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la radice dell'individuamento non è subbiettiva, ma obbiettiva, non umana, ma divina, e non viene conosciuta dall' uomo, se non in quanto egli la vede effettuata nella creazione.

L'individuo è veramente l'attuazion dell' idea, ma l'idea è ad un tempo l'attuazione dell'individuo, secondo l'interpretazione più probabile della dottrina aristotelica; giacchè la realtà suprema in quella, e non in questo è riposta. Quindi è, che la realtà individuale non è da noi veduta semplicemente in sè stessa, ma nella sua causa, cioè nell' Ente, che la crea e sostiene con un'azione continua e immanente. Dicendo : questo corpo è, non esprimiamo soltanto la realtà del corpo in sè stessa, ma accenniamo eziandio alla sua insidenza nell' Ente, e alla partecipazione finita di esso; nella quale consiste propriamente ciò che chiamiamo esistenza. Onde la voce è esprime eziandio in questo caso, oltre la realtà contingente, le sue attinenze colla realtà necessaria: non significa una sostanza morta, ma una forza viva: ci mostra l'effetto nella sua causa, nell' azione causante, e ci fa ravvisare il contingente nell' atto creativo, mentre emerge dal Necessario, che lo produce. Perciò, invece di usare la detta formola, è assai più proprio e preciso il dire questo corpo esiste, dove l'ultima voce esprime la derivazione dall' Ente.

Ogni affermazione dell' esistenza importa il concetto della creazione. La voce è, applicata alle esistenze, inchiude la nozione dell'atto creativo, non già per via di raziocinio, ma di semplice intuito. Quindi si conferma la nostra dottrina, che la percezione naturale dei corpi ce li mostra nella loro derivazione dall' Ente, e che noi li contempliamo a rigor di termini, non già come fatti nel tempo, ma come emergenti

da una immanenza eterna, che risponde alla continuità temporaria, in cui son collocati. Per tal modo il dettato eracliteo, che le cose mondiali non sono, ma passano, diventa vero e accordabile colla possibilità della scienza cosmologica, perchè il flusso delle creature si contempla congiuntamente alla immanenza dell' atto creativo. La nozione di esistenza è dunque mista di un intelligibile e di un sensibile. L'intelligibile è l'atto causante e creativo dell' Ente: il sensibile è il termine estrinseco di quest' atto. L'esistenza è adunque il termine estrinseco dell' atto creativo dell' Ente; e siccome l'individuo creato è un esistente, gli si può applicare la stessa definizione.

Se l'esistenza delle cose si conosce in virtù dell' idea, che si ha dell' Ente creatore, ne segue che le cose esistenti vengono da noi percepite, come reali, perchè prodotte, e non già come prodotte, perchè reali. Il fatto dell' esistenza dei corpi si fonda adunque nel fatto della creazione, e però l'idealismo non può essere sodamente confutato, se non si ricorre a quel dogma supremo. Eccoti la ragione, per cui l'idealismo moderno è inespugnabile, e per cui i panteisti, neganti la creazione, se camminano a filo di logica, sono idealisti. Invano i psicologisti si sforzano di mettere in sicuro la realtà dei corpi; imperocchè, non potendo, conforme ai loro principii, ammettere la creazione, le loro armi vengono spuntate ed infrante dai sofismi della dottrina contraria. Il Cristianesimo, rivelando la creazione, di cui i Gentili aveano smarrito il concetto, fornisce il solo principio, per cui si possa combattere vittoriosamente lo scetticismo idealistico, e (cosa mirabile), mette in sicuro la certezza scientifica del mondo sensibile, porgendo alle scienze naturali,

che illustrano l' età moderna, una base ferma e inconcussa. Siccome poi la creazione è il sovrannaturale, (come proveremo in appresso,) se ne deduce un altro corollario, pure singolarissimo; cioè, che senza il sovrannaturale non può darsi la scienza di natura. Il che dee forte stupire i fisici della età nostra, e recar qualche impaccio ai nemici dei miracoli e della rivelazione, se non isdegnano di levarsi, psicologizzando, a un progresso veramente filosofico.

