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il pensiero è l'intuito dell' Idea, e dall' Idea si diffonde quella luce spirituale, che congiunta all' atto della mente forma esso pensiero. Ora la riflessione psicologica non ha per termine diretto il pensiero, come pensiero, ma il pensiero, come sensibile interno, cioè come atto dello spirito, e quindi non riguarda direttamente l' Intelligibile, che si congiunge col pensiero e lo illustra. Egli è vero che la riflessione del psicologo si connette per indiretto coll' Intelligibile; ma ciò non prova nulla in favore dei psicologisti; imperocchè non ne partecipa, se non mediante quell' intuito mentale, che, al parer mio, è il vero e necessario strumento dell' ontologo. Se non che, l'atto riflessivo del psicologo afferra l'obbietto della contemplazione solo per modo indiretto, e come dire, in isbieco; giacchè il termine immediato di tal riflessione è il pensiero, come atto della mente, cioè come sensibile; nè l' Intelligibile ci apparisce direttamente; come chi partecipa alla luce solare pei raggi riflessi, che gli feriscono la pupilla. Se adunque il filosofo si serve del solo strumento psicologico, egli avrà dell' oggetto ideale una nozione alterata dal sensibile cogitativo, e potrà solo comporre con essa una ontologia falsa e panteistica, come quella dei filosofi alemanni.

Fu avvertita ai di nostri l'importanza e la necessità del senso psicologico nelle inchieste filosofali 1. Intendesi con questo nome una speciale attitudine dello spirito a ripiegarsi sovra i suoi propri atti, chiamarli a rassegna, riprodurli, fermarli, rivolgerli a suo talento, squadrarli da ogni lato, scioglierli ne' primi loro elementi, e insomma far sovra di essi

1 Vedi, fra gli altri, il Jouffroy, nella sua prefazione alla traduzion francese dell' opera dello Stewart sulla morale.

quel lavoro analitico, che si ricerca per acquistarne la maggior contezza possibile. Si è notato eziandio che i fatti interni e psicologici essendo molto diversi dai fenomeni materiali ed esteriori, l'abilità opportuna allo studio di quelli si disforma dalla perizia, che serve all' esame di questi; onde accade spesso che gl'ingegni ben forniti dell' una manchino dell' altra, per disposizione naturale, o almeno per poca abitudine nell' esercitarla. Tuttociò è vero; ma il senso psicologico fa solo pro in psicologia; la quale è un ramo secondario della filosofia perfetta, nè può consistere, senza la scienza ontologica. Il troppo caso che dal Locke in poi si fa della psicologia, è una conseguenza naturale del psicologismo del Descartes; da cui la psicologia ricevette il privilegio di scienza elementare negli ordini filosofici, come da una parte dei successori di lui fu mitriata, come scienza unica e principe. Or s'egli è vero, come è verissimo, che l'ontologia è la base e l'apice del sapere, ne segue che la dote più eminente nelle filosofiche indagini, è il discernimento, o vogliam dire, il senso ontologico, differentissimo dall'altro summentovato. Il senso ontologico è l'abilità speciale e pellegrina del contemplare; la qual consiste nel saper sottoporre magistralmente alla riflessione propria dell' ontologo l'intuito contemplativo, e far sì, che lo spirito ne afferri a capello il processo, e acconciamente a sè stesso od agli altri lo rappresenti; nella qual rappresentazione è riposta la scienza. L'intuito contemplativo è comune da natura a ogni uomo; ma la perizia opportuna per farlo riverberare pienamente e distintamente nella riflessione, è rara e conceduta a pochissimi. Essa sola può creare i filosofi grandi; e chi ne ha difetto non si accinga a filosofare, almeno per ciò che spetta alle regioni più eccelse e recondite delle scienze speculative. Egli è vero però che l'abi

tudine e una volontà forte possono moltissimo nell' avvalorare questa facoltà, come nell' accrescere ogni altra potenza, purchè il germe, che la natura ne porse, sia di qualche valore; onde niuno dee perdersi d'animo, nè togliersi dall' impresa. Io parlerò francamente, perchè parlo ai giovani : i buoni ontologi sono rarissimi, perchè rarissimi sono gl' ingegni volonterosi di toccar faticando la cima della sapienza. Mi ricordo di aver inteso dire a un matematico illustre che gli eccellenti calcolatori potrebbero essere in molto maggior numero, che non sono, se coloro, che vi danno opera congiungessero alla sufficienza naturale il magisterio dell'arte, senza il quale non pochi ingegni riusciti buoni o eccellenti sarebbero stati infimi o mediocri. Tuttavia è fuor di dubbio che la metafisica per questo rispetto partecipa più di ogni altra cognizione alla natura della matematica, e richiede una grande specialità intellettiva in chi la vuol coltivare a dovere; benchè nelle mani del buon cultore un piccolo germoglio possa diventare una pianta. Anzi, se si ragguaglia la storia delle due discipline, si troverà forse che i sommi metafisici sono ancor più rari dei sommi geometri. Il che è vero e manifesto singolarmente nell' età moderna; perchè l'ingegno ontologico fu la dote primitiva della nostra stirpe, e quasi un retaggio di quell' intimo e perfetto commercio, che i primi filosofi e contemplanti ebbero colle cose celesti. Ma questo retaggio ideale va scemando di mano in mano, secondo che gli uomini si scostano dal loro principio. Siccome però il genio primitivo si mantenne più intatto presso le nazioni orientali, inquiline del natio seggio di tutta la stirpe; l'ingegno ontologico prevale di gran lunga in Oriente; e fra le genti europee, risplende negli Alemanni, benchè soffocatovi in parte dagli

