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qual fato sia toccato a noi, uomini del secolo diciannovesimo, di dover far posa nell' inchiesta del vero? Ieri c'era ancora qualcosa da scoprire, e la scienza, al parer vostro, era immatura prima dell' Hegel, poichè da lui accattaste la sostanza della vostra filosofia. Or come la vena del vero s'è disseccata ad un tratto? E come tal buona ventura, o sventura che dir la dobbiamo, è toccata alla nostra età? Questo mancamento subitano della feracità filosofica in un tempo, anzichè in un altro, è un presupposto così arbitrario e tanto poco plausibile, che non ha d' uopo di confutazione. Che la filosofia siasi sviata fuor del diritto cammino, ho già cominciato a mostrarlo, e spero che risulterà con piena evidenza dal progresso di questo trattato. Ho anche accennato le cagioni di questo traviamento; il quale non sarebbe stato possibile, se la scienza innanzi a Cartesio fosse stata matura e compiuta. Ciò mostra che i presenti cultori della filosofia, oltre al debito di ritirarla verso i suoi principii, sono in obbligo di perfezionarla, e di recarla a quel grado di precisione e di rigore, che può metterne in sicuro le basi, e impedirne ogni ulterior traviamento. Perciò l'ufficio dell'odierno filosofo è doppio egli dee rinnovare il deposito tradizionale, e dargli abito virile di scienza, onde sia in grado di procedere a nuovi acquisti. Imparare e inventare, sono le due funzioni della filosofia, come di ogni altra gentil disciplina. E la scienza dicesi matura, quando i suoi principii e il suo metodo sono cosi bene stabiliti, che da niun uomo assennato vengono messi in controversia, e son ricevuti dall'universale, come. accade alle matematiche e ad una gran parte delle fisiche. Nel resto, la sterilità, di cui gli eclettici accagionano lo speculare al di d'oggi, non dee far meraviglia, se in vece di parlare della scienza in sè stessa, si fa ragion della loro. II

psicologismo, professato da essi ha veramente finito il suo tempo, e il letargo, in cui giace, è un sintomo di agonia, se non è un effetto di morte. Il che solo basterebbe a chiarirne la falsità; giacchè il regno dell'errore non è perpetuo; laddove la buona filosofia dee durar quanto il vero, che è divino e immortale.

L'eclettismo in filosofia, come l'imitazione nelle lettere e nelle arti, è un mezzo, non un fine; un metodo, non una scienza; un apparecchio, non una impresa; un modo di avvezzarsi a crear del proprio, non un' opera, che a tal debito possa supplire. L'invenzione in ogni genere richiedendo coltura e maturità d'ingegno, e i giovani non potendo avere nè l'una nè l'altra, egli è naturale che non siano creatori, ma si addestrino a diventarlo col tempo. E come nelle lettere amene e nelle arti belle lo studio dei sommi esemplari abilita l'uomo ingegnoso a comporre in esse, e a procacciarsi fama di scrittore o di artista colle proprie fatiche; così lo studio de' gran pensatori è utile palestra a chi vuol filosofare. Ma il tirocinio non è la scienza, nè la scuola è la professione; e il procedere degli eclettici non val meglio a formare il filosofo perfetto, che l'armeggiare e il copiare bastino alla perizia e alla gloria del guerriero e dell' artefice.

Senza che, l'eclettismo, considerato come scienza, si appoggia ad alcuni presupposti egualmente falsi. Imprima, se il suo procedere è legittimo, forza è inferirne che l'uomo possa creare la scienza, eleggendo le verità sparse, e componendole insieme in un sistema unico. Ma, di grazia, qual è la regola, onde si dee far uso, per distinguere nelle altrui opinioni il vero dal falso? Non può già essere l'evidenza intrin

seca e immediata delle dottrine; giacchè, salvo gli assiomi, l'evidenza del vero non è immediata, e deriva dai principii; onde non si ottiene altrimenti, che per opera della deduzione. Ma il nesso logico delle proposizioni non può essere avvertito, se non quando ciascuna di esse vien collocata nel suo debito luogo, e nell' apposito riguardo verso i principii; dal che conseguita che le proposizioni dottrinali, prese isolatamente, non si possono avere per vere nè per false, salvo il caso, che siano assiomatiche. Per cimentarle adunque e pesarne il valore, bisogna allogarle nel proprio sito, e direi quasi ben cardinarle, dando loro nella teorica quella postura e guardatura, che si ricercano a mostrarne i riscontri moltiplici, e a metterle in luce. Ora, secondo gli eclettici, fra le varie scuole che sinora fiorirono niuna può vantarsi di aver dato nel segno tutte sono difettuose, e posseggono solo alcuni veri scatenati, vaganti, imperfetti, misti di molti errori, e destituiti della debita prospettiva. Bisogna dunque possedere in proprio la verace filosofia, come paragone e regola della scelta; e in tal caso l'eclettismo diventa inutile, se non si vuol considerare, come una semplice arrota, o al più una conferma della scienza.

