Page images
PDF
EPUB

mente. Dunque, conchiude il Rosmini, noi ammettiamo l'individualità, non già in virtù di una idea, ma per opera di un giudizio. Il che non si può sostenere, per le ragioni anzidette; conciossiachè in fine in fine il nome stesso d'individuo, di cui ci serviamo frequentemente, dee pure esprimere una idea determinata. La quale non si può avere altrimenti, che mediante un intuito della individualità stessa, simile all' intuizione primitiva dell' Ente reale, connaturata alla nostra

mente.

Abbiam presupposto finora che l'Ente reale sia concreto, singolare, individuale; sentenza, che ha mestieri di qualche dichiarazione. Il concetto di concretezza, di singolarità e d'individualità è composto di due elementi, l'uno positivo e l'altro negativo. L'elemento positivo è ciò che si afferma e si pensa, quando altri pronunzia queste voci, e che non si può definire, perchè ogni definizione tornerebbe men chiara della cosa stessa; è insomma quello che si ha dinanzi allo spirito, quando l'Ente e il reale in sè stesso, con un atto diretto e immediato si percepisce. L'elemento negativo è il limite, la contingenza, l'imperfezione. Tutti i concreti, i singolari, gl' individui creati sono imperfetti, perchè finiti; e finiti perchè contingenti; donde nasce eziandio la varietà e la pluralità loro. Ora, quando applichiamo all' Ente reale le nozioni di singolarità, individualità e concretezza, bisogna rimuoverne l'elemento negativo, perchè l'Ente è assoluto e infinito. Di che seguita che l'Ente si può altresì dire astratto, generale e universale, in quanto tali concetti esprimono l'assenza di quell' elemento negativo, che nelle nozioni contrarie si acchiude. L'Ente è adunque astratto e concreto, generale e particolare, individuale e universale ad un tempo,

ma sotto vari rispetti, e in modo diverso dalle creature, perchè possiede bensi l'elemento positivo contenuto in ciascuna di queste nozioni, ma non l'elemento negativo, che l'accompagna. Egli è concreto e individuale, perchè reale e positivo in sommo grado: è astratto e universale, perchè puro e schietto, cioè sgombro da ogni forma, infinito, assoluto. La concretezza e l'individualità sono il reale, senza l'ente; l'astrattezza e la generalità sono l'ente, senza il reale: le prime doti alle esistenze effettive, le seconde all' ente possibile appartengono. Dalle une nascono le cose create: dalle altre le idee riflesse. La divisione del concreto e dell' astratto, dell' individuale e del generale, è l'analisi dell' Ente reale: l'Ente reale è la sintesi di quelle proprietà (40).

Ho accennate queste avvertenze, per chiarire come il nostro Primo psicologico, non che essere una mera astrazione, è la realtà stessa, e non ha nulla di astratto, fuorchè la semplicità e la purezza intrinseca della sua natura; la qual purezza, non che contraddire alla realtà, è necessaria a costituirla in grado assoluto e supremo. L'uomo certo non comincia coll' astratto; e questa sola avvertenza basta a provare che lo spirito umano non può avere col concetto dell' ente possibile la prima entratura nel campo della cognizione; giacchè tal concetto si fonda in quello dell' Ente reale, reso astratto dalla riflessione, che disgiunge mentalmente la realtà obbiettiva dalla notizia di esso ente. Egli è vero che la maggior parte dei filosofi moderni considerano eziandio come astratta, la notizia dell' ente schietto, cioè dell' Ente reale; onde nasce quel pronunziato ripetuto in cento libri, che l'idea dell' essere è una mera astrattezza. Il che è verissimo dell' ente possibile; ma se s'intende dell' ente reale, ciò è tanto

:

vero, quanto il dire, che lo spazio infinito sia tondo o quadro o di altra figura; poichè l'Ente in sè stesso è il principio di tutto, e la fonte della concretezza non meno che dell' astrattezza. La logica moderna ha una gran paura di mutare gli astratti in concreti; e in ciò ha ragione; ma non si cura di convertire il concreto in astratto il che è un altro vizio, più grave ancora del primo, e lo precede per ordinario. Imperocchè il vero primitivo essendo concreto in sè stesso, benchè contenga, riguardo al nostro spirito, il germe delle astrattezze, l'uomo dee mutare il concreto in astratto, per poter convertire l'astratto in concreto. E però, quando si dà opera alla seconda conversione dopo la prima, si disfà il lavoro già fatto, e si ristaura, almeno in parte, lo stato genuino e natio delle cose. Cosi, verbigrazia, i realisti del medio evo con la loro umanità, arboreità, Socrateità e altre simili squisitezze, si affaccendavano a ricomporre, almeno verbalmente, la realtà dell' ente distrutto dalle astrazioni peripatetiche del nominalismo; benchè nell'impresa loro fosse da lodare più l'intenzione che l'effetto. Il trasformare il concreto in astratto è dunque un male, senza compenso, poichè annulla il vero primitivo; laddove il processo contrario è un male, che può riuscire a bene, se ristora, almeno in parte, il vero dianzi sbandito.