eretici influssi; giacchè la stirpe germanica ritrae, più che ogni altra di Europa, dell' indole prisca e nativa dei popoli subsolani. I filosofi inglesi posseggono in modo speciale il vero ingegno psicologico, il quale ha verso l'altro la stessa proporzione, che la stirpe mista della gran Bretagna, in cui predomina il legnaggio teutonico, verso questo medesimo sangue rimaso più puro fra i casigliani del continente. Se non che, la psicologia inglese si scostò anch'essa dalla via della perfezione, per opera delle influenze eterodosse, e del cattivo metodo, che da due secoli tiranneggia e perturba universalmente gli studi speculativi.

Il Cristianesimo, ravvivando l' Idea a compimento, rinnovò eziandio il metodo, e riaccese fra gli uomini la fiaccola dell' ingegno ontologico, che è la vera potenza ideale. Se si rianda tutto il processo degl' insegnamenti evangelici, si vede ch'essi muovono sempre da un vero ontologico, per giungere ai fatti, in vece di camminare a rovescio, e fanno corrispondere mirabilmente il tenor dello scibile con quello delle cose reali; giacchè Iddio s' inchina alla natura mortale, acciò essa possa risorgere e ricongiungersi al suo principio (36). In virtù di questo genio ontologico, le dottrine cristiane toccarono in Agostino, in Anselmo, in Bonaventura, in Tommaso, nel Leibniz e nel Vico, la cima della metafisica, e purgarono dalle nebbie del panteismo le antiche e venerande tradizioni del senno orientale e pelasgico. Ma da nessuna considerazione risulta meglio ciò ch' io dico, quanto da un semplice sguardo dato al libro elementare della religione, cioè al Catechismo. Il quale è tutta l'ontologia del volgo e dei pargoli, e dee essere la base dell'ontologia dei dotti, se non vogliono diventar da meno dei fanciulli e del

popolo. Ora il metodo ontologico predomina nei catechismi cattolici, qualunque sia la forma estrinseca della esposizione, e la varietà accidentale degl'idiomi, dei paesi e dei tempi. Un catechismo alla cartesiana, che cominciasse dal dubbio, o procedesse per semplice analisi, sarebbe un mostro. La Chiesa, nell'accomunare ai parvoli e ai rozzi quell'avviamento metodico, che è proprio del sapere più pellegrino, si mostrò profonda conoscitrice della nostra natura, e sollecita conservatrice del suo decoro e de'suoi privilegi. Ella piglia l'uomo tenero e ineducato, e con mano potente trasportandolo di volo in Dio, gli mostra schierato a'suoi piedi l'universo, e dinanzi l'eternità che lo attende: gli rivela il primo principio e l'ultimo fine delle cose, la caduta dell'uomo e la redenzione, la sua sorte sopra la terra, i doveri che dee esercitare, i pericoli che dee vincere, i dolori che dee sostenere, i mezzi che dee adoperare, per uscir vittorioso dal cimento, e la beatitudine, che sarà il premio delle sue fatiche. Per tal modo il neofito assiste in ispirito all'opera divina, e ne contempla i successivi andamenti, secondo quello stesso tenore, che Iddio adoperò a effettuarli. Dalla qual corrispondenza dei due ordini, propria della sintesi cattolica, nasce quella viva luce di evidenza, e quella ferma persuasione, che suppliscono al difetto di un sapere più ampio e squisito, e bastano a produrre, eziandio ne' semplici, i miracoli della fede e della carità cristiana. Questo modo di procedere è il solo ragionevole in ogni maniera d'insegnamento speculativo; dal quale l'analisi non vuol già essere sbandita, purchè venga precorsa e governata dalla sintesi. Il che ha luogo nell' educazione non meno che nell' instruzione; e la pedagogia non può essere perfetta, se non è ontologica nella teorica, come

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