazia, il divario, che corre fra la sostanza seconda e la causa seconda, fra le qualità e gli effetti, non si può dedurre dalla

semplice nozione di esistenza. La radice di questi vari concetti, e delle realtà corrispondenti, è l'essenza dell' esistente; la quale non è meno inescogitabile, che l'essenza dell' Ente; tanto che, se conoscessimo questa essenza, potremmo dedurne tutto il complesso dei concetti relativi, come i concetti assoluti dall' essenza assoluta. Conchiudo adunque che i concetti relativi non procedono dall' idea di esistenza, per via di generazione o di produzione, ma per modo di semplice dipen denza logica.

Il sagace lettore avrà già avvertito che questa mia dottrina sull' origine delle idee concorre nella sostanza con quel gran principio del Vico che « in Dio il Vero si converte ad intra «col generato, ad extra col fatto 1. » L'origine divina delle idee si effettua solamente per via di generazione propria, come l'origine umana di esse ha luogo per via di creazione divina; la dipendenza logica, onde abbiamo discorso, essendoci manifestata dall' atto creativo. L'Idea avendo la piena possessione di sè stessa, il concetto dell' Ente s'immedesima in esso Ente col concetto di essenza, e da questo semplicissimo intuito si genera il Vero divino; laddove rispetto a noi, l'Ente essendo conosciuto senza l'essenza, le altre idee accompagnano la notizia di esso, ma non ne sono ingenerate. Noi dunque le possediamo, non già come dedotte, ma come rivelate, comunicate; e questa comunicazione è l'atto stesso creativo, per cui l'Ente, traendoci dal nulla all' esistenza, ci si rivela col corredo delle sue perfezioni, e ci dà notizia delle cose contingenti, (al novero delle quali il nostro spirito appartiene,) colla medesima azione

1 VICO, Op. lat., tom. I, p. 52, 53, 97.

creatrice, che appalesandoci gli oggetti esterni, manifesta anco sè stessa, come la luce, suscitando i colori delle cose, s'illustra col suo proprio splendore. Ma queste materie sono troppo difficili, da poter essere spedite con breve discorso. Ne ragionerò a dilungo, investigando la processione delle idee; della quale ho toccato per ora quel solo, che mi pare bastevole a mostrare le attinenze correnti fra un gravissimo problema di psicologia, e il dogma ontologico della creazione.

La quistione dell' origine delle idee si collega strettamente con quella dei giudizi analitici e sintetici. Se niuna idea nasce per via di generaziene dall' idea dell' Ente, ne segue, che salvo la replicazione di tal concetto sopra sè stesso significata nel primo membro della formola ideale, tutti i giudizi razionali sono sintetici 1. Dunque la realtà del giudizio sintetico a priori non dipende dalla struttura dello spirito umano, secondo l'avviso della scuola critica, nè da una genesi ideale, che ripugnerebbe alla natura di tal giudizio, quando il generarsi delle idee richiede che le une nelle altre s'inchiuggano; ma bensì da una sintesi obbiettiva, che risponde alla sintesi mentale, e la partorisce. Tutte le idee semplici sono poste le une fuori delle altre; giacchè, se discorrendo da questa in quella, la prima si trovasse nella seconda, e così successivamente, non si potrebbe mai avere un nuovo concetto. La sentenza dei psicologisti, che tutti i giudizi a priori sono analitici, è vera, se si parla della cognizione riflessiva, la quale rappresentando al pensiero la sintesi ideale, gli porge idee complesse, che vengono sciolte e ridotte ai loro elementi,

1 Teor. del Sovr., not. 24, p. 380, 381, 382.

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