Il discorso umano è una vicenda continua di sintesi e di analisi, e il lavoro della riflessione è un astrarre e un concretizzare continuo. Dal fare e alternare e connettere insieme, bene o male, queste operazioni, nasce la bontà o la viziosità del metodo scientifico. Distinguansi due specie di astrazione e di composizione, l'una legittima e naturale, l'altra illegittima e contraria alla natura. L'astrazione rea consiste

nel dissociare gli elementi concordi, e nel disfare la sintesi naturale delle cose. Ad essa tien dietro la cattiva composizione, che accozza insieme gli elementi discordi, ordisce una sintesi mentale, contraria alla reale, e genera una vera illusione fantastica, simile alla Maia delle scuole indiche. L'astrazione legittima discioglie la sintesi apparente e illusoria, e distingue gli elementi pugnanti, confusi da quella. Finalmente la diritta sintesi ricongiunge gli elementi accordanti, e rifà, o per dir meglio, riconosce la sintesi reale dell' Idea e della natura. Ora l'astrazione, che separa l'Ente e l'Uno dalle esistenze e dal moltiplice, distruggendo il fantasma immaginativo, che gl' immedesima insieme, e la composizione, che restituisce l'intelligibile a norma dell' Ente, il sensibile a norma dell' intelligibile, sono entrambe buone e legittime. Laonde in questo caso si muta il falso astratto in vero concreto, convertendo il falso concreto in vero astratto.

L'idea dell' Ente, comé l'abbiam dichiarata, contiene un giudizio. Egli è impossibile che lo spirito abbia l'intuito primitivo dell' Ente, senza conoscere che l'Ente è; giacchè nel caso contrario, l'essere sarebbe il niente, e l'Ente reale non sarebbe reale; il che ripugna. Nè la realtà dell' Ente si affaccia allo spirito, come una cosa contingente, relativa, che può non essere; ma si bene, come necessaria, assoluta e tale, che il contrario non è pensabile, non che fattibile. Infatti l'uomo non può pensare il nulla; e questa impotenza non è meramente subbiettiva, e derivante dalla contraddizione, che v'ha a pensare, senza alcun termine intellettuale, ma eziandio obbiettiva; imperocchè lo spirito conosce che il nulla è non pure inescogitabile, ma impossibile in sè stesso. Laonde il detto giudizio si può significare dicendo: l'Ente è necessaria

mente, purchè si noti che il concetto espresso dall' ultimo vocabolo non fa altro che dichiarare una proprietà inerente all' Ente stesso, come Ente. Che se spesso è opportuno d'indicar questa nota con un vocabolo distinto, qual si è quello di ente necessario, ciò accade, come vedremo ben tosto, perchè la prima di queste voci è abusata nel comune linguaggio, e può riuscire equivoca, quando si adopera separatamente.

Il giudizio : l'Ente è necessariamente, contenuto nell' intuito primitivo, non è pronunziato dallo spirito con un atto spontaneo e libero, come gli altri giudizi. Lo spirito in questo caso non è giudice, ma semplice testimonio e uditore di una sentenza, che non esce da lui. Infatti, se lo spirito fosse definitore e non semplice spettatore, il primo giudizio, base di ogni certezza e di ogni altro giudizio, sarebbe subbiettivo, e lo scetticismo fora inevitabile. L'autore del giudizio primitivo, che si fa udire dallo spirito nell'atto immediato dell' intuito, è l'Ente stesso; il quale, ponendo sè medesimo al cospetto della mente nostra, dice: io sono necessariamente. Questa parola obbiettiva, in cui consiste il fondamento di ogni evidenza e di ogni certezza, perviene allo spirito, per opera dell' Intelligibile, cioè di esso Ente dotato d'idealità assoluta. Infatti l'Ente rivela sè medesimo, e dichiara la propria realtà al nostro pensiero, mediante l'intelligibilità connaturata alla sua essenza e necessaria all' esercizio della virtù cogitativa in ogni spirito creato. L'intuito riceve la notizia dell' Ente dall' Intelligibile, onde trae del pari la sua potenza intuitiva; e siccome l'Ente è l'Intelligibile stesso, egli viene da noi inteso in quanto si pone, e si pone, in quanto s'intende l'idealità e la sussistenza s' immedesimano insieme. Lo spirito intuente vedendo

« PreviousContinue »