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sibile ed esterna, e che quindi dee pigliare una forma e sembianza storica. Perciò una rivelazione interiore, versante in meri concetti, naturale o sovrannaturale, che alcuni hanno immaginata, ripugnerebbe alla natura dell' uomo, e sarebbe impotente a sortire il suo effetto.

L'Idea parlante, comunicandosi al primo uomo, si rivelò a tutta la sua progenie, e compose l'unità dell' umana famiglia. Imperocchè, sebbene tutti gli uomini vengano da un solo progenitore, (di che la storia, la religione, e una nobile filosofia non consentono che si dubiti,) l'unità di origine e di stirpe, essendo cosa materiale, non può da sè sola partorire l'unità morale; nè basta a tal uopo la stessa medesimezza di natura, che corre fra essi uomini; giacchè la somiglianza delle parti può bensì comporre un' aggregazione similare, ma non basta da se sola a fare un tutto organico. D'altra parte, il retto senso e il naturale istinto, considerando tutti gli uomini, quali membra di un solo corpo, e come fratelli di una sola famiglia, riconosce fra loro una moral colleganza, conforme al dogma cristiano. La quale è altresì un dogma, o almeno un postulato scientifico, richiesto a convalidare la dottrina dei doveri civili, e a fondare il diritto delle genti in universale. E veramente, se si presuppone che i vari popoli siano aggregazioni naturali o fortuite, divulse le une dalle altre, senza vincoli morali e scambievoli, egli torna impossibile il fermare razionalmente fra loro dei doveri e dei diritti reciproci. Perciò la giustizia nelle comunicazioni estrinseche dei popoli si ridurrebbe alla forza; e la guerra, invece di essere considerata, come un doloroso spediente, cui la necessità sola può rendere legittimo, saria buona per sè stessa, conforme ai dettati dell' Hobbes, come unico

vincolo naturale delle nazioni. Il gius delle genti presuppone adunque che tutti gli uomini siano collegati insieme da un principio di unità morale, e formino una sola comunanza, tra perchè son germani di sangue, e perchè un sacro nodo di fraternità spirituale si aggiunge al legame di natura; altrimenti diventa assurdo. Ben s'intende ch' io parlo di società morale, e non politica, discorrendo dell' unità sociale del genere umano; e che il mio concetto non somiglia a certi sogni cosmopolitici, l'effettuazione dei quali è almeno lontana di dieci secoli. Veggano gli statisti dell'età nostra, che negano o mettono in dubbio la fratellanza originale e morale degli uomini, qual sia la base, che si possa dare agli obblighi e ai diritti delle nazioni.

Un corpo sociale qualsivoglia è uno e molti ; è una varietà ridotta ad unità. Ma questa riduzione ci si rappresenta sotto più forme, secondo le moltiplici proprietà de' suoi componenti. Ogni società è imprima una composizione organica, cioè un' aggregazione ben consertata di parti simili o dissimili, ma diseguali, intorno ad un centro. Se poi la società è composta di enti operativi e semoventi, il centro diventa eziandio principio del movimento. Se di più questi esseri, oltre alla potenza operativa, sono liberi, il principio del moto dee anche porgere una regola morale alle loro azioni. Ora tal è la società morale del genere umano. Ella è una e varia: la sua unità ci apparisce, come centro, forza, legge; la sua varietà è organica, attiva, libera, e l'una di queste due serie presuppone necessariamente l'altra.

Il principio, che informa spiritualmente il genere umano, sotto il triplice rispetto di centro, di forza e di legge, e lo

innalza allo stato di società spirituale, è l'Idea, che sola può adempiere a quei vari uffici, e unificare per ogni verso l'umana famiglia. Primieramente, l'Idea è intelligibile, causante e obbligatoria. Ella è intelligibile, perchè illumina tutte le menti, e diffonde per ogni dove la luce intellettiva, che rende apprensibili le cose e le loro attinenze. È causante, perchè oltre al rischiarare gli spiriti, è il primo movente e il principio creativo dell' attività loro. È obbligatoria, perchè abbracciando ogni vero assoluto ed eterno, inchiude le verità morali, e la molla suprema dell' obbligazione; onde è legge e legislatore insieme. Secondariamente, è unica ed universale, perchè una sola Idea, essendo comune a ogni ente dotato di apprensiva, di attività e di arbitrio, risplende a tutti gl' intelletti, muove tutte le cause seconde, e porge una norma morale a tutte le libere operazioni. Imperò l'Idea esercita ufficio di centro verso l'organismo spirituale delle intelligenze create, di primo movente riguardo alla loro virtù operativa, e di legge rispetto alle determinazioni dell'arbitrio loro; tantochè ella è la sola unità organica, attuosa e regolatrice, che armonizza e riduce a stato di morale consorzio l'universalità degli uomini e delle nazioni.

Le società hanno un'anima, un corpo, e quindi una persona, come gl' individui. L'anima risiede nell'unità informante, il corpo nella varietà informata, e la persona nell' unione intima ed armonica della unità colla varietà. L'Idea è adunque l'anima della società universale, come la specie umana è in un certo modo il corpo dell' Idea ; dalla congiunzion della quale coi singoli uomini risulta la personalità morale del genere umano. Se gli stoici e gli altri antichi savi colla loro anima del mondo, ed Averroe colla sua ipotesi di

un solo intelletto comune a tutti gl' individui, non avessero inteso altro, che l'unità numerica e l'universalità dell' Idea, niuno certo potrebbe apporre ragionevolmente alla loro opinione. L'Idea infatti è anima delle anime, principio vitale di ogni organismo, di ogni armonia, di ogni ordine creato, e forma intrinseca, sovrana, universale delle esistenze. Ella è l'unità suprema, che accordando, contemperando le varietà sottoposte, e componendole insieme, produce il conserto, la bellezza, la consonanza nelle parti e nel tutto, e dà luogo così al concetto, come al vocabolo di universo.

La società del genere umano ebbe principio, come tosto l' Idea si rivelò ai primi uomini colla infusione del linguaggio. Perciò, se l' Idea, come forza, accompagnò il primo atto creativo; come intelligibile, e come legge, fu opera della prima rivelazione, che mise in atto la virtù ripensatrice. Ma l'uomo, essendo libero, il possesso dell' Idea dipende, fino ad un certo segno, da lui, e dall' indirizzo elettivo delle sue potenze. Egli può accostarsele vie meglio o dilungarsene, può perfezionarne o alterarne la cognizione, ampliarne o restringerne in sè stesso il dominio, la chiarezza, l'efficacia. Il che non incontra meno alle varie società, e alla specie in universale, che ai particolari individui. Nè l'Idea è solo alterabile, come norma morale e oggetto della volontà libera, ma eziandio, come luce conoscitiva; conciossiachè la partecipazione di questa luce è capace di vari gradi, può essere accresciuta o scemata; donde nasce la possibilità dell' errore, come toccammo di sopra. Egli è vero che l'alterazione dell' Idea, come intelligibile, pertiene soltanto alla riflessione; e ogni atto riflesso essendo libero, i difetti del conoscimento debbono nascere dall' arbitrio, e il male

non può in origine derivare altronde, che dalla ribellione verso l'Idea, come norma obbligatoria. La colpa morale fu adunque il principio di ogni disordine in virtù di essa le nostre potenze cominciarono a declinare dalla loro integrità e perfezione primigenia : il commercio dello spirito coll' Idea fu menomato; l'efficacia e l'imperio di questa indebolito nel che i dettati della filosofia consuonano mirabilmente con quelli della religione. Vero è, che se la volontà precorse alle altre potenze nel viziar l'intelletto, in successo di tempo le caligini e gli errori di questo contribuirono ad accrescere i traviamenti di quella. Ma tale reciprocità di azione non toglie che i primi danni sofferti nel possesso del vero ideale non siano stati causati dal libero volere dell' uomo.

Non si vuol però credere che l'azion dell' arbitrio sia illimitata, e quindi altri possa ripudiare l' Idea interamente, e rompere ogni commercio con essa. Il che è tanto assurdo, se l'Idea si riguarda, come luce intellettiva, e norma legale, quanto a considerarla, come principio causante, e primo motore delle operazioni. Altrimenti il suicidio assoluto dell' intelligenza saria possibile, e la virtù di annullare le cose non dovrebbe aversi per un privilegio incomunicabile della potenza creatrice. L'annientamento infatti è la sottrazione assoluta dell' Idea agli esseri finiti, che ne partecipano; la quale essendone il principio vitale, altri non può esserne al tutto spoglio, senza perire affatto e perdere ogni ombra di vita. E veramente le società particolari muoiono, gli stati si dissolvono, i popoli si estinguono, quando vien meno l'idealità loro, cioè la partecipazione all' Idea. Ma l'animo individuale non muore, e il genere umano è per durare, quanto il mondo presente; il che prova, che comun

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