Ma gli eclettici presuppongono ancora che la filosofia non si trovi al mondo, quando ci consigliano di fabbricarla, razzolando e componendo insieme i vari pensieri dei filosofi (35). Ammettono è vero la preesistenza di essa, come dottrina sparsa, e divisa fra un gran numero di cervelli e di libri; ma le disdicono quella unità organica, in cui risiede l'essenza della scientifica cognizione. A questo ragguaglio si vorrebbe dire che la filosofia è una scienza di un genere affatto particolare; giacchè non so che alcuno abbia finora consigliato

l'eclettismo ai naturalisti, ai fisici, ai chimici, ai matematici. Egli è vero che costoro raccolgono di mano in mano in un corpo, e purgano, e limano, e perfezionano i trovati, che si fanno successivamente; ma ciò non è l'eclettismo. Imperocchè la scienza co' suoi principii, col suo metodo, co❜suoi progressi fondamentali, è già bella e fatta, e riunita in un corpo; onde i nuovi incrementi, che vi si aggiungono, quasi particelle inorganiche accostantisi a una composizione organata, non la fanno, ma solamente l'accrescono; e sono quasi gli elementi nutritivi, con cui s'incarna vie meglio e rinsanguina il sapere. Ma la scienza già sussiste, e le scoperte, che si fanno, l'aumentano, non la creano. Per far buono adunque il sistema dei filosofi eclettici, egli è d'uopo dire che la filosofia si trovi in una condizione speciale; che il parto laborioso di essa non abbia potuto essere formato nello spazio di tanti secoli, e per l'opera di tanti ingegni maravigliosi e solenni, che vi attesero indarno; e in fine che oggi soltanto siasi vinta la prova, per arte o fortuna del Cousin e de' suoi seguaci; assunto di grave e difficile smaltitura. La filosofia è fatta da gran tempo, dicono costoro ; ma è sparpagliata. Bene; ma una dottrina sparpagliata non può esser la filosofia, come le disiecta membra non fanno l'uomo. La filosofia è un organismo, la cui sostanza consiste nei principii e nel metodo; imperocchè, se bene i principii ed il metodo non fossero ancora applicati, cioè fecondati coll' opera del discorso, si avrebbe tuttavia la parte vitale della scienza, che versa nella organizzazione dei principii, e nelle leggi metodiche, che ne risultano. Ora io chieggo agli eclettici, se questa filosofia, si trova al mondo, o non si trova. Non si può già rispondere ch'essa si rinviene sminuzzata nei vari sistemi, poichè la sua essenza risiede nel fare un

tutto armonico e bene organato. Bisogna adunque negarne risolutamente l'esistenza. In tal caso la confutazione dell' eclettismo sarà un corollario di tutto il mio discorso giacchè proverò in appresso che la filosofia, ridotta a' suoi elementi integrali, è antica quanto il mondo e il pensiero

umano.

Questo nuovo metodo, che gli eclettici introducono nelle scienze filosofiche, vizia pure la storia loro. La quale non può esprimere ed illustrare compitamente l'idea genuina dei vari sistemi, se non mediante la distinzione dialettica, dianzi accennata, delle scuole ortodosse, che si appoggiano alla tradizione, e delle eterodosse, che, ripudiandola, sono le eresie e gli scismi della dottrina razionale. Ho notato che la tradizione speculativa è di due generi; l'una religiosa, che risale alla rivelazione, l'altra scientifica, onde siam ricondotti ai primi pensanti, che si travagliarono colla riflessione sull' Idea rivelata, e furono, a rispetto nostro, i padri della filosofia. La storia dee mostrare le attinenze dei vari sistemi verso quel doppio filo tradizionale, e dichiarare, come l'abbiano custodito o troncato; dee quindi partirli in due successioni parallele, l' una delle quali, abbracciante le dottrine ortodosse, è logicamente continua, perpetua, e forma una sola serie; l'altra, comprendente le opinioni eterodosse, è discontinua, e consta di più seguenze distinte, la cui durata ha principio e fine; tantochè l'unità e la continuità privilegiano la prima classe, e le doti opposte contrassegnano la seconda. Ho anche avvertito che tutti i sistemi sono effettualmente intramischiati di verità e di errori; ma che nei tradizionali il vero prevale al falso, e negli altri accade il contrario. Ora, gli eclettici, accomunando insieme i vari sis

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