Page images
PDF
EPUB

contorni; e la luce, che le accompagna, abbaglia, anzichè rischiari, l'intelletto. Tuttavia l'opera del Cousin fu da principio profittevole alla filosofia francese, e cooperò a dar l'ultima stretta ad un sensismo puerile ed ignobile, che sarebbe del resto morto da sè medesimo. La confutazione del Locke, che è il migliore degli scritti di lui, senza esser nuova e molto profonda, è sufficientemente soda, e può considerarsi, come un sunto lucido e giudizioso delle dottrine scozzesi, corroborate colle indagini del criticismo, ed esposte con bella e nobile facondia. Sarebbe da desiderare ch' egli si fosse tenuto fra i limiti della psicologia e sulle orme dei filosofi inglesi; ma i neoplatonici, e gli ultimi Tedeschi il guastarono. Volle con questa doppia scorta poggiare alle sublimità dell' ontologia, ma le ali non gli ressero al volo, e riuscì al panteismo. Ciò ch' egli ha scritto su questo proposito, non ha per lo più alcun valore scientifico, nè storico; imperocchè, volendo modificare, giusta il suo consueto, gli altrui pensamenti, egli accozza insieme le idee più incompatibili, e procede colle industrie di spiritoso ed eloquente dettatore, anzichè coll' acume di vero filosofo. Al che conferisce ancora il suo studio di congiungere insieme i vari sistemi, per fare uscir la filosofia dalla storia di essa. L'eclettismo, che non è, nè può essere una dottrina filosofica, può bensì giovare alla storia della scienza, inducendo i suoi cultori a studiare accuratamente, esaminare, conferire, esporre gli antichi e i moderni sistemi; ma per sortir quest' effetto, ricerca lunghi studi, pazienza grande, e non ordinaria suppellettile di erudizione. Ora il Cousin non ha sempre messo in opera queste egregie doti; e fa meraviglia il vedere, quanto lasci talvolta a desiderare dal canto dell' accuratezza, nell' esporre gli altrui sistemi. Chi crederebbe, verbigrazia, che il fon

datore dell' eclettismo francese non conosca la teorica del Malebranche (34)? Il quale è pure il più gran filosofo della Francia, e uno dei pensatori più illustri della età sua; e nella quistione delle idee niuno forse de' moderni può entrargli innanzi, salvo il Leibniz, e il Vico. Ma il torto più grave del Cousin è di aver voluto mettere la falce nell' altrui messe, discorrendo di religione, senza conoscerla. Il filosofo può entrare in teologia, ogni qual volta il suo tema ne ha d' uopo; il che accade sovente, atteso le molte e intime congiunture delle verità razionali colle rivelate. Ma non è certamente cosa indiscreta il richiedere ch' egli ne sia bene informato, prima d'impacciarsene. Se non si comporta al filosofo d'intramettere a' suoi discorsi digressioni di storia, di geologia, di fisica, per dire degli spropositi, gli si consentirà il malmenare le discipline teologiche? Si dee al vero più sacrosanto ciò che è dovuto agli errori anche più ridicoli; giacchè, verbigrazia, chi volesse trattare della Cabbala, o di qualsivoglia altra superstizione, senza conoscerla, sarebbe meritevole di riprensione e di riso. Io non accuso le intenzioni di Vittorio Cousin: sono anzi persuaso che furono buone e diritte; e che affascinato dall' opinione di molti, che stimano le dottrine cattoliche esser morte o moribonde, volle ravvivarle, dando loro una nuova forma. Ma egli è da dolere che un tal uomo sia caduto nell' errore puerile di credere che la vita del vero dipenda dai sentimenti di coloro, che l'ignorano o lo detestano. Il cattolicismo è immortale, perchè vivrà sempre nell' animo di chi brama e si studia di conoscerlo, e conosciuto e trovato vero, non rifugge di professarlo. Che se la foggia, sotto la quale fu ricevuto finora, fosse falsa, sarebbe ridicolo il volerlo risuscitare col trasformarlo; giacchè la vita di un culto qualunque dipende dalle

sue forme anticate, e la forma del cattolicismo costituisce la sua essenza. Al Cousin si dee principalmente attribuire l'introduzione in Francia di quel razionalismo teologico, che ora è in voga, e che è incompatibile col retto senso, colla sana critica, coi principii del Cristianesimo, e colla stessa filosofia. Ma il razionalismo presso i Tedeschi è spesso accompagnato da una dottrina non volgare; laddove negli scrittori francesi è ridotto a un grado di leggerezza incredibile. Onde, se il danno o il pericolo di chi legge è minore, la temerità è più grande dalla parte di chi scrive 1.

L'eclettismo è il rifugio degli spiriti giudiziosi, ma inetti a creare. A niun uomo fornito d'ingegno inventivo cadrà mai nell'animo di farsi eclettico, come a chi è nato per essere artista o poeta non toccherà mai il capriccio di esser semplice imitatore. La sola inclinazione verso questo modo di filosofare, è argomento di sterilità intellettiva. Pare a una mente infeconda che la vena del nuovo sia esausta, e non vi sia più nulla da trovare o da creare; e così dee parerle; perchè non potrebbe credere il contrario, senza aver un presentimento dell'ignoto; e perciò non sarebbe sterile. Infatti tutti gl'illustri discopritori di verità recondite, prima di acquistarne l'intuito chiaro e preciso, ne ebbero un certo sentore, il quale valse loro di stimolo a imprendere, e durare quelle lunghe ricerche e faticose meditazioni, da cui nascono i trovati e le scoperte; quasi picciol lume, che traluce da lungi, e conforta il viandante fra le tenebre notturne, mostrandogli che le fatiche del viaggio non saranno inutili,

1 Vedi la mia scrittura sulle dottrine del Cousin, posta in fine alla presente opera.

e addirizzando i suoi passi verso la meta. L'infecondità ideale, di cui parlano gli eclettici, non è nell'oggetto, ma nel soggetto, non nelle cose e nello spirito umano in generale, ma nel loro proprio cervello. Siccome l'Idea è infinita, se Iddio lasciasse l'uomo perpetuamente sopra la terra, egli avrebbe sempre nuovi lati da scoprirvi, nuove attinenze da mettere in mostra. Chieggasi ai matematici, se essi credono che la miniera maravigliosa de'calcoli possa essere esausta dalla mente umana. Ma certo il soggetto della matematica, cioè il tempo e lo spazio schietti, non sono altro che una particella dell'obbietto ideale. Gli eclettici introducono nella filosofia, amplissima fra tutte le scienze, un pronunziato assurdo eziandio nelle discipline, i cui limiti sono più angusti. Il sapere dell' uomo è progressivo, così nel tutto, come nelle singole parti, sia perchè la perfettibilità è sua dote privilegiata, e perchè essendo egli finito, e il vero non avendo confini di sorta, altri non può immaginare un tempo, in cui la scienza corrisponda perfettamente al reale, e quindi allo scibile. La filosofia non è una compilazione, uno spicilegio, una raccolta o scelta di opinioni, ma una esplicazione successiva del vero; e però è suscettiva di continui incrementi; anzi in essa consiste radicalmente una parte nobilissima della perfettibilità umana; giacchè non si può andare innanzi nel giro dei fatti, non si possono accrescere i beni civili, ogni qual volta languiscano le cognizioni più elette. Il confondere la scienza colla storia della scienza, farebbe ridere nelle altre discipline; che cosa direbbero infatti il fisico, il chimico, il geometra, se alcuno intimasse loro di fermarsi nel corso delle loro ricerche, di cessare le osservazioni, gli esperimenti, i calcoli, le illazioni induttive, riducendosi a coordinare i fatti e le attinenze conosciute? Se l'eclettismo potesse

:

pigliar piede nella speculazione, ne sarebbe inaridita bentosto la fonte delle scoperte, e annullato l'ingegno col talento di filosofare il malauguroso sistema farebbe danno perfino a sè stesso, giacchè l'eredità dei nostri maggiori si dileguerebbe fra gli uomini, non curanti di accrescerla. Il capitale delle cognizioni non si conserva, se non aumentandolo, e facendolo fruttificare. Negli ordini del sapere, come in quelli del traffico, non si può mantenere, senza acquistare, non si può godere il posseduto, senza coltivarlo ed accrescerlo gli oziosi e i pigri impoveriscono. L'eclettismo ritira la filosofia verso il passato; laddove ella dee, fondandosi nelle basi legittime di esso, procedere verso l'avvenire : la imprigiona nel noto; dove che ella ha per ufficio di aspirare, e tendere animosamente all'ignoto. Non so immaginare alcuna dottrina più trista di un sistema, il quale prescrive allo spirito umano di fermarsi, assicurandolo che d'ora innanzi non occorrerà più nulla di nuovo a scoprire, e che tutto il suo lavoro dovrà oggimai consistere nel rinvangare le cose preterite, per passar mattana e non annoiarsi sopra la terra. Questo è uno spegnere, per dir così, l'avvenire, fuori del quale il presente e il passato perdono per gli uomini la metà del loro pregio e il meglio del loro profitto. Il vero antico ed eterno è certo un bene incomparabile; ma siccome gli spiriti finiti nol posseggono a compimento, esso diventa vie più prezioso, a mano a mano che va crescendo agli occhi nostri di estensione e di luce. Il vero antico è perpetuo; ma non sarebbe tale, se fosse cosa morta e non cosa viva, se non andasse esplicandosi successivamente nell'avvenire, come fece nei tempi che passarono. Non so anche, se dar si possa una boria più ridicola, e una pretensione più sperticata, che quella degli eclettici. Ai quali possiamo chiedere, per

[ocr errors]
« PreviousContinue »