Il fatto dell'esistenza dei corpi è conosciuto con quel genere di certezza, che nelle scuole si chiama fisica, e dalla metafisica si distingue, in quanto l'una versa sui fatti, e l'altra sulle idee si esercita. La certezza morale è d'indole in parte conforme alla fisica, ma contiene altresì un elemento metafisico, e occupa un luogo mezzano fra gli altri due generi di certezza. Il vero divario, che corre tra questi due generi, i logici lo cercano da gran tempo; ma i loro lavori non mostrano che finora l'abbiano trovato. Il che avvenne, perchè niuno di essi salì al principio della creazione, da cui il genio delle loro dottrine e il tenore del metodo gli dilungavano. E veramente, l'ontologia essendo, giusta i canoni del psicologismo, fondata sulla psicologia, la certezza fisica dee essere la base della metafisica. La qual perturbazione dell' ordine naturale spinge il filosofo allo scetticismo, se la dialettica prevale al giudizio; o lo induce ad esagerare la certezza fisica e trasformarla in metafisica, se il retto senso sovrasta alla logica. Infatti costoro, non potendosi risolvere, se hanno buon senno, a dubitar di tutto, ed essendo costretti dai loro principii a porre il certo nel sensibile, si sforzano di dare alla evidenza materiale quel valore, che si addice alla base di tutto lo scibile.

La certezza nasce dall' evidenza, e tuttociò che si può dire di questa, è applicabile eziandio a quella. L'evidenza è l'intelligibilità delle cose. L'ordine intuitivo della cognizione e l'ordine reale delle cose sono identici, come abbiamo già avvertito più volte per questo le esistenze sono create dall' Ente, per quello i sensibili vengono illustrati dall' Intelligibile. L'evidenza metafisica è l'intelligibilità in sè stessa, l'intelligibilità intrinseca dell' Ente, e per così dire, l'Intelligibile in persona. L'evidenza fisica è l' intelligibilità estrinseca delle esistenze, l'intelligibilità considerata ne' suoi rivi, e non nella fonte, nelle cose create e intellette, non nella mente infinita, che le crea, e le rende atte ad essere intese. La prima è diretta, immediata, perfetta, e quasi raggio incidente, proviene dalla sorgente medesima della luce, e dall' oggetto, che illumina ogni cosa; laddove la seconda è indiretta, mediata, imperfetta, e come un raggio riflesso o rifratto, declina o rampolla da un principio estrinseco all'oggetto inteso, e per tal modo dall' altra si differenzia. Laonde, propriamente parlando, non si danno due evidenze, ma una sola, che è l'intelligibilità divina; la quale, in quanto si riflette in sè stessa e illustra l'entità propria, partorisce l'evidenza metafisica; in quanto riverbera sugli altri oggetti e li rischiara, genera l'evidenza dell' altre specie.

Il nesso fra le due evidenze è identico a quello, che corre fra i loro oggetti, cioè fra l'Ente e le esistenze. Ora il nesso fra l'Ente e le esistenze essendo l'atto creativo del primo, se ne dee inferire che l'evidenza metafisica crea gli altri generi di evidenza, come l'Ente crea gli oggetti, che sussistono finitamente. L'Ente, che crea le esistenze, come Causa, essendo nello stesso tempo l' Intelligibile, intende le sue fatture e in

telligibili le rende; chè altrimenti non sarebbero intese. Egli è vero che, secondo l'ordine logico, le esistenze, e quindi le menti create, sono intese rispetto a sè medesime, perchè intelligibili; ma riguardo all' Ente sono intelligibili, perchè intese; giacchè i possibili eterni, che si esemplano in esse dall' Intelligenza creatrice, e le rendono atte a essere conosciute, sono l'essenza dell' Intelligibile, che è tale, perchè intelligente. La creazione è adunque l'atto, per cui l'evidenza metafisica diventa fisica o di altra specie. Il che ci spiega i diversi caratteri di tali evidenze; i quali, per la metafisica, consistono nella necessità assoluta, e quindi nella impossibilità assoluta del contrario; per la fisica, nella necessità relativa e nella rispettiva impossibilità dell'opposto, cioè in tanta necessità e impossibilità, quanta è richiesta dalle attinenze di questa luce secondaria coll' originale splendore, da cui deriva.

L'atto creativo essendo il legame fra le due evidenze, e quindi il principio e la norma della evidenza fisica, ne consèguita che la necessità, e l'impossibilità del contrario, secondo il modo relativo, proprio di tale evidenza, vengono determinate da quello; che è quanto dire, che l'evidenza fisica si stende solamente, quanto importa l'azione creatrice. Ora questa è affatto libera, giacchè l'Ente può astenersi dal creare, dal comunicare l'intelligibilità sua propria; quindi è, che le esistenze sono contingenti, e il loro contrario assolutamente possibile. L'atto creativo è intelligente, e produce le esistenze, secondo un certo ordine; il quale è uniforme e stabile; perchè non si dà vero ordine, senza costanza. Ma quest' ordine non è immutabile; ed essendo sottoposto all' atto creativo, può essere alterato, come,

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