Page images
PDF
EPUB

Ente, che di presenza è intimissimo alle cose finite, benchè distinto da loro. Ora, siccome in ciò consiste il concetto essenziale di creazione, se ne deduce che noi abbiamo l'intuito dell' atto creativo, non meno che delle esistenze e di esso Ente. D'altra parte, il nulla si può solo pensare per modo indiretto, astraendo lo spirito dall' intuito immediato dell' Ente e di ogni altra cosa. La quale operazione essendo soltanto possibile alla cognizione riflessa, ne segue che nel giro della cognizion diretta il nulla è affatto inescogitabile. E veramente, affinchè si potesse aver l'intuito del nulla, bisognerebbe che il nulla dell' essere partecipasse. Che vogliam dunque dire, affermando, l'uomo essere spettatore della creazione? Certo non intendiamo di far credere che il nulla si vegga; il che fora veramente uno strano spettacolo. Vogliam dire che si apprende l'esistenza, come opera dell' Ente, e che si contempla esso Ente, come principio e ragione delle sue fatture.

Si soggiungerà forse che l'intuizione dell'atto creativo dovrebbe farci conoscere quel nesso misterioso, che corre fra l'Ente e l'esistente, e penetrar la natura della creazione. Rispondo che altro è il vedere un fatto, altro lo scorgere il modo e la ragione intima del fatto, e addentrarsi nella sua essenza. Il fatto della creazione non si diversifica in ciò dagli altri fatti e dagli altri veri; i quali tutti constano d'intelligibile e di sovrintelligibile. Lo spirito vede l'atto creativo dell'Ente, senza avvisar la natura recondita di tale atto, come gli occhi veggono il moto di un corpo, senza percepire o conoscere altrimenti l'essenza della forza motrice. Ma basti di ciò.

Il concetto ideale di creazione, tramezzante fra quelli

di Ente e di esistenza, ci mette ora in grado di determinare, donde nasca tale idea di esistenza, di cui abbiamo finora discorso. Se pel concetto di esistenza si vuol significare il semplice intuito mentale, egli è assurdo il chiedere, onde provenga, consistendo esso intuito in un atto dello spirito, ed essendo quest'atto unico, sia che si applichi ad un solo oggetto, o ad una moltitudine. Se poi s'intende il ter mine obbiettivo della cognizione, il voler sapere, da che nasca l'idea di esistenza, è lo stesso che domandare, donde proceda la realtà delle cose, che di esistenza sono dotate. Imperò la realtà dell'esistente derivando da quella dell'Ente per via di creazione, il concetto del primo è prodotto del pari dal concetto del secondo. Se si chiede poi, come l'Idea obbiettiva crei il concetto subbiettivo, rispondiamo che quanto il fatto è certo, tanto il modo ne è arcano e impenetrabile. Il mistero psicologico risponde al mistero ontologico amendue fanno un solo mistero, proveniente dall'atto creativo, la cui arcana natura dipende dall' incomprensibile essenza dell'Ente creatore.

Ma l'origine particolare del concetto di esistenza non può bene intendersi, se non si risale al problema generico della origine delle idee, che dal Locke in poi fu considerato, come principalissimo in filosofia, e trattato con predilezione dalla maggior parte dei psicologi, fino ai di nostri. Questo problema, al parer mio, non è stato sinora perfettamente risoluto, quantunque parecchi filosofi, che se ne sono intromessi, vi abbiano recato una sagacità d'ingegno e un rigor di analisi non ordinario. La causa si è, che si è voluto procedere, secondo gli ordini del psicologismo; laddove non occorre quistione capitale di psicologia, che si possa risolvere

compitamente, senza risalire ai dettati ontologici. Se il psicologo vuol conoscere appieno i fatti, in cui si travaglia, egli dee lavorare sopra una sintesi anteriore, che non può essergli somministrata, se non dalla scienza ontologicale. Noi ne abbiamo già tocchi alcuni esempli; e quello, che ora accenniamo, non sarà l'ultimo. Fermiamoci per qualche istante su questo articolo, sia per l'importanza sua propria, e la celebrità di cui gode al di d'oggi, come per la sua stretta connessione colle cose dianzi discorse.

I psicologi moderni, ricercando l'origine delle idee, sono tutti d'accordo nel presupporre che le idee nascono le une dalle altre, per via di generazione. La quale importa la preesistenza del generato nel generante esclude la produzione dal nulla non è propriamente altro, che una emanazione, per cui quello che prima trovavasi implicato in un' altra cosa, si esplica e comincia a sussistere da sè. Perciò quando si afferma che un concetto è generato da un altro, si vuol dire che l'elemento integrale del primo si contiene nel secondo. Così i psicologi sensisti, che fanno derivare tutte le idee dai sensi, pretendono di trovare nei sensibili il germe di tutti gli elementi integrali, onde si compone il nostro sapere. Pretensione assurda e combattuta felicemente dai psicologi razionalisti; i quali convengono nell' affermare che gl'intelligibili non possono in nessun modo esser generati dai sensibili; e aggiungono che fra gl'intelligibili, gli uni generano gli altri. I fautori della qual sentenza si possono distinguere in due classi. Gli uni, come Gotama, Aristotile, Emanuele Kant, e i moderni eclettici di Francia, ammettono parecchi intelligibili primari, da cui i secondari derivano altri riconoscono espressamente o paiono ricono

:

scere una sola idea prima, da cui tutte le altre provengono, per via di generazione. Fra i filosofi della seconda classe, il Rosmini, che è l'ultimo in ragion di tempo, vuol essere riputato uno dei primi in ragion di merito, per ciò che concerne la discussione presente. Dovendo io studiare nella brevità, mi ristringerò per ora a poche avvertenze su questo punto della teorica rosminiana, riserbandomi a parlarne minutamente, quando tratterò exprofesso un soggetto, che ora debbo contentarmi di accennare.

Il Rosmini stabilisce primieramente, che tutte le idee derivano da quella dell' ente possibile; secondamente, che questa provenienza si fa per via di generazione, in quanto l'elemento intelligibile di tutti i concetti si contiene nell' idea dell'ente 1. Di queste due sentenze, io ammetto la prima, sostituendo solo all'idea dell'ente possibile l'idea dell'Ente reale, a tenore delle cose dianzi discorse; ma non posso aderire alla seconda, e affermo che niuna idea nasce dal concetto dell' Ente per via di generazione propriamente detta.

Secondo il Rosmini, l'idea dell'ente possibile genera tutte le altre idee, mescolandosi cogli elementi sensitivi, che si apprendono per via del senso interiore e esteriore. Ogni idea secondaria, constando di un elemento sensibile e di un elemento intelligibile, l'ultimo di questi due componenti non è altro, che l'idea dell'essere. Così, per esempio, l'idea dell' essere, collegandosi con quei sensibili, che qualità o

1 N. Sagg. sull' orig. delle idee, sez. 5, part. 2, 3, 4, 5, tom. II. Princ. della scienza morale. Milano, 1837.

modificazioni si chiamano, ci porge il concetto di sostanza; cogli effetti, l'idea di causa; col proprio pensiero, la nozione di forza intelligente; e così via discorrendo. Donde segue che tutte le idee, come idee, sono veramente generate da quella dell'ente, giacchè in questa unicamente risiede il loro principio intelligibile. Anzi, propriamente parlando, tutte le idee, come idee, sono identiche a quella dell'ente, e non si possono chiamar generate, se non in quanto questa medesimezza si mesce colla varietà dei sensibili.

Il ragionamento è ingegnoso; ma io non credo possibile il conciliarlo col vero e coi fatti. La prima conseguenza, che se ne trae, si è, che l'uomo non ha molte idee, come si è finora creduto dai migliori psicologi; ma bensì una sola idea, cioè quella dell'ente nella sua maggiore astrattezza. Ora questo pronunziato conduce in psicologia ed in logica al sistema del Condillac, che trovava una perfetta medesimezza in tutte le nostre cognizioni, e considerava la scienza, come una lingua ben composta e ordinata, come un'algebra speculativa, che trasforma sotto vari segni lo stesso concetto. In ontologia poi esso mena dirittamente al panteismo de' filosofi tedeschi, che ripongono nell'identità universale il solo vero assoluto. Se non che, secondo il Rosmini, la base dell' identità versando nella sola idea dell' ente possibile, che, disgiunto dal reale, non può sussistere; la prefata dottrina, per tal rispetto conduce allo scetticismo e al nullismo. Non è certamente necessario che io dichiari, queste illazioni essere alienissime dalla mente del dotto e religiosissimo Autore; e io ne fo menzione, come di quelle conseguenze rigorose, ma recondite, che sfuggono talvolta all' avviso degl' ingegni più cauti e più perspicaci.

« PreviousContinue »