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concetto. Una possibilità mera, se merita fede, è una somma realtà, perchè non pure è reale, ma necessaria; e infatti tutti s'accordano intorno alla necessità dei possibili, come possibili considerati. Ora, se il possibile si rappresenta all' intuito dell' uomo, come reale, egli è chiaro che il concetto primitivo dee essere il reale, e non il possibile; giacchè il reale anche solo, è reale, e diventa possibile coll' astrazione; ma il possibile senza più, non può diventar reale, e non è possibile. Il far nascere adunque il primo concetto del reale da quello del possibile, e il supporre che questo possa stare senza quello, ripugna all' ordine logico.

Chiederà forse taluno in che modo il concetto del possibile nasca da quello del reale. Rispondo che il possibile, non essendo altro che il reale in quanto è pensato, nasce dalla riflessione dello spirito sul concetto primo della realtà; imperocchè l'uomo avendo il potere di ripensare i suoi propri atti, dopo aver avuto l'intuito del reale, può affisare il suo spirito sopra esso intuito e farvi sopra attenta considerazione. In questo atto riflessivo l'oggetto immediato del pensiero è lo stesso pensiero, cioè l'intuito; siccome però l'intuito apprende la realtà, ne segue che l'atto riflessivo non può apprendere l'atto intuitivo, senza percepire eziandio il reale seco congiunto; non già in sè stesso, poichè in tal caso l'atto riflesso non differirebbe dal diretto; ma bensì nell' intuito. Ora il reale considerato dalla riflessione nell'intuito perde l'individualità, che lo fa reale, e conserva solamente quella forma astratta e generica, che lo fa possibile. La trasformazione psicologica del reale in possibile risulta dunque dall' unione della riflessione coll' intuito la relazione dell'oggetto verso la riflessione dà occasione al concetto del possibile,

come la relazione dell' oggetto verso l'intuito produce la nozione del reale. Così, pogniamo, io ho dinanzi agli occhi un corpo triangolare, e acquisto, guardandolo, l'idea di un triangolo reale; ma poscia, ripensando questa medesima idea, e considerando il triangolo non fuori di me, ma nel mio spirito, ho l'idea del triangolo possibile; perchè il concetto di quel triangolo è applicabile a un numero infinito di triangoli effettivi. Insomma, il concetto del reale diventa concetto del possibile, perdendo la sua concretezza, e facendosi astratto; il che succede per opera della riflessione.

L'idea dell' Ente vuol essere considerata in due momenti diversi, riguardo allo spirito che la possiede, cioè nell'atto primo e nell'atto secondo. L'atto primo è opera dell' intuito, l'atto secondo della riflessione. Nell' atto primo l'Ente si rappresenta, come realtà mera, semplicissima, assoluta, necessaria, perfetta; nell' atto secondo, come possibile. Ora la possibilità presuppone la realtà, nè più nè meno, che la riflessione presupponga l'intuito. La proporzione e la corrispondenza, che corre fra i due atti psicologici e i due stati ontologici, è perfetta. La nozione di possibilità importa un lavoro intellettuale, cioè un' astrazione, che non può cadere nell' intuito, facoltà semplicissima, la quale si aggira nella mera contemplazione dell' oggetto, com'è in sè stesso, senza nulla aggiungergli, nulla levargli. Il possibile non può esser meglio intuito cogli occhi dello spirito, che veduto con quelli del corpo e appreso sensatamente.

E in vero, se l'oggetto dell' intuito fosse il possibile, converrebbe supporre che il possibile è reale, il che ci riconduce al raziocinio di prima; ovvero che un oggetto può

sussistere solamente in qualità di possibile, il che è assurdo. Infatti, possiam chiedere, se il termine obbiettivo dell' idea dell'Ente è nello spirito, o fuori dello spirito. Se ci si risponde che è nello spirito, si apre l'adito a tutte le conseguenze scettiche del psicologismo, e la verità obbiettiva delle cose ne vien distrutta senza rimedio. Ma il Rosmini abbraccia espressamente la sentenza contraria, e stabilisce che l'idea dell' ente è una vera entità distinta dallo spirito, ch' ella è numericamente una per tutti gli uomini, immensa, eterna, immutabile, assoluta 1. S'ella è dunque fuori dello spirito, come può essere un mero possibile? E se fosse tale, come potrebbe sussistere e affacciarsi alla mente dell' uomo? Come potrebbe comunicarle quella luce intellettiva, onde il Rosmini discorre, e che è la fonte dell' intuito? E poi, che cosa sarebbe questo pretto possibile? Fors' è l'idea dell' ente possibile, in quanto si trova nella mente creatrice? Ma in tal caso noi avremmo l'intuito dell' ente possibile nell' Ente reale, cioè in Dio, secondo la dottrina di santo Agostino, di san Bonaventura e del Malebranche; il che si nega espressamente dal Rosmini 2. Confesso che non so ben capire, qual sia il concetto, che l'illustre Autore si forma dell' entità obbiettiva dell' ente ideale; imperocchè in alcuni luoghi egli sembra considerarlo, come un non so che di mezzano fra Dio e lo spirito umano; quasi che un mezzo di tal sorta si possa logicamente ammettere (38). Non vi ha mezzo possibile

1 Il Rinn. della fil. del Mam. esam., cap. 55, 39, seq. Nuov. Sag., sez. 5, part. 2, cap. 5, oss. 4, tom. II, p. 133.

2 Il Rinn. della fil. del Mam. esam., p. 492, 495, not., 303, 304, 505, 615, 614, 617, 618, 620, 621. Nuov. Sag., tom. II, p. 477-480 et

al. pass.

fra il Creatore e la creatura; tanto che l'ente ideale del Rosmini, se non è Iddio stesso, cioè l'Ente reale, è di necessità una cosa creata; e allora, come può aversi per immenso, eterno, assoluto, immutabile? E come cansare lo scetticismo? Giacchè le conseguenze ontologiche sono le stesse, sia che si consideri l'idea dell' ente, come un sensibile interno, e una modificazione dello spirito nostro, (ipotesi espressamente ripudiata dal Rosmini,) sia che si abbia per un non so che di esterno, ma contingente, relativo, e da Dio disgiunto. Oltre che, come mai questo ente ideale potrebbe stare fuori dello spirito, senza costituire una cosa reale? Imperocchè, la sussistenza, secondo il Rosmini medesimo, essendo la realtà, il dire che l'ente possibile sussista, e l'affermare che sia reale, è tutt' uno.

Ciò che indusse in errore un ingegno così accurato, come quello del Rosmini, si è l'uso del metodo meramente psicologico, che consiste nel discorrere dei fatti interni, per mezzo della riflessione sola 1. Qual è infatti il

1 L'illustre Autore confessa egli medesimo di aver tenuto questo cammino. Parlando dell' antica dottrina cattolica, così favella : Ognun vede, che io pervenni agli stessi risultamenti, ma per un' altra « via. La Scuola teologica parti, come dissi, della meditazione di Dio : «io partii semplicemente della meditazione dell' uomo, e mi trovai non<< dimeno pervenuto alle conchiusioni medesime. Questo riuscire ad un « medesimo termine da due opposte strade, egli è, parmi, una con<< ferma, una riprova della verità. Ma oltracciò la dottrina, se non erro, « ricevette per tal modo una nuova illustrazione, una maggiore evi«denza, e fors' anco lo stesso linguaggio trovò maggior precisione e più << sicuro e fermo andamento il ragionamento. » (Il Rinnov. della fil. del Mam. esam. p. 408. 409) Le conclusioni non sono le stesse, poichè il

punto, onde muove la riflessione nel suo procedere? È un atto dello spirito, che ripiegandosi sul proprio intuito, crea con questo replicamento il pensiero riflesso. Ora abbiamo testè veduto che il concetto del reale si trasforma in concetto del possibile, quando trapassa dall' atto intuitivo all'atto ripensativo. Non è adunque meraviglia, se il pensiero piegandosi sul proprio intuito, e trovandovi il concetto dell' ente possibile, vi si ferma, e lo reputa primo, perchè in effetto esso è tale riguardo alla riflessione, che è lo strumento appropriato alle psicologiche indagini. Ma se il psicologo, non arrestandosi a questo punto, passasse più avanti, e smettendo il suo proprio strumento, pigliasse quello dell' ontologo, si valesse della riflessione, che chiamammo ontologica, e applicasse il suo pensiero non già all' intuito solo, ma all'oggetto dell' intuito, cioè all' ente, lo vedrebbe, qual è in sè stesso, nella sua assoluta realtà semplicissima. Se non che, in quest' ultimo progresso il psicologo diverrebbe ontologo; il che ripugna ai canoni e agli usi del psicologismo.

opera

III. La percezione dell' esistenza reale delle cose create è di un giudizio, per cui si fa una equazione fra l'idea dell' ente possibile e l'apprensione sensitiva. Non credo che una equazione possa darsi fra un sensibile e un intelligibile, che sono

Rosmini non ha potuto psicologicamente riuscire ad altro che all'ente possibile; il quale da sè solo non può essere di alcun momento in ontologia, nè servir di base allo scibile, nè dare un valore obbiettivo e scientifico neppure alle inchieste psicologiche. Tutto il divario nasce appunto dalla diversità del metodo seguito. Quello del Rosmini è ottimo e valido, purchè non sia primo, nè unico, purchè compia l'ontologismo, senza voler farne le veci. In questo modo solamente l'analisi del nostro Autore potrà purgarsi de' suoi difetti, fondarsi sul saldo è arricchire la scienza